Enzo Riboni, Corriere della Sera 30/11/2012, 30 novembre 2012
UN MANAGER PER GUARIRE DALLA CRISI
Da una parte rischiano d’essere visti come avvoltoi che fanno business sulle crisi altrui, sui fallimenti aziendali. Sull’altra faccia della medaglia, però, questi professionisti appaiono con un profilo salvifico. È l’antinomia dei cro, i "chief restructuring officer", che in questi anni di economia sofferente sono sempre più spesso chiamati d’urgenza al capezzale di aziende sull’orlo del default, per diventare poi preziosi alleati che, se possibile, evitano la chiusura definitiva delle imprese e il taglio conseguente di tutti i posti di lavoro.
Che la domanda di cro stia crescendo è dimostrato da alcuni numeri. Nel secondo trimestre del 2012 i concordati preventivi (procedure per cercare l’accordo con i creditori) hanno sensibilmente accelerato. Secondo il Cerved nei soli tre mesi da marzo a giugno le domande sono state 312, il 17% in più rispetto all’uguale periodo del 2011. Le procedure aperte nei primi sei mesi di quest’anno raggiungono così quota 518 (+11,6% sull’anno scorso). «Riteniamo però che la vera onda lunga di fallimenti e ristrutturazioni debba ancora arrivare: nel 2013 crescerà ulteriormente il ricorso alle procedure concorsuali», commenta Mario Masciocchi, presidente di Tma, «Turnaround management association», che raggruppa i professionisti delle ristrutturazioni aziendali.
Ma chi sono e come operano questi manager? Alcuni sono free lance che, dopo lunghe esperienze aziendali, si mettono in proprio. Ma i più presenti e ricercati sul mercato sono i cro che fanno capo a società specializzate, in Italia soprattutto le multinazionali AlixPartners e A&M-Alvarez & Marsal. «Il Cro — spiega il managing director di A&M Alberto Franzone — è un professionista indipendente che supporta la società e i suoi creditori nel corso del processo di ristrutturazione operativa e finanziaria». Il cro entra quindi in azienda (ultimamente spesso chiamato dalle banche creditrici) e assume ad interim la responsabilità del turn around, affiancato da un suo team di «pronto intervento». Può, in alcuni casi, prendere il controllo dell’azienda, diventando amministratore delegato a tempo, fino cioè alla scadenza del mandato. Insomma, una specie di chirurgo-boscaiolo, che usa il bisturi per isolare e recidere le sofferenze finanziarie arrivando ad accordi con i creditori, e che impugna l’accetta per tagliare i rami secchi aziendali. Quindi anche un «tagliatore di teste», un licenziatore che fa il lavoro che i manager interni non se la sentono di fare? «Non è certo l’attività prevalente del cro — precisa Franzone — comunque oggi, in un contesto di crisi economica, sempre più le organizzazioni sindacali riconoscono che è meglio mantenere, supponiamo, il 50 per cento delle persone, piuttosto che chiudere l’attività». Molto ricercati, dunque, ma non tutti hanno le caratteristiche per avvicinarsi all’attività di cro. Ci vuole una elevata «seniority», cioè esperienza consolidata di gestione, oltre a rapidità di esecuzione, resistenza allo stress e capacità di creare consenso tra le parti. «Molto importante — conclude Masciocchi — è poi l’equidistanza dai diversi stakeholder: azionisti, creditori e dipendenti».
Enzo Riboni