Gian Antonio Stella, Corriere della Sera 28/11/2012, 28 novembre 2012
I VINCITORI SCONFITTI DAI «PARENTI»
«E noi, allora?». Il rifiuto di Rosario Crocetta di confermare a vita i venti giornalisti assunti per l’ufficio stampa da Totò Cuffaro, tutti assunti a chiamata diretta con contratti deluxe perché tanto si trattava di assunzioni «provvisorie», ha gettato sale sulle ferite dei 107 vincitori di un concorso all’Ice, l’Istituto per il commercio estero. Rimasti al palo mentre al posto loro venivano sistemati gli assunti senza gara di un carrozzone chiuso per fallimento.
Il concorso per quei 107 posti da funzionario fu bandito nell’ottobre 2008 e la prima scrematura avvenne nell’aprile 2009 al Palalottomatica, l’unica struttura che poteva accogliere 15 mila concorrenti. Gli ammessi agli scritti dopo questa prima selezione coi test furono un migliaio. Gli ammessi all’orale 318. Ridotti infine, appunto, a 107. Vincitori ma lasciati lì, a bagnomaria, in attesa che si liberassero dei posti. Da allora sono passati quasi quattro anni. Umilianti per chi, magari passando mesi a studiare, era riuscito a conquistare quel biglietto per l’assunzione. Parallelamente, andava in crisi l’ennesima impresa pubblica «inventata» a tavolino: «Buonitalia». Una Spa voluta nel 2003, quand’era all’Agricoltura, da Gianni Alemanno che, ignorando evidentemente l’esistenza dell’Ice nata apposta per queste cose nel lontano 1926, voleva «promuovere e diffondere nel mondo la conoscenza del patrimonio agricolo e agroalimentare italiano».
Di fatto un «postificio» creato per piazzare a chiamata diretta, senza la scomodità di un concorso pubblico, amici, parenti, camerati e compagni di partito. Un colabrodo. Capace di accumulare in una manciata di anni un buco abissale. Tale da spingere perfino Giancarlo Galan, messo da Berlusconi all’Agricoltura nel 2010, a invocare un’inchiesta della Corte dei conti: «Magari non ci sarà nulla di penalmente rilevante, ma di politicamente osceno c’è molto di sicuro». Finché il governo Monti ha deciso di tagliar corto: meglio chiudere.
E i diciannove dipendenti rimasti? All’idea di lasciare a casa quei «fortunati» entrati senza concorso nel carrozzone clientelare si scatenarono in tanti, in Parlamento. Mario Catania, l’attuale ministro alle Politiche agricole, ha provato inutilmente a mettersi di traverso ricordando il principio: «La ricollocazione dei 19 dipendenti nell’ambito della Pubblica amministrazione nel caso di specie non è possibile, atteso che tale scelta si porrebbe in contrasto con il vincolo costituzionale del concorso pubblico, previsto in relazione alle procedure di assunzione negli organismi dello Stato». Macché. Alla fine, anche se il passaggio all’Ice (oggi «Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane»: dodici parole, per certi burocrati, erano il minimo) non è del tutto automatico, è finita con un emendamento che prevede il salvataggio di tutti. E parallelamente, ovvio, taglia fuori i vincitori del concorso. Saranno anche i più bravi, ma non son mica parenti…