Giovanni Bianconi, Corriere della Sera 30/11/2012, 30 novembre 2012
QUEL SEGRETO DI STATO CHE NON PUÒ DIVENTARE UN SIPARIO SULLA VERIT
[IL CASO ABU OMAR]
Il segreto di Stato è materia delicata, da trattare con «rigorosa interpretazione delle norme», poiché «costituisce comunque un vulnus per il corretto dispiegarsi della vita democratica, fondata sulla trasparenza e sulla conoscenza da parte dei cittadini delle decisioni e degli atti di governo». Ecco perché può essere invocato solo «nei casi assolutamente indispensabili», e non può trasformarsi in un «sipario nero» che nasconda comportamenti illegittimi: «Di sicuro la finalità della legge non è quella di garantire l’immunità penale per eventuali atti illegali compiuti dagli agenti dei servizi di sicurezza».
È quel che ha stabilito la corte di Cassazione nella sentenza con cui, nel settembre scorso, ha ordinato un nuovo processo per l’ex capo del Sismi Nicolò Pollari e altri uomini del servizio segreto militare imputati del sequestro dell’imam egiziano Abu Omar, avvenuto a Milano nel febbraio 2003. I giudici di primo grado e d’appello avevano stabilito il non luogo a procedere proprio in virtù del segreto di Stato opposto dal generale, ma la sorte suprema ha bocciato quelle decisioni: troppo vasta e generica la «zona di indecidibilità» che ha impedito l’accertamento delle responsabilità dei singoli imputati. Il segreto, affermano ora i giudici di legittimità, «non può essere apposto sull’operato di singoli funzionari che abbiano agito al di fuori delle proprie funzioni», e siccome non risulta da nessuna parte — anzi, è sempre stato categoricamente smentito — che il rapimento di Abu Omar fu un’azione pianificata dal Sismi, i singoli partecipanti all’operazione non possono essere protetti da procedure che hanno tutt’altre finalità e obiettivi.
La Cassazione ha dunque sollevato il «sipario nero» su una vicenda inquietante e ancora oscura di quasi 10 anni fa, calato anche grazie a «dinamiche anomali» e un «comportamento non facilmente spiegabile» degli agenti segreti e del governo, che invocarono il segreto in maniera tardiva e fra qualche contraddizione. Nel nuovo processo bisognerà decidere caso per caso quali elementi di prova si potranno utilizzare e quali no. Definitive, invece, le condanne degli americani della Cia responsabili della extraordinary rendition, «perfettamente consapevoli della manifesta illegalità in Italia» del sequestro di un sospetto terrorista: «La disobbedienza a un ordine perché manifestamente criminoso era pienamente giustificata; semplicemente, non avrebbero dovuto eseguirlo».