Ettore Bianchi, ItaliaOggi 28/11/2012, 28 novembre 2012
I PORTOGHESI DISOCCUPATI TROVANO RIFUGIO IN ANGOLA
[Sono oltre 100 mila ad aver cercato fortuna nell’ex colonia] –
L’Angola assomiglia sempre più alla terra promessa dei portoghesi. L’ex colonia di Lisbona, diventata indipendente nel 1975, si è trasformata in una valvola di sfogo per un paese che pare avere ormai poche speranze. La disoccupazione è alle stelle e, per trovare lavoro e una prospettiva per l’avvenire, i giovani e anche i meno giovani si rifugiano nelle ex colonie: oltre all’Angola, il Brasile e il Mozambico.
Ma anche in altri paesi come l’Oman e il Canada. Una difficoltà, peraltro, condivisa con gli stati meridionali dell’Europa (si veda ItaliaOggi del 27 novembre).
Ormai la situazione è tale che in Angola, dove vivono quasi 19 milioni di persone (stima del 2010), circola una battuta di questo tenore: un tempo il Portogallo aveva colonizzato l’Angola, mentre ora l’Angola sta comprando il Portogallo. Investimenti massicci nel paese europeo ormai stremato dalla crisi e, viceversa, sempre più portoghesi che cercano lavoro in terra africana. I servizi di immigrazione calcolano che i portoghesi in Angola siano più di 100 mila rispetto ai 21 mila del 2003. Non sono soltanto i dipendenti a tentare la fortuna ma anche gli imprenditori, che, dopo il fallimento della loro azienda in madrepatria, cercano una seconda opportunità ricominciando da zero.
Ma l’Angola non è esente da problemi, a volte gravi. La capitale Luanda, che ufficialmente conta quasi 2,8 milioni di abitanti, in realtà ne accoglierebbe circa 6 milioni. Il caos regna sovrano: traffico impazzito, degrado urbano, disordine urbanistico, estrema povertà nelle periferie. Luanda è la seconda città più cara del mondo alle spalle di Tokyo. Per un appartamento in affitto a prezzo d’oro bisogna accontentarsi di un palazzo con la facciata fatiscente e di una distribuzione di acqua ed elettricità che lascia parecchio a desiderare.
Se diamanti e petrolio la fanno da padrone a livello economico, le grandi multinazionali portoghesi delle costruzioni sono presenti in Angola: da Teixeira Duarte a Mota-Engil. La lingua comune facilita le cose, ma a volte gli stranieri sono visti male perché i loro stipendi sono inferiori rispetto al personale locale. Così possono nascere guerre tra poveri. Ci sono anche gli operai cinesi, affluiti in massa una decina d’anni fa per ricostruire il paese dopo lunghi anni di guerra civile. Ma, soprattutto, non è stata debellata la paga della corruzione: ottenere un visto di lavoro è sempre più difficile. E allora, per sbloccare la pratica, ci vuole la bustarella. Come dice in poche e argute parole un abitante della capitale, a Luanda si guadagna il triplo, ma si invecchia tre volte prima.