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 2012  novembre 29 Giovedì calendario

IL SEGRETARIO SBAGLIA. E IL SINDACO: POCA CIPRIA —

Backstage.
Il camerino di Matteo Renzi è laggiù in fondo, dietro l’angolo. La porta azzurra si apre cigolando. Lui è seduto, e osserva nello specchio la truccatrice che vorrebbe mettergli un po’ di cipria sugli zigomi.
«Pochina, grazie».
«Guardi, che poi luccica...».
«Pochina, ho detto».
Non è teso, è concentrato. Si aggiusta il nodo della cravatta, controlla che l’iPhone abbia campo. Si volta e trova lo sguardo rassicurante di Giuliano Da Empoli, ex assessore alla Cultura di Firenze, consigliere e amico. «Matteo, tranquillo... andrà benissimo». Matteo sospira: «Bastasse un confronto televisivo...».
Il camerino di Pier Luigi Bersani è su, al primo piano. Distanti per pura coincidenza. Poco fa, appena giunti qui, negli studi Rai della Dear, in via Nomentana, i finalisti delle primarie del Pd sono stati fatti accomodare nella cosiddetta saletta vip. Un trappolone. Si sono stretti la mano con malcelata freddezza. «Ciao, Pier Luigi» (Renzi stava sorseggiando un caffè). «Ciao, Matteo». Fine. Poi altri trenta secondi. E Bersani è uscito (dicono piuttosto seccato per quest’incontro che, effettivamente, a pochi minuti da un confronto televisivo tanto delicato, poteva essere evitato).
Adesso Bersani scherza con la truccatrice.
«Signor segretario, sarà bellissimo...»
«Beh, bellissimo poi...».
«No no... sarà strepitoso! In bocca al lupo!» (le maestranze, a giudicare anche da certe pacche sulle spalle, sembrano dichiaratamente avere una simpatia per il segretario; i dirigenti Rai che invece ronzano ossequiosi hanno semplicemente letto i sondaggi delle prossime elezioni politiche).
Il portavoce Stefano Di Traglia tiene in mano un blocco di appunti. «È una scaletta di possibili argomenti, sono due giorni che ci stiamo lavorando. Però un’ora e 45 minuti è un tempo lunghissimo. Impossibile prevedere cosa può succedere, troppe le incognite».
Di Traglia esce, sudando, dal camerino, e dice qualcosa all’orecchio di Roberto Seghetti, il capo ufficio stampa del partito. Miguel Gotor, storico e non solo, annuisce serio, guarda l’orologio, sbuffa. Bersani si alza di scatto: «Forza, andiamo!». Escono in fila indiana e si nota l’assenza di quelle che i renziani chiamano, con perfida ironia, le «amazzoni» del segretario. Assenti Paola Silvestri, Chiara Muzzi e Chiara Geloni (la Geloni, probabilmente, è rimasta a guardia di Twitter e Facebook, pronta a randellare chiunque sbagli aggettivo nei commenti; la Muzzi e la Silvestri hanno però scelto la cravatta che indossa il segretario: rossa a pois bianchi, ma forse hanno sbagliato la tonalità del blu dell’abito, che per un bizzarro effetto cromatico risulterà sembrare un triste marrone-dirigente del Pci anni Cinquanta).
Inutile chiedere quali siano stati i consigli suggeriti dai rispettivi spin-doctor televisivi: Giorgio Gori per Renzi, Simona Ercolani per Bersani. I consigli che è possibile ascoltare sono quelli che arrivano dai tifosi. Quaranta per ciascun candidato. Tutti scelti nei rispettivi comitati elettorali e che siedono composti nello studio numero 4 (quello di Domenica In). Una platea molto giovane. E molto diversa. Francesca e Alessandro, bersaniani: «È arrivato il momento di rispondere per le rime a questo sindaco arrogante...». Carolina, renziana, scesa appositamente da Firenze (borsa con su la scritta «rottamare»): «Adoro Matteo, pensi che io prima di scoprirlo votavo per An». Annuisce Bettina (lei con Rolex da collezione al polso): «Io invece votavo per Berlusconi, e stasera spero che Matteo sfoggi la stessa simpatia».
Assistente di studio: «Mancano dieci secondi. Nove, otto...».
La Maggioni tranquilla.
Renzi deglutisce.
Bersani si morde il labbro superiore.
«In ondaaa!».
Fabrizio Roncone