Ilaria Maria Sala, la Stampa 28/11/2012, 28 novembre 2012
PECHINO CAMBIA LA GEOGRAFIA SUI NUOVI PASSAPORTI
I nuovi passaporti cinesi sono riusciti a far arrabbiare un po’ tutti: la cartina della Cina impressa sul documento infatti riporta sotto il territorio cinese tutte quelle aree al centro di contese con altri Paesi e la cosa ha creato un terremoto diplomatico che sta avendo anche ripercussioni pratiche su turisti e viaggiatori alle frontiere internazionali.
La piccola mappa – che potrebbe anche sfuggire ad occhi distratti – non solo include come territori cinesi le due regioni himalayane che la Cina e l’India si contendono ma riporta anche la «lingua di mucca», o linea a nove trattini, che comprende tutte le isole che sia Pechino sia i Paesi vicini del Sud Est asiatico reclamano come propri possedimenti. I primi ad alzare la voce, e a dire che non avrebbero timbrato dei passaporti con quell’immagine per non correre il rischio di convalidare «l’espansionismo territoriale cinese», sono stati i vietnamiti, che sono ricorsi allo stratagemma di approvare l’ingresso di viaggiatori cinesi con i nuovi passaporti timbrando i visti su un foglietto volante a parte. Nel frattempo, hanno richiesto alla Cina di rimuovere dai passaporti il «contenuto erroneo».
L’India, invece, ha preparato visti appositi per i nuovi passaporti cinesi, con stampata la mappa dell’India secondo la versione di New Delhi: un adesivo con l’Arunachal Pradesh e l’Aksai Chin dentro le frontiere indiane, da incollare sui passaporti dei viaggiatori cinesi che richiedono un visto all’ambasciata indiana a Pechino. Il ministro degli Esteri indiano, Salman Khurshid, ha dichiarato: «Non siamo pronti ad accettare» l’inclusione del territorio nazionale nella cartina cinese. Un sentimento a cui fa eco il segretario agli Affari esteri filippino, Albert del Rosario, che ha inviato una lettera a Pechino con la «forte protesta» di Manila nei confronti dell’immagine sui passaporti, che «include dei territori che fanno chiaramente parte del territorio filippino».
Taiwan, le cui relazioni con Pechino procedevano piuttosto bene negli ultimi tempi, si è invece risentita che alcuni dei luoghi più celebrati per la loro bellezza panoramica, il Lago del Sole e della Luna e il Picco Cingshui, siano stati inseriti nelle immagini sui passaporti. Pechino sta «facendo danno unilateralmente allo status quo che ha portato alla stabilità nello stretto di Taiwan (…) ignorando la verità», ha protestato il governo.
Nella contesa - non certo per il territorio – sono entrati ora perfino gli Stati Uniti. La portavoce del Dipartimento di Stato, Victoria Nuland, ha dichiarato che gli Usa «non approvano i nuovi passaporti cinesi con le mappe controverse», dal momento che «manteniamo la posizione che la questione debba essere negoziata fra la Cina e i Paesi del Sud Est Asiatico», pur considerando che un’immagine su un passaporto non cambia in modo sostanziale la sovranità effettiva dei luoghi.
Davanti a così tante proteste, Pechino si è limitata a replicare con una dichiarazione di Hua Chunying, del Ministero degli Affari Esteri: «La Cina – ha detto – non sta prendendo di mira nessun Paese specifico», ed «è disposta a comunicare con i Paesi in questione per continuare a promuovere i contatti».
Un messaggio vago, che lascia che le polemiche suscitate dai nuovi passaporti nella regione continuino. Tutto ciò pochi giorni dopo la chiusura del summit dell’Asean a Phnom Penh, nel corso del quale Pechino ha messo sufficiente pressione sulla Cambogia, sua storica alleata, affinché fosse bloccata una risoluzione che chiamava alla negoziazione collettiva sui territori contesi, fra la Cina e il blocco dell’Asean stesso (Pechino insiste per negoziare con i singoli Paesi).
Invece, ormai da mesi, la Cina ha deciso di mostrarsi sempre più intransigente nelle sue pretese territoriali, con, da un lato, una campagna propagandistica all’interno del Paese, e dall’altro inviando navi militari e pescherecci nelle acque territoriali in questione, sorda alle critiche dei suoi vicini.
La nuova aggressività territoriale cinese, che si accompagna con la sua crescita economica, sta avendo per il momento significativi effetti opposti sulla delicata geopolitica della regione: non solo i vicini della Cina si sentono sempre più schiacciati dall’ingombrante gigante asiatico, ma stanno stringendo alleanze fra di loro.
Il Giappone (che ha con Pechino un contenzioso rispetto alle isole Senkaku/Diaoyutai, che non entrano però nell’immagine del passaporto nuovo, forse per ragioni di spazio) sta alzando il suo profilo militare, mentre gli Stati Uniti hanno annunciato di volersi riposizionare in Asia, accolti con un certo sollievo da quegli stessi Paesi del Sud-Est asiatico che fino a poco tempo fa non sembravano troppo inclini ad avere l’America fra i piedi.
Ora, dunque, il colpo dei passaporti, quanto di meno diplomatico si possa immaginare, riapre ogni polemica e litigio.