Lauretta Colonnelli, Corriere della Sera 01/11/2012, 1 novembre 2012
CALCATA, ANTICHE SUGGESTIONI
Racconta Giovanna Massobrio, architetto e moglie di Paolo Portoghesi: «Quando arrivai a Roma, nel ’71, la prima cosa che Paolo mi fece vedere fuori dalla città furono le cascate di Monte Gelato e Calcata. Due anni dopo, nel 1973, comprammo il primo dei sette fienili che poi sono diventati la nostra abitazione». Simona Weller, pittrice, scoprì Calcata nel 1975: «Accompagnavo degli amici. Appena arrivata mi resi conto che il borgo mi era stranamente familiare, forse perché assomigliava al paesino calabrese in cui aveva vissuto la famiglia di mio padre. Tuttavia non avrei mai pensato di vivere qui, venivo dalla Liguria, dove i borghi sono dipinti in colori pastello. Il tufo scuro di Calcata mi fece quasi paura. Poi vidi l’antica casa sulla rupe e nel giro di tre giorni l’avevo acquistata. La restaurai e ci venni ad abitare». Paolo Portoghesi e Simona Weller hanno dedicato al piccolo paese alle porte di Roma una curiosa mostra intitolata «Dalla parola allo spazio», curata da Sandro Barbagallo e aperta fino al 30 novembre presso il Palazzo Baronale, che mette a confronto opere della pittrice e dell’architetto. Ed è interessante vedere come le tele di Weller, attraversate da una scrittura volante su fondi ariosi di colore, in prevalenza azzurro, rosa e verde, dialoghino in perfetta armonia con le forme create da Portoghesi. La campitura del dipinto «L’oro, l’argento e il mare» ha lo stesso andamento tonale del Teatro Nuovo Politeama di Catanzaro. Il quadro «I gabbiani amano le stelle» è increspato da onde blu e violette che richiamano l’onda del Centro commerciale per l’energia sostenibile di Anagni. Il pastello ad olio «Ricordare la primavera» evoca la vetrata di Palazzo Corrodi a Roma, restaurato da Portoghesi. La luce soffusa della chiesa parrocchiale dei Santi Cornelio e Cipriano a Calcata, inaugurata nel 2009, sembra rievocare le nostalgie di un quadro dipinto da Weller nel 1973 e intitolato «Il mare quando si è giovani». Ancora di più coincidono i colori dei quadri con le foto scattate dall’architetto nella campagna intorno al borgo.Analogie che sembrano derivare da una comune esperienza nel paese che si affaccia a strapiombo sulla valle del Treja, come si intuisce dal bel volume che accompagna la mostra, catalogo e opera letteraria al tempo stesso, perché arricchito da lunghe conversazioni tra Weller e Portoghesi sull’arte, sulla vita, ma soprattutto sul loro rapporto con questa terra. Weller è legata alle sue nebbie colorate, ai fantasmi etruschi, alle grotte graffite da disegni indecifrabili, alle forre e al torrente, ai campi in cui l’aratro lascia segni simili a quelli che lei traccia sulle tele. Portoghesi, che sul sito ha girato anche un film intitolato «Genius Loci», è attratto dalla natura selvaggia, rispettata ancora, fino a pochi anni fa, dai piccoli agricoltori locali. Da uno di loro, Tomasso, ha imparato a fare la ricotta e i formaggi. Di altri lo affascinavano i nomi: Irmo, Amerildo, Primizio, Meduino. Accanto a donne che si chiamano Fugginia, Edelvina, Lisandra, Pollonia. «Una volta ho portato qui due pullman carichi di architetti americani. Il paesaggio somiglia moltissimo a quello su cui Roma è nata, prima che si costruisse la città. C’erano questi pagi, centri abitati che sorgevano su promontori che digradavano verso il Tevere, ed erano divisi da valli molto simili a queste». Lui, che ha conosciuto il borgo nel 1953 durante le passeggiate domenicali insieme con i genitori, qualche anno dopo realizzò uno dei suoi primi progetti, Casa Baldi sulla Flaminia, con blocchetti di tufo, gli stessi delle case di Calcata.
Lauretta Colonnelli