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 2012  novembre 26 Lunedì calendario

AUTOSUFFICIENZA ENERGETICA IL SOGNO AMERICANO CHE È QUASI REALT


In una fase in cui il Medio Oriente torna a monopolizzare l’attenzione del presidente degli Stati Uniti, è interessante chiedersi: come si comporterebbe l’America se non dovesse importare neppure una goccia di petrolio da quell’area del mondo? Non è una domanda oziosa. In effetti le importazioni americane di petrolio dai paesi arabi e dal Golfo Persico sono ai minimi storici, già oggi quasi insignificanti. L’America si avvicina a gran velocità all’autosufficienza energetica, un obiettivo che sembrava impensabile fino a pochi anni fa. Quel poco che deve importare dall’estero può comprarlo prevalentemente da Canada e Messico, paesi vicini e politicamente amici. Infine, il gas naturale grazie alle nuove tecnologie di estrazione sta diventando talmente abbondante che presto sorpasserà il petrolio nei consumi energetici americani: questo potrà consentire un giorno agli Stati Uniti di avere un modello di sviluppo più “sostenibile” di quello europeo, perché il gas emette meno CO2 del petrolio (inoltre nel frattempo l’Europa ha rilanciato il carbone nelle centrali energetiche, il carburante più inquinante di tutti).
Ecco alcuni dati, ripresi dalla fonte più autorevole, cioè l’Agenzia Internazionale dell’Energia (Aiea) con sede a Parigi. Già entro il 2020, tra soli 7 anni, gli Stati Uniti sorpasseranno l’Arabia saudita diventando il maggiore produttore mondiale di petrolio. E’ la conseguenza dell’uso di
quella nuova tecnologia estrattiva che si chiama fracking (da “fracturing”: potenti getti di acqua e solventi chimici frantumano le rocce sotterranee separando il petrolio e il gas dagli altri minerali). Già quest’anno, la produzione di petrolio estratto in America ha raggiunto il massimo dal 1991, e il paese soddisfa l’83% dei propri fabbisogni energetici con risorse domestiche. Le importazioni di greggio dall’estero sono crollate dell’11% in un anno solo. Nel 2020 gli Stati Uniti arriveranno a estrarre dal proprio sottosuolo e dai propri giacimenti sottomarini in acque territoriali 11,1 milioni di barili al giorno, ovvero 500.000 barili in più di quanti ne produrrà quell’anno l’Arabia saudita. Infine, secondo il chief economist dell’Aiea, Fatih Birol, “il gas sorpasserà il petrolio nei consumi americani e diventerà il carburante dominante, grazie all’offerta abbondante e ai bassi prezzi”. Sarebbe ingenuo dedurne che il Medio Oriente avrà perso per allora ogni importanza geostrategica. Anzitutto, finché altre aree del mondo continueranno a dipendere dal Golfo Perisco, gli Stati Uniti in quanto potenza leader avranno un interesse in quell’area: sia per difendere la stabilita` dei propri alleati europei, sia per evitare che la Cina vi penetri in modo dominante. Inoltre il Medio Oriente ha una “energia ideologica” che, se rivolta in senso distruttivo, può generare eventi come l’attacco alle Torri gemelle dell’11 settembre 2001. Nessuno quindi si aspetta di vedere scomparire la Quinta Flotta dal Golfo Persico, né la Sesta Flotta della U.S. Navy cesserà di presidiare il Mediterraneo.
Tuttavia, non c’è dubbio che l’impatto sugli equilibri mondiali ci sarà. Vivremo in un mondo diverso, quando l’America sarà autosufficiente e non una sola goccia di petrolio partirà dai Paesi arabi per i distributori di benzina di New York, Chicago e Los Angeles. Tanto più se si aggiunge a questo l’ascesa di Brasile, Canada e Colombia come produttori di petrolio e gas. Il solo Brasile è alla vigilia di un boom energetico grazie alle trivellazioni offshore. Stiamo per vivere gli albori di un nuovo Secolo americano, almeno dal punto di vista della mappa energetica del nostro futuro.