Enrica Brocardo, Vanity Fair 28/11/2012, 28 novembre 2012
CONTI RACCONTI E SCONTI [I
CONTI RACCONTI E SCONTI [I n questa dimora dell’800, dove vive la contessa di Carnarvon, sono state aerate le tre serie di DOWNTON ABBEY; il telefilm che ha conquistato premi e spettatori. Ma che ha anche permesso ai proprietari di trovare i soldi per restaurarne l’interno e il parco. Anche se, ragionando dal punto di vista economico, la padrona di casa assicura che Kubrick funziona molto meglio] –
Lady Fiona, ottava contessa di Carnarvon, mi saluta con la mano mentre rientra a cavallo, seguita dai suoi cani. La vedo passare dalla finestra di un salottino del castello: un divano e una poltrona a fiori, quadri di antenati alle pareti e un carboncino che la ritrae. I pochi mobili sono ricoperti di foto: immagini di famiglia in bianco e nero molto posate, altre più spontanee a colori, mentre una vetrinetta protegge tazzine di ceramica evidentemente preziose.
Età non dichiarata («A chi importa?»), una carriera alle spalle da revisore dei conti per la Coopers & Lybrand, e come stilista di una propria linea di abiti e scarpe, nel 1999 Fiona Aitken ha sposato George Herbert, è diventata contessa ed è andata a vivere nel castello di Highclere, nell’Hampshire. Circondato da prati di un verde perfetto, in una campagna mossa da collinette su cui pascolano migliaia di candide pecore, e fagiani che sgambettano fuori dai cespugli come galline.
È questo il castello della prima metà dell’Ottocento che milioni di spettatori hanno visto nella serie Tv Downton Abbey, e che nella finzione è la dimora del conte Grantham e dell’ereditiera americana Cora, che dopo aver investito l’intera dote nella proprietà di famiglia rischia di perdere tutto, visto che a nessuna delle figlie è consentito ereditare.
Lady Fiona mi raggiunge all’interno con ancora i pantaloni da cavallerizza, gli stivali, e una giacca Barbour verde, nobilmente consunta come quella della regina Elisabetta.
La seconda stagione della serie parte da noi il 2 dicembre su Rete 4, mentre in Gran Bretagna è già andata in onda la terza. «Ha fatto ancora meglio della precedente», dice la contessa, «tanto da superare gli ascolti di X Factor e di altri show popolari». E tanto da convincere Lady Fiona a scrivere un libro per raccontare la vera storia di Highclere e della famiglia Carnarvon, o almeno un pezzo: quello che comincia nel 1895 con il matrimonio e l’arrivo al castello della quinta contessa, Lady Almina, e della sua immensa ricchezza (il suo patrigno e presunto padre era Alfred de Rothschild), con cui furono pagati i molti debiti del conte, finanziate feste sontuose e trasformata una parte della dimora in ospedale di lusso per i feriti della
prima guerra mondiale. Finché, nel 1922, il marito morì, a soli pochi mesi dall’evento che lo aveva reso celebre in tutto il mondo: la scoperta della tomba di Tutankhamon. Il conte era un appassionato archeologo, e al castello tuttora viene custodita una collezione di reperti da lui rinvenuti negli scavi o acquistati.
Lady Fiona sta per partire con il marito per Il Cairo, dove si celebra il novantesimo anniversario della scoperta della tomba. «Fu il primo evento mediatico globale. E giusto novant’anni dopo, Highclere è di nuovo sui giornali di tutto il mondo per via di Downton Abbey». Ha però programmato di tornare in tempo per preparare gli addobbi dell’evento natalizio che si terrà nei primi giorni di dicembre (i biglietti in vendita sul sito ufficiale di Highclere sono esauriti da tempo). Tra gli effetti collaterali del successo di Downton Abbey, c’è un notevole incremento di visite guidate al castello. Più le cene e i matrimoni che, per quanto lussuosi, difficilmente potranno eguagliare quello che si celebrò a Highclere nel 2005, quando l’ex modella inglese Katie Price si presentò in una carrozza a forma di zucca.
Tutti modi per racimolare denaro. «Mantenere un castello costa», ammette Lady Fiona. Cent’anni fa essere un attore era considerato disdicevole (in uno dei primi episodi, il passato da artista di palcoscenico metteva in serio imbarazzo il maggiordomo Carson), mentre oggi il conte e la contessa sono ben contenti di ospitare il set televisivo. Perché se molte cose sono cambiate negli ultimi cent’anni, ce n’è una che è rimasta uguale: alla fine, il problema sono i soldi.
Com’è che Highclere è diventata Downton Abbey?
«La moglie di Julian Fellowes (il creatore della serie, ndr) mi chiamò al telefono. “Ci sono grosse novità”, mi disse. Lei e suo marito frequentavano casa nostra da tempo e Fellowes ha detto di aver costruito la sceneggiatura pensando a Highclere: credo che sia più facile scrivere la storia di una casa e di una famiglia se conosci a perfezione l’ambiente».
Se siete amici, avrà avuto modo di parlargli delle storie di famiglia.
«Non escludo che alcuni personaggi siano nati da chiacchiere fatte intorno al tavolo».
Lei è una delle poche persone che può riconoscere la fiction dalla realtà.
«È vero. Quello che fu l’ospedale voluto da Almina nella serie è diventato una casa di convalescenza. Credo che funzioni meglio: in Tv non vuoi vedere troppo sangue. Ma Downton Abbey e i suoi personaggi appartengono a Fellowes, e io sto attenta a non pestargli i piedi».
A Highclere fu girata anche la scena dell’orgia di Eyes Wide Shut di Kubrick.
«Nella biblioteca. So che il film parlava della rottura di un matrimonio, lei era Nicole Kidman, lui Tom Cruise, ma non l’ho mai visto».
Mi prende in giro?
«Mio suocero ci andò, disse che non era un granché, così noi lasciammo perdere. Il bello delle produzioni hollywoodiane è che hanno grossi budget. Kubrick, inoltre, sforò i tempi di lavorazione di due settimane. Fu fantastico: guadagnammo molti più soldi del previsto».
E le riprese di Downton Abbey?
«Ogni pomeriggio tutto il cast e la troupe interrompono le riprese per il tè. Hanno queste orribili tazze di polistirolo che non sopporto, ma ho risolto il problema: porto la mia, di porcellana, che è molto meglio. Anche i cani adorano il set: in giro ci sono un sacco di sandwich».
La contessa mi spiega che al castello sono appena nati 10 cuccioli di Labrador. Che, in tutto, fa 15 cani. Poi, mi spiega che spetta a uno dei dipendenti dare una mano con questi animali. «Mentre un altro si occupa da cinquant’anni di tinteggiare e ridecorare le stanze. E non ha ancora finito», ride. Delle storie di Downton Abbey è protagonista la «servitù», che allora lavorava ai piani inferiori: un piccolo esercito di maggiordomi, cameriere, valletti.
«Ho ascoltato le storie di alcuni di loro», prosegue Lady Fiona. «Oggi hanno 70-80 anni e da quello che mi hanno raccontato credo che la gente qui fosse felice».
È vero che ha deciso di scrivere il libro soprattutto per i soldi, e che lo ha finito in tempo per uscire in contemporanea con la nuova serie, così da vendere più copie?
«Ho pensato che fosse un’incredibile opportunità. Ma i soldi non sono la sola ragione. Provo un grande affetto per questa casa, per Almina, per la sua scelta di trasformare il castello in un ospedale. Quello per me è il cuore del libro. Lo avrei intitolato Il reparto di Almina, ma l’editore voleva sfruttare il più possibile il collegamento con Downton Abbey».
Non le sarà dispiaciuto.
«Dobbiamo guadagnare per mantenere in ordine la proprietà. Non voglio che Highclere diventi un museo e non potrebbe essere trasformato in un hotel, se non altro perché non è possibile creare abbastanza uscite antincendio. Highclere è una casa, che spero passerà alle generazioni future, ma deve essere anche un’azienda. E la mia esperienza da contabile si sta rivelando utile».
La sua storia di Almina termina nel 1922. Ma, in realtà, la contessa morì nel 1969.
«Sto lavorando al seguito, che si estenderà fino al 1945. Lei, però, non sarà più il personaggio principale. Quello che mi interessa è raccontare la storia delle persone che sono vissute qui. Dopo la morte del marito, Almina andò via, si risposò (con il tenente colonnello Ian Onslow Dennistou, ndr), si specializzò in ortopedia e fondò un nuovo ospedale».
Ho letto che sta cercando di costruire nuove case sulla sua proprietà, ma che un divieto finora ve lo ha impedito.
«Sono vecchi edifici che vorremmo ricostruire per rivalutare i terreni. A impedirlo è un bando che risale al 1485. Sfortunatamente abbiamo un vicino che sui nostri progetti inventa storie senza fondamento».
Sta parlando del compositore Andrew Lloyd Webber?
«Sostiene che abbiamo intenzione di edificare un sacco di case, ma sono al massimo una ventina. Mentre lui sta lavorando a un progetto per 1.400 abitazioni».
È vero che Lloyd Webber ha cercato di comprare Highclere?
«Una dichiarazione decisamente poco gentile. Una cosa ridicola».
Che cosa farebbe se potesse disporre di tutto il denaro che aveva Almina?
«Ci sono tende e divani da comprare, dorature da rifare, riparazioni di ogni tipo. È così facile spendere».
È vero che non sa esattamente quante camere ci sono nel castello?
«Qualcosa tra le 50 e le 80. Non è così facile stabilirlo, ci vuole tempo. Ogni volta che penso: “Mi ci metto”, ecco che c’è qualcos’altro di più urgente da fare».