Gianni Riotta, La Stampa 29/11/2012, 29 novembre 2012
PER LE STRADE DELLA NEW YORK FERITA DA SANDY
Snug Harbor, con le sue ville bianche in stile italiano e i grandi prati verdi, è la prima vista che vi si apre agli occhi sbarcando a Staten Island con il ferry, da New York.
La gita a Snug Harbor è meravigliosa, gli studenti d’estate passano ore sul ferry, avanti e indietro in minicrociera, tanto non si paga biglietto. A Snug LHarbor comandava Melville, non Herman, l’ex baleniere autore di Moby Dick, suo fratello minore, Thomas, che qui organizzò la prima casa di ritiro per marinai in pensione dal 1867 al 1884. Stanchi di arpionare cetacei nel Pacifico, passavano le giornate qui, sputando tabacco e guardando, finalmente dalla terraferma, il mare.
Dal 22 al 31 ottobre 2012 l’oceano ha deciso di cancellare l’illusione dei vecchi marinai che il suo regno non comprenda Snug Harbor e la pacifica Staten Island, dove l’italiano Meucci provò invano a brevettare il telefono, sbarcando il lunario nella sua fabbrica di candele, con l’amico Garibaldi. L’uragano di Categoria I detto Sandy, con punte di vento a 175 chilometri l’ora, si lascia dietro 253 morti, 70 miliardi di dollari di danni, 6 milioni di case e aziende senza luce, devastando New York. Staten Island è andata sotto, come una baleniera. Percorrendo piano in auto le sue strade silenziose, oltre il Museo Buddista nascosto nel bosco, si intravede la discarica di Fresh Kills che undici anni fa fece da setaccio alle rovine delle Due Torri, ogni secchiata di polvere rivista in cerca di resti umani, documenti, prove. È come la pista di un aeroporto, dove camion in fila scaricano i detriti recuperati dalla costa, ne andranno ripuliti 12 milioni di metri cubi, le gru li smistano, si seleziona quel che si può recuperare, si ricicla il resto. Comanda il Genio Militare, Yessir Nossir le due parole più urlate.
Le code per trovare benzina son finite, il razionamento deciso dal sindaco Bloomberg pure. Ma vedere uno yacht intero, con i salvagenti sul parapetto e il frigo bar intatto, che la marea di Sandy ha sollevato e trasportato all’interno dell’isola come un giocattolo nella vasca da bagno di un bambino, sgomenta. Un ragazzo del Genio ride per disperazione: «Non mi chieda come sposteremo quella roba lì perché se no chiamo Harry Potter».
I bambini morti di indifferenza
Sul palo della luce un volantino stracciato ricorda Brandon Moore, due anni, e suo fratello Corey, quattro anni. Sandy li ha strappati dalle braccia di mamma Glenda, 39 anni, lei ha guadato la strada, che oggi è sporca e piena di rottami, bussando alle porte, disperata, in cerca di aiuto. Nessuno le ha aperto, qualcuno le ha urlato «Ma chi ti conosce a te?», mentre Brandon e Corey annegavano, la polizia li ha trovati quando le acque sono rifluite, infangati e gonfi come i rami alla discarica di Fresh Kills. Inutile ribussare a quelle porte, per vedere che faccia abbia l’ignavia: hanno imparato a non aprire ai reporter.
«La verità è che Sandy ha messo New York allo specchio - dice un ufficiale del Genio che mi offre un caffè dal termos gigante -. Qui a Staten Island odiavano la maratona, a Manhattan dicevano: facciamola per orgoglio. Bloomberg prima ha detto sì, poi no. I politici litigano come pazzi, il governatore Cuomo, gli assessori, quelli del municipio. È dovuto venire giù il presidente Obama e prenderli per le orecchie dicendo: basta fare i bambini, al lavoro. Eppure New York con lo schifo tira fuori il meglio, i volontari, le sottoscrizioni».
I detenuti si mobilitano
È vero. Buona, Brutta o Cattiva che sia New York, è tutta dentro la ricostruzione, adesso. Al carcere di Rikers Island gli undicimila detenuti hanno chiesto di dare una mano, hanno lavato tre tonnellate di panni a chi è senza energia elettrica, distribuito cibo, medicine, coperte, perfino i loro vestiti ai senzatetto. Il carcere, temuta icona della città, diventa centro di soccorso, sosta per tanti, in una città vuota.
Guidando sulla costa, dall’aeroporto Kennedy al La Guardia a Long Island giù verso Rockaway e Breeze Point, lungo la costa che il Grande Gatsby definiva «il braccio di mare più domestico al mondo», le due New York vi appaiono ad ogni curva, ogni isolato, senza sosta. L’ondata Sandy ha sconvolto la geografia, creato trincee di alghe e detriti, scoperchiando le dune di sabbia delle spiagge più amate, la bohème di Fire Island, la familiare Jones Beach.
Geografia sconvolta
Le famiglie piangono il «boardwalk», la passeggiata di legno che segue la riva da Coney Island, «spiaggia della mente» del poeta beat Ferlinghetti, a «Little Odessa», dove mangiate il caviale più buono del mondo al prezzo più popolare del mondo. Per lunghi tratti è divelto, accumulato come i bastoncini di un gioco di Shanghai per giganti, impossibile da smaltire, impossibile da lasciare dove l’acqua l’ha lanciato.
Le spiagge non esistono più, le case di legno che han tenuto sono davanti alla scelta di politici e proprietari: restare o demolire? L’idea cara ai newyorkesi di vivere sul mare (dei cinque distretti di New York solo il Bronx è terraferma, Manhattan, Staten Island, Brooklyn e Queens su isole) sbatte contro l’effetto serra, come alle Maldive. Andrà sott’acqua la Statua della Libertà? si chiede il «Times». Forse no, ma i campi di calcio della Lega giovanile sul fiume Hudson e a Randall Island, i bungalow a City Island, il pittoresco porto a Nord di Manhattan, sono a rischio. Dopo Irene 2011 e Sandy 2012 New York sa di vivere in una clima tropicale.
Un generatore per sopravvivere
Comprerò un generatore per casa, ho comprato cibo in scatola, pile, torce elettriche e per $79,99 comprerò la radio che si attiva con una manovella e ha le prese per ricaricare telefonini e computer, se un futuro uragano isolerà il West Side cantato da Bernstein. New York è colpita, gioca a fare la dura. Sul trenino che mi riporta indietro annoto le storie fantastiche, le volontarie snob di Park Avenue prese a parolacce a Rockaway perché predicano l’allattamento al seno a mamme povere che devono mettere insieme pranzo e cena. I volontari che scoprono nuovi cadaveri, uno semisepolto nella sabbia a Rockaway Beach, l’altro incastrato fra i tronchi divelti a Forest Park, Queens.
Si pensa a nuove vittime, si chiama il coroner, poi la polizia, ma gli agenti della Scientifica spiegano che sono stati assassinati dopo l’uragano e lasciati dai killer perché il riflusso li confondesse con gli annegati. La Madonnina di Breezy Point, all’angolo tra Oceanside e Gotham, dove sorgeva la casa dei signori McNulty. L’isolato non c’è più, acqua, vento e il fuoco di un incendio lo hanno raso al suolo. La Madonna, piccola, bianca, sporca di fumo, ha resistito alla furia e ora la pregano newyorkesi di tutte le fedi, o di nessuna.