Giovanni Bignami, La Stampa 29/11/2012, 29 novembre 2012
LA SCOPERTA
[Vita su Marte L’entusiasmo sfida le prove] –
Curiosity ha fatto l’uovo? Ne ha trovato uno su Marte? Per ora sembra di no: si parla, con giusta cautela, di «molecole organiche, non biologiche». In soldoni, la stessa differenza che passa tra il metano e l’emoglobina.
Ne sapremo di più tra poco, quando la Nasa farà il suo annuncio ufficiale negli Usa (sarebbe stato ben strano che un politico attento come Charles Elachi, direttore del prestigioso Jpl californiano, fosse venuto in Italia ad annunciare la scoperta della vita su Marte). No, per ora non è la vita su Marte. Vedremo settimana prossima, e speriamo che sia la volta buona. Di molecole organiche, anche molto più complesse del metano, è pieno l’ambiente interplanetario. Sono molecole che dallo spazio ci cadono sulla testa a bordo di polveri cosmiche, di comete e di meteoriti, tutti oggetti che, globalmente arrivano sulla Terra all’impressionante ritmo di 40 mila tonnellate l’anno. Riceviamo regolarmente, per esempio, quella ventina di aminoacidi dei quali siamo fatti noi, ovvero i mattoni della vita. Che ci siano molecole organiche su Marte, quindi, proprio non è una grossa scoperta: i meteoriti cadono anche su Marte. Ricordiamo che qualche anno fa un gruppo di scienziati italiani, guidati da Vittorio Formisano, scoprì tracce di metano nell’atmosfera marziana: poteva essere lo sbuffo di un vulcano ma anche, magari, una colonia di batteri. Neanche allora, e la tentazione fu grossa, annunciammo la scoperta (anche se indiretta) di vita su Marte. La Nasa, diciamolo tra noi, è più incline a cadere in simili tentazioni. Spettacolare, anche se già un po’ dimenticata, quella del «verme» sul sasso marziano del 1996. Si trattava di un meteorite partito da Marte in seguito ad un impatto sul Pianeta rosso, arrivato sulla Terra (da solo, senza l’aiuto della Nasa) e infine ritrovato in Antartide. Guardandolo con un potente microscopio, scienziati della Nasa ci videro una «cosina» di millesimi di millimetro, che sembrava proprio un piccolo verme. Lo pubblicarono su «Science», la più prestigiosa rivista scientifica americana, con «impact factor» stellare. Grande annuncio con fanfare del presidente Clinton, che disse: «Oggi questa roccia ci parla da milioni di miglia, e ci parla della possibilità di vita». Poetico, ma falso: la roccia stava zitta e il «verme» era una concrezione minerale. Ma ci volle un po’ a capirlo. Nel frattempo, la Nasa aveva avuto un grosso aumento: certo per un caso, l’annuncio era stato fatto al momento della presentazione del budget davanti al Congresso. Esattamente due anni fa, il 29 novembre 2010, altro annuncio spettacolare di astrobiologi della Nasa: scoperta, addirittura sulla Terra, la vita aliena, la vita 2.0! Alcuni batteri, raccolti in un lago della California con acque ricchissime di arsenico, sembravano aver sostituito, nella loro chimica, il fosforo con l’arsenico. Davvero alieni: come insegna Madame Bovary, per la normale vita 1.0 (cioè per tutti noi e per tutto ciò che di vivo si conosce sulla Terra) l’arsenico è un potente veleno. Anche qui, fanfara e pubblicazione, sempre su «Science». Poco dopo, con molta onestà, la smentita: sì, l’arsenico in giro c’è, ma i batteri non lo mangiano, se ne guardano bene: è come se nuotassero con la bocca chiusa. Non si hanno, in questo caso, dati sulle variazioni del budget Nasa. Ma Curiosity è una macchina fantastica e potrebbe aver fatto l’uovo davvero, stavolta. Noi tifiamo per la Nasa, ma un po’ ci verrebbe da gufare. Perché ci aspettiamo la grande scoperta (della vita su Marte, voglio dire) dalla missione europea Exomars, appena confermata dalla Agenzia spaziale europea, ora in costruzione a Torino. Nel 2016-2018 atterrerà su Marte (magari vicino a Curiosity), sarà capace di scavare fino a due metri di profondità, e lì, al calduccio, cercare la vita. Che strano: se la trovasse, come in fondo tutti ci aspettiamo, ci sembrerebbe normale, ma allo stesso tempo sarebbe la più grande scoperta del millennio, se non della storia dell’uomo.