Giuliano Foschini, la Repubblica 29/11/2012, 29 novembre 2012
QUANDO I RIVA ERANO GENEROSI
Forse è il caso di partire da qui: il Cataldus d’Argento, riconoscimento annuale per il volontariato, il premio che appena un anno fa la curia di Taranto ha assegnato a Girolamo Archinà.
Archinà è quel signore che ieri sera è stato per più di sette ore a parlare nel carcere di Taranto con i giudici che lo hanno arrestato. Oggi per tutti è un appestato, ma un anno fa per il vescovo di Taranto era l’uomo che si era maggiormente distinto per il volontariato in città: «Vogliamo ringraziare Dio per questo dono della Sua Provvidenza: il presidente Riva mi ha espresso le motivazioni che hanno indotto il suo gruppo a tale atto di generosa attenzione.... « scriveva monsignor Benigno Papa dopo aver ricevuto un assegno da 365 mila euro per la ristrutturazione di una chiesa. E quando gli ambientalisti provarono a protestare, rispose sdegnato: «Quello che non dovrebbe accadere è cavalcare la giusta tematica della salvaguardia dell’ambiente per motivazioni strumentali. Caso contrario dovrei pensare che ci sia un inquinamento spirituale che è peggiore dell’inquinamento ambientale ».
La vicenda è emblematica per provare a rispondere alla domanda più frequente che viene posta quando si parla di Ilva: «Ma com’è stato possibile tutto questo? Perché nessuno li ha fermati? ». L’inchiesta della magistratura sta contribuendo a rispondere al quesito, evidenziando quello che era da anni davanti agli occhi di tutti: Riva era un uomo molto generoso. E questo gli valeva in tutti gli ambienti grandissima riconoscenza. La Chiesa lo ringraziava con targhe celebrative quando contribuiva a restaurare immobili o a finanziare le feste religiose. La politica per lo meno le temeva: le intercettazioni telefoniche raccontano che aveva interlocutori in parlamento di tutti gli schieramenti, Berlusconi lo definì un «capitano coraggioso » quando salvò Alitalia dal fallimento. I libri contabili raccontano che finanziava (in occasioni delle politiche del 2006) con 245mila euro Forza Italia e 98mila Pier Luigi Bersani. A Taranto staccavano assegni per la facoltà di Ingegneria, diretta da quel Lorenzo Liberti (oggi arrestato) che poi per conto della Procura era chiamato a scrivere perizie per lo stabilimento. E sempre l’Ilva figura tra i clienti della società di consulenza che sempre Liberti aveva avviato.
Ma all’epoca non si sapeva che Riva non fosse proprio una personcina per bene, dirà qualcuno. In realtà qualche sospetto si poteva avere: il 15 ottobre del 2006 il patron Emilio era stato condannato in Cassazione per le emissioni della fabbrica e negli anni successivi erano fioccate condanne simili nei primi gradi di giudizio. Questo però non bastava a fare per lo meno insospettire gli enti locali. Anzi: alla vigilia di una sentenza di Cassazione sui parchi minerali (oggetto principale anche di questa inchiesta) Comune, Provincia e Regione rinunciarono a chiedere il risarcimento all’azienda siglando invece un altro accordo che — dicono i giudici — ha portato poi a nulla. Appena eletto per il primo mandato, sei anni fa, l’attuale sindaco Ippazio Stefano (a capo di una coalizione di centrosinistra) pensò bene di ringraziare sentitamente l’Ilva per quello che aveva fatto per la città «senza chiedere nulla in cambio». Cosa? Il sistema idrico per il cimitero, costo 150mila euro, «che in questo modo permette a tutti i cittadini di poter riempire facilmente i portafiori d’acqua ». La ristrutturazione del cimitero dei Riva è quasi più paradossale del campo di calcetto aperto dall’azienda al Tamburi, per fare giocare i bambini, che però non si è potuto mai usare perché era inquinato. Nel frattempo i sindacati scioperavano, e fuori dai cancelli arrivava il pasto al sacco fornito dall’azienda. Mentre i professionisti della città si vedevano finanziare convegni e meeting (per esempio le associazioni come i Lions) da assegni a quattro zero dei Riva.
È evidente, quindi, che il problema inquinamento non fosse poi così sentito. Oppure forse doveva avere ragione l’Ilva: l’inquinamento non era colpa del siderurgico. E di chi allora? Delle discariche abusive. Lo dice l’azienda in una difesa al Tar depositata il 18 dicembre del 2008: «La situazione ambientale — si legge — presenta elementi di criticità riconducibili a un pregresso e generali: tolleranza di discariche abusive, scarichi nei corsi d’acqua, mancanza di un moderno sistema fognario, dall’assenza di impianti per lo smaltimento dei rifiuti e la depurazioni dei reflui». Discariche, fogne e depuratori. Altro che fumi.