Massimo Sideri, Corriere della Sera 28/11/2012, 28 novembre 2012
UN TWEET RIMANE PER SEMPRE ADDIO AL SOCIAL NETWORK «ANARCHICO»
È un processo quasi organico: man mano che Twitter cresce, come già hanno fatto gli altri social network prima di lui, cerca di ridurre il grado di anarchia. Aggiunge funzionalità. Aggiorna le regole. Ma alla fine cambia veramente qualcosa? La vicenda è talmente delicata che nemmeno il fondatore di Twitter Jack Dorsey e il manager Dick Costolo se la sono sentita di affrontarla in 140 battute. Al punto 5 dei termini del servizio (che tutti noi saltiamo) si legge in migliaia di battute che qui stralciamo: «Twitter dispone di un insieme di regole in continuo aggiornamento che definiscono il modo in cui l’ecosistema dei propri partner possa interagire con i contenuti dell’utente. Tali regole esistono per consentire l’esistenza di un ecosistema aperto che tenga conto dei diritti dell’utente. Tuttavia, ciò che è dell’utente resta dell’utente». Segue un prolisso passaggio il cui senso è sintetizzabile in poche parole: nessuno vi pagherà per questo. Sembra una nuova forma di proprietà: i contenuti sono nostri, non ne possiamo bloccare in nessuna maniera l’uso anche per scopi commerciali (la società ha introdotto già dal 2010 i promoted tweets ma è evidente che pensa già ad altro) ma non abbiamo diritti. Un aspetto che torna adesso di attualità visto che la società, secondo quanto riportato dal Daily Mail, sta preparando un archivio storico di tutto ciò che abbiamo twittato. Il dibattito sulla proprietà dei contenuti non è ristretto al perimetro di Twitter. Facebook ne è stato un pioniere. YouTube ne ha fatto una parabola commerciale: nata e cresciuta a dismisura anche grazie all’assenza di norme certe si è trasformata oggi in una torretta mondiale di difesa del copyright. Con regole giocate sul filo di lana che permettono sì di condividere all’infinito e in qualunque forma i file audiovisivi ma non di scaricarli su un pc. Tutto è in divenire. Ma a qualunque aggiornamento delle regole dei social network appare sempre più chiaro che c’è un punto che non cambierà: quello che postiamo, scriviamo e diciamo sarà pure nostro. Ma le società ne possono fare quello che vogliono. Un diamante è per sempre. Ma anche un tweet.
Massimo Sideri
@massimosideri