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 2012  novembre 28 Mercoledì calendario

NEI PROSSIMI 40 ANNI LA SPESA SALIRÀ DEL 150%


Per il servizio sanitario nazionale italia- «P no la sostenibilità nel tempo rischia di diventare un’utopia». Prima di Monti lo hanno messo a chiare lettere nero su bianco i superesperti dell’European house Ambrosetti, che nei loro modelli previsionali disegnano per la sanità made in Italy un futuro da default in piena regola, nonostante lo studio conteggi tagli alla sanità pubblica per oltre 24 miliardi nel periodo 2010-2014. Il fatto è che per gli esperti in meno di quarant’anni la spesa sanitaria, in assenza di profondi correttivi dell’intero servizio, sarebbe comunque destinata a crescere addirittura del 150%, passando dai 112,7 miliardi attuali ai 261 del 2050. Quando saremo tutti un po’ più vecchi ma anche più acciaccati. Perché altri dati previsionali in possesso del ministero della Salute dicono che l’aumento della longevità è inevitabilmente accompagnato da un altrettanto netto incremento delle malattie croniche e invalidanti, tant’è che in media agli uomini attendono 16 anni di disabilità e alle donne addirittura 22. Il che significa più farmaci, più ricoveri per le fasi acute della malattia ma soprattutto più assistenza domiciliare, che già oggi, un po’ per carenza di risorse, un po’ per cattiva organizzazione, è un’utopia in buona parte del Paese.

E così anche il rapporto spesa sanitaria-Pil è destinato a crescere, passando dall’attuale 7,1% al 9,7% del 2050. Peraltro - precisano gli esperti di Ambrosetti - si tratta di proiezioni che non possono esattamente considerare l’impatto del quadro epidemiologico della popolazione e che dunque potrebbero rivelarsi peggiori del previsto. Così come potrebbe crescere il divario tra quanto si spende in sanità per ciascun cittadino italiano rispetto agli altri Paesi avanzati, divario che già oggi vede la spesa pro-capite italiana del 20% inferiore a quella di Germania, Francia e Regno Unito. Dove tra l’altro le mutue integrative sono più sviluppate e coprono ticket che fruttano allo Stato entrate molto più consistenti del nostro 5%.

Vede nero anche l’economista sanitario del Ceis-Tor Vergata, Federico Spandonaro. Per effetto della raffica di tagli il suo centro studi a breve temine prevede una contrazione della spesa pubblica, con un contestuale incremento di quasi 4 miliardi di quella privata da qui al 2014. Ma poi il banco rischia di saltare. «Più che per l’invecchiamento della popolazione per la perdurante assenza di crescita», spiega Spandonaro. «La nostra spesa sanitaria pubblica e privata oggi è intorno al 9% del Pil e nei Paesi più sviluppati è tra l’8 e il 12%. Da queste percentuali non ci si schioda. Il problema - prosegue - è che il nostro Pil è del 6-7% inferiore a quello dei principali Paesi europei e questo sommato all’evasione fiscale e alla maggiore spesa per il debito pubblico si traduce già oggi in termini assoluti nella minore spesa sanitaria tra i magnifici 12 dell’Ue». «E se in assenza di crescita questo livello dovesse scendere ancora sarebbero guai per gli assistiti», prevede Spandonaro. Che per uscire dall’imbuto vede in futuro ticket progressivi rispetto al reddito e più sanità integrativa, visto che oggi 11 milioni di italiani sono iscritti a una mutua o a un fondo che però coprono solo il 20% dei 30 miliardi di spesa sanitaria privata.

Una ricetta sulla quale sta da tempo ragionando anche il ministro della Salute, Renato Balduzzi. Magari per tracciare la strada al governo che verrà. Oltre agli incentivi alle mutue l’idea è di rivoluzionare gli attuali ticket, che metà degli italiani non paga. Domani entro una certa soglia di spesa legata al reddito pagherebbero tutti, oltre ci penserebbe ancora «papà-Stato».