Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2012  novembre 29 Giovedì calendario

“I confetti occupano un segmento di mercato super limitato, quindi mi sono inventata delle belle partnership per arrivare là dove caramelle e tronchetti non potrebbero mai” LICIA GRANELLO Il destino in una scatola

“I confetti occupano un segmento di mercato super limitato, quindi mi sono inventata delle belle partnership per arrivare là dove caramelle e tronchetti non potrebbero mai” LICIA GRANELLO Il destino in una scatola. Quella che Giuseppe Amarelli, “il barone dolce” mostrò un giorno alla giovane nuora, chiedendole se poteva aiutarlo a trovarne altre così - piccoli scrigni di latta datati fine ‘800 – per restituire charme all’azienda di famiglia. A metà degli anni ’70, non è il fatturato a pesare sui destini della “Premiata Liquirizia Amarelli”, fondata nel 1731 a Rossano Calabro, ma la mancanza di futuro: un figlio morto giovane, l’altro - Franco, il giovane barone sposo di Pina, ex compagna di studi di Giurisprudenza – rapito dalla carriera universitaria. «Fu un sì dettato dalla cortesia, perché mio suocero era un uomo perbene e gentile. Io avevo due bimbi piccoli, lavoravo nello studio di mio padre. Mai avrei immaginato di lasciare il mondo dell’avvocatura per la liquirizia». Quarant’anni dopo, il Cavaliere del Lavoro Giuseppina Mangano in Amarelli è una delle più importanti imprenditrici italiane. Così brava e stimata che se la contendono enti privati e istituzioni, dalla Banca popolare dell’Emilia Romagna (membro del consiglio d’amministrazione) a Les Hénokiens, club mondiale riservato alle trentotto grandi dinastie industriali con almeno duecento anni di storia, di cui è vicepresidente. Tempo e impegni, invece di pesare, le danno forza. Ha un fisico svelto, due occhi come puntaspilli, modi garbati ma decisi, una parlantina che incanta e trascina. Starle dietro è una gioiosa fatica che il professor Franco Amarelli, docente di Storia del Diritto Romano molto amato dagli studenti, sorbisce con misura, “tanto quella che capisce di liquirizia è lei”. Anima itinerante tra un convegno e una cena di lavoro ospitata sulla bella terrazza affacciata sul lungomare di Napoli, la signora della liquirizia spiega che la confettistica occupa un segmento di mercato super limitato, «quindi mi sono inventata delle belle partnership per arrivare là dove caramelle e tronchetti non potrebbero mai». Ha coniato un motto - “La novità è l’anima del mio lavoro” – che le sta cucito addosso come un abito di sartoria. Così, nessuno stupore se negli anni la liquirizia Amarelli si è trasformata in una grappa, con la collaborazione del principe-vignaiolo Girolamo Strozzi, e in un’acqua di colonia, firmata insieme al fiorentino Eugenio Alphandery della gloriosa Farmacia di Santa Maria Novella. E poi la birra messa a punto con i marchigiani Collesi, le tisane firmate Twinings, su su fino alla partnership con la Strega Alberti di Benevento – la stessa del premio letterario – che in occasione del liquore Strega alla liquirizia virò l’abbinamento degli storici colori aziendali da giallo e rosso a nero e rosso. Capitolo a parte merita il Museo della liquirizia “Giorgio Amarelli”. Mai come in questo caso, la definizione di bomboniera si attaglia alla successione di sale rivestite di boiserie, che anno dopo anno contende alla Ferrari di Maranello il primato per il museo industriale più visitato d’Italia. Una processione ininterrotta di turisti, appassionati o semplici golosi si dipana tra editti reali e costumi d’epoca, macchine ingegnose e francobolli dedicati. Memorabilia che Pina e Franco Amarelli hanno recuperato con pazienza certosina e organizzato con rigore, roba da far invidia ai curatori degli Uffizi. Con il piglio forte e lo sguardo diritto che contraddistingue le sessantenni del terzo millennio, Pina governa casa, azienda e famiglia, senza fermarsi mai. «Resto in linea con i miei affetti grazie a computer e cellulare. Quando sono stanca, invece di scrivere o telefonare, clicco sulle foto delle mie nipotine, mi beo dei loro sorrisi, penso che sono una donna fortunata. Anche per merito della liquirizia». © RIPRODUZIONE RISERVATA Il museo aziendale, con migliaia di visitatori ogni anno, contende il primato a quello della Ferrari LA SCATOLINA “Grazie a una scatolina d’antan, mio suocero mi conquistò alla causa della liquirizia. Ne abbiamo di bellissime”. Sotto, una bottiglia di birra alla liquirizia Amarelli