Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2012  novembre 28 Mercoledì calendario

ARRIVA IL TATO

[Da quest’anno il programma S.O.S. Tata ha un educatore maschio, Martino Campagnoli. Perchè è il momento che gli uomini si mettano in gioco. In televisione come in famiglia] –
Quando ha suonato alla porta e un vocione dall’altra parte ha chiesto chi è, e lui ha detto «Martino», e il vocione ha tuonato «Martino chi?», Martino Campagnoli di Pesaro, 33 anni di gentilezza, ha pensato: «Oddio», e quando la porta si è aperta ed è comparso un papà di quasi due metri con due mani adeguate, beh, in quel momento qualche certezza ha vacillato. Questo l’esordio di Campagnoli nell’ottava stagione di S.O.S. Tata, il docu-reality prodotto da Magnolia e in onda su FoxLife (canale 114 di Sky) dal 30 novembre il venerdì alle 9 di sera.
È un tato, il primo: laureato in antropologia, educatore, animatore, coi bambini fin dai tempi degli scout, poi impegnato in progetti via via più complessi con scuole e istituzioni, in questa stagione affiancherà tata Lucia e tata Adriana. Perché lui? Perché c’è bisogno che gli uomini si riapproprino del loro ruolo educativo in famiglia, dicono alla rete («S.O.S. Tata vuole dare una quota blu nel 
casting»). Come la prenderanno gli spettatori non sappiamo, come l’hanno presa i protagonisti sì: bene, anzi benissimo la prima famiglia dove è intervenuto (d’altra parte quando si chiede aiuto così platealmente la disposizione d’animo c’è): per Campagnoli, che ha una bimba di 20 mesi chiamata Tea, è stato un bel debutto. Per girare una puntata, con la troupe si passa una settimana in famiglia, anche 15 ore al giorno, «e se c’è da mettere a letto i bambini, tre come in questo caso e abituati a dormire nel lettone, la faccenda è impegnativa: stacchi la sera tardi e la mattina dopo presto sei a fare colazione con loro. Bellissimo, però: una famiglia molto piacevole, buoni genitori e figli ottimi».
Il problema allora dov’è? «Nella difficoltà del vivere, come per tanti: si lavora molto e purtroppo oggi come non mai si vive preoccupati per il futuro, nell’incertezza. Si torna a casa esausti e invece di staccare, riconoscersi come coppia e come genitori, si va in automatico, tra cattive abitudini e disattenzioni. I bambini lo sentono, che non c’è tanto spazio per loro – spazio di gioco, spazio di attenzione – e partono i capricci. Che spesso sono messaggi nella bottiglia. Leggerli insieme è il mio compito, così come rimettere un po’ le cose a posto nella pratica, riorganizzare i tempi e gli spazi di ciascuno. In questo caso i genitori si sono messi in gioco entrambi: d’altra parte lavorano tutti e due, è necessario che anche i padri rivedano il loro ruolo».
Che sia così, non ha dubbi Rosanna Schiralli, psicoterapeuta, autrice insieme al marito Ulisse Mariani di saggi e manuali di psicologia, nonché animatrice in tutta Italia di affollati incontri con genitori sui temi educativi. «È indispensabile che si restituisca al padre – colui che da sempre incarna la normativa – il suo ruolo, oggi squalificato. I padri sono spessissimo forclusi, termine specifico che significa estromessi: buttati fuori dalle madri, resi periferici. Spesso complici, di questa estromissione: perché è sicuramente vero che noi donne siamo tremende, accentratrici, decidiamo tutto, non ci fidiamo. Come reagiscono gli uomini? Moltissimi si defilano, non si fanno valere e si arrendono. Pensano che sia giusto così o che sono cose di donne. Tempo fa un padre mi ha detto che quando la bambina di 5 o 6 mesi sta male, la madre chiama la suocera e loro due dormono con la piccola. Lui, zitto, va a dormire altrove… Ma sa quante volte, iniziando un incontro con grupponi di genitori domando ai padri: “Quanti di voi dormono nelle cucce?”. Crede che ci sia bisogno di spiegare? E sa quante mani si alzano di padri che da anni dormono da soli, sul divano o in cameretta? Almeno il 70 per cento. Le scuse sono varie, la più gettonata è “Mi devo alzare presto, disturbo”».
Mamme da arginare, dunque. «Sarebbe bene che il papà facesse il capofamiglia: l’uomo, il compagno, il guardiano del nido. E non fraintendiamo: la parità dei diritti, sacrosanta, non significa uguaglianza dei ruoli», spiega Schiralli. Questo non ha a che fare col cambiare i neonati: «È qualcosa di molto diverso, è essere sulla scena subito per stemperare le ansie della mamma e farla sentire in coppia. E poi basta questo mito del pannolino! Che i padri propongano – e le madri accettino – di andare loro dal pediatra e poi a parlare con gli insegnanti. Insomma: che aiutino davvero i figli a staccarsi dalle madri. Senza farsi sbattere fuori».