Daniele Lepido, Il Sole 24 Ore 29/11/2012, 29 novembre 2012
I PROFITTI VIAGGIANO TRA IRLANDA, BERMUDA E OLANDA
Schivare in maniera più o meno lecita regimi di tassazione non proprio favorevoli è un esercizio che conoscono bene i colossi internazionali della rete. Un tema che agita gli animi anche a livello europeo per quello che sta diventando un vero e proprio braccio di ferro tra gli Usa e Paesi come Francia, Germania e Italia anche sul tema caldo del copyright.
Non è un caso, quindi, che ieri abbia fatto il giro del mondo la notizia che Google Italy, "pizzicata" dall’amministrazione finanziaria, potrebbe non avere dichiarato redditi per 240 milioni di euro e non aver pagato 96 milioni di Iva (fra il 2002 e il 2006). Ma è proprio così? La difficoltà maggiore nell’appurare i fatti, se non la "verità", deriva dal fatto che molte di queste multinazionali peccano di poca trasparenza in relazione ai bilanci "locali".
Un esempio industriale, prima che fiscale. Secondo cifre non confermate dalla società, nel nostro Paese Google sarebbe il terzo, se non addirittura il secondo "raccoglitore" di pubblicità dopo Mediaset (circa 2,3 miliardi di euro) e Rai (900 milioni), essendo arrivata a detenere una quota del mercato della pubblicità online, su un totale di 1,4 miliardi di euro, forse non distante dal 60-70 per cento.
Il meccanismo fiscale utilizzato da Google e da molte altre multinazionali è complesso ma anche legale, fino a prova contraria, anche se sulla questione sono molti gli avvocati che, in punta di diritto (internazionale), si stanno esercitando da entrambe le parti. Ecco però come funziona parte del meccanismo al quale si affida Mountain View per alleggerire il suo carico fiscale.
Il gruppo fondato da Larry Page e Sergei Brin, dopo aver avuto l’autorizzazione del fisco americano, concede in licenza la sua tecnologia a una controllata irlandese, la Google Ireland Holdings, che però ha base fiscale alle Bermuda. A sua volta la "vera" filiale di Dublino, la Google Ireland Ltd, concede la licenza su quella stessa tecnologia a una società olandese che gliela "rigira". Ed è proprio in Irlanda che finiscono tutti i profitti generati fuori dagli Stati Uniti. Alla fine la triangolazione è tra Irlanda-Bermuda-Olanda, tenendo conto che, secondo la legislazione irlandese, sui profitti trasferiti a un altro Paese europeo non si pagano tasse.
Alla fine di questo cervellotico giro su entrate per 12,5 miliardi di euro, Google ha denunciato utili pre-tasse per appena 24 milioni e avrebbe finito con il pagare alle autorità irlandesi - secondo l’Irish Times - 8 milioni di euro, cui si vanno a sommare i 16 milioni di tasse sul reddito e contributi previdenziali per i suoi dipendenti di Dublino.