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 2012  novembre 28 Mercoledì calendario

DAI COLORI DI UNA FARFALLA IL SEGRETO DELL’ENERGIA PULITA

[Dall’architettura alla robotica, boom di applicazioni copiate dalla natura] –
Considerate la farfalla. Le ali delle specie più belle sono un simbolo di bellezza effimera. I loro colori hanno stregato scrittori come Vladimir Nabokov e, di recente, fashion designers che cercano di riprodurli in tessuti ad alta tecnologia. I ricercatori dell’università Jiao Tong a Shanghai, invece, sono ossessionati dalla parte nera delle ali di una delle specie più grandi del mondo, la Ornithoptera, la farfalla «ali di uccello», che vive in India e nel Sud-Est asiatico. Il nero è così assoluto da assorbire la luce quasi completamente. E da intrappolare il calore. Gli scienziati cinesi vogliono creare una pellicola
di carbonio con le stesse caratteristiche: una trappola per il calore in grado di moltiplicare l’efficienza della tecnologia che immagazzina l’energia solare.
Dalla seduzione effimera all’energia rinnovabile. E’ il blu intenso delle ali di un’altra farfalla tropicale, la Morpho, al centro del progetto «NOtES» della Simon Fraser University nella Columbia Britannica. E’ una «nanotecnologia naturale» nelle ali della farfalla a produrre quel tipo di azzurro. Una struttura di micro-fori che interferisce con la luce, regalando il colore prezioso. Ma ai ricercatori interessa per creare una sorta di «etichetta» impossibile da falsificare. Da inserire nelle banconote, e, virtualmente, in qualunque oggetto. La tecnologia ripresa dalla farfalla è stata brevettata e potrebbe presto sostituire gli ologrammi.
Ma la capacità delle Morpho di generare colori grazie all’interferenza della luce è già stata usata in un lettore digitale prodotto dalla Qualcomm, una società californiana specializzata in tecnologia per tablet e smartphone. E ora ha in progetto di estendere il sistema agli schermi tv. Quelli con i colori dalle ali della farfalla, tra l’altro, non hanno bisogno di essere illuminati e consumano un decimo dei classici Lcd.
C’è un segreto «verde» - o imitato dalla natura, se si vuole - all’interno di molta della tecnologia sofisticata che fa muovere oggi il pianeta: dai sistemi di ventilazione «rubati» ai molluschi o ai termitai giganti dell’Africa alla pianificazione di intere città. La biomimetica, disciplina che si basa sull’osservazione dei sistemi e dei processi naturali e sulla loro applicazione ai più diversi ambiti delle società umane, è in pieno boom. Brevetti vengono registrati ogni giorno. E trovano applicazione dalla robotica all’architettura. Se uno degli adattamenti più famosi - il brevetto del Velcro, tessuto adesivo che si aggancia alle superfici grazie a micro-uncini, per il quale il chimico svizzero Georges de Mestral si ispirò ai pallini spinosi delle nappole che gli rimanevano attaccati ai pantaloni durante le passeggiate in montagna - risale al 1948, ora lo sviluppo delle nanotecnologie, insieme agli studi dei sistemi complessi, ha ampliato in maniera esponenziale le applicazioni della biomimetica.
«Succede che anche una città prenda ispirazione dagli ecosistemi per la sua progettazione», spiega il biologo Tim McGee, membro di Biomimicry 3.8, società di consulenza Usa. E’ il caso di Lavasa, città indiana, in corso di costruzione, che ha adottato diversi sistemi ispirati al principio della biomimetica. Per esempio, l’impiego di coperture verdi, fatte da chiome di alberi, per «riciclare» le piogge monsoniche durante i periodi di siccità. Ma nelle metropoli anche l’energia solare potrebbe venire da pannelli che seguono le venature delle foglie. Un team della Princeton University ha riprodotto il disegno di una foglia in un pannello solare: le curve sulla superficie hanno reso più facile l’assorbimento dell’energia, tanto che il pannello è risultato più efficiente del 47% rispetto a uno piatto.
Sono a volte gli habitat stessi a fornire le soluzioni, anche in maniera inaspettata. Così una serra nel Qatar ha replicato all’interno i processi di condensazione ed evaporazione che avvengono nel naso di un cammello, l’animale simbolo dell’adattamento al deserto. Ma alla ricerca che strizza l’occhio alla natura non basta emulare. Un team di ricercatori britannici e giapponesi ha creato un tipo di batteri che divora il ferro, trasformandosi in minuscoli magneti viventi. L’idea è di utilizzarli per rendere più veloci i processori dei pc e abbassare i consumi. Creando così un nuovo habitat: naturale e artificiale allo stesso tempo. E’ questa la nuova frontiera, forse, della biomimetica.