Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2012  novembre 29 Giovedì calendario

MPS CHIEDE A MONTI 500 MILIONI IN PIÙ


Monte Paschi si prepara a chiedere al Tesoro 500 milioni più del previsto, anche per rimediare alle crepe lasciate dai derivati a suo tempo appesi a copertura dei titoli di Stato in cassaforte (solo quelli italiani sono 23,5 miliardi). Così ieri il cda ha deciso di innalzare fino a un massimo di 3,9 miliardi (contro i 3,4 preventivati) il ricorso ai «Monti bond» da emettere entro il 28 dicembre.
Di questi, 1,9 miliardi serviranno per il riscatto e la sostituzione dei «Tremonti bond» concessi dal governo nel 2009. Negativa la reazione di Piazza Affari dove Mps ha chiuso in calo del 2,18% a 20 centesimi per una capitalizzazione complessiva di 2,3 miliardi.
La maggiorazione - scrive la banca annunciando il via libera del cda all’operazione- è legata «ai possibili impatti patrimoniali derivanti dagli esiti dell’analisi in corso di talune operazioni strutturate poste in essere in esercizi precedenti», che penalizzano i profitti. A queste condizioni, tra due anni il Tesoro potrebbe però trovarsi tra le mani il 15-20% del capitale del Monte Paschi: il regolamento prescriveinfatti che i Monti bond riconoscano la cedola ( il tasso previsto è del 10%) in azioni se non sarà possibile farvi fronte con denaro contante. Su tutto pende poi il verdetto della Commissione Ue, dopo che ieri il titolare della Concorrenza Joaquín Almunia si è mostrato attendista: «Non commento, siamo in contatto con le autorità italiane». Bruxelles potrebbe considerare le obbligazioni del Tesoro alla stregua di aiuti di Stato.
La fame di capitale di Rocca Salimbeni, dopo l’acquisto di Antoveneta nel 2007 per 9 miliardi, è senz’altro la più rilevante nel panorama nazionale: sommando tutte le operazioni dal prestito «Fresh» del 2008, al previsto aumento di capitale in agenda entro il 2015, Siena arriverà a raccogliere sul mercato 13 miliardi. La stessa cifra sarebbe oggi teoricamnente sufficiente, complice la peste dei subprime e la guerra del debito che ha messo in ginocchio l’Europa e la nostra industria del credito, per rilevare in un sol colpo Mediobanca (che in Piazza Affari capitalizza 3,6 miliardi), i due maggiori istituti cooperativi del Paese ( Banco Popolare, 2 e Ubi Banca, 2,5 miliardi), Bpm (1,2), Popolare Emilia Romagna (1,4), Carige (1,4) e Credem (1,1).
Ecco perché, mentre il presidente-Alessandro Profumo continua a sondare potenziali investitori pronti a scommettere su Siena dopo che la Fondazione Mps avrà perso anche la minoranza di blocco di cui ancora gode con il 37,5% rimasto,l’ad Fabrizio Viola non perde occasione per sottolineare la necessità di rispettare il percorso di rilancio tracciato nel piano industriale. A partire dal taglio dei costi, compresi quelli del personale: i negoziati con i sindacati proseguono, ma la prossima tappa ufficiale è lunedì all’auditorium di viale Mazzini a Siena, quando l’azienda presenterà ai coordinamenti aziendali e alle segreterie nazionali presenti il ramo d’azienda destinato ad essere esternalizzato. Le parti sociali chiedono garanzie, a partire da un «paracadute» che assicuri agli addetti esternalizzati la riassunzione in Mps, laddove la newco dovesse in futuro decidere di tagliare il personale prima del pensionamento.