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 2012  novembre 27 Martedì calendario

PERCHÉ HA CHIUSO L’FT TEDESCO

[Tutti gli editori teutonici adesso fanno il mea culpa] –
Il Financial Times Deutschland e la Frankfurter Rundschau sono morti anche se continuano a uscire ancora per qualche giorno. E gli editori tedeschi fanno l’autopsia. Quale la causa della fine, e che cosa fare per evitare un’epidemia nella stampa? Le due vittime hanno compiuto errori, ma tutti i quotidiani e settimanali continuano a perdere copie, quindi c’è un male comune che occorre fronteggiare.
Il Ftd in dodici anni ha accumulato un passivo di 250 milioni di euro.
Ultimamente vendeva 102 mila copie, il 16% in meno in un anno, di cui appena 3 mila in edicola, le copie gratuite distribuite dalla Lufthansa ai passeggeri, 46 mila, erano quasi pari agli abbonamenti, che in gran parte venivano venduti a prezzi scontati (agli studenti) o ancora regalati alle aziende. «Tra i lettori l’immagine del Ftd era di una testata distribuita gratis», constata Die Zeit. E quindi, per i tedeschi, meno autorevole. Infatti in Germania la stampa gratuita non ha preso piede. Che cosa avete sbagliato?, hanno chiesto al direttore Steffen Klusmann: «Abbiamo trascurato internet, e non puntato sul giornalismo di qualità. Servono giornalisti preparati e indipendenti».
Una risposta che va approfondita. Sul Ftd, era il giudizio dei lettori, c’erano poche notizie e troppi commenti, ma è la formula giusta per contrastare sia internet che radio e tv. Le notizie arrivano prima sugli altri media. Perché anche un quotidiano come la Frankfurter Allgemeine Zeitung si ostina a sprecare una pagina per pubblicare le quotazioni azionarie che sono già vecchie alle 9 di mattina, appena apre la borsa di Francoforte? Servono appunto analisi e commenti, «ma che non siano vuote chiacchiere», precisa Roland Tichy, direttore di Wirtschaftswoche, il più autorevole settimanale economico. «Bisogna andare dritti al punto». Le notizie vanno lasciate a radio, tv, internet, per puntare su reportage, interviste, pareri di autentici specialisti.
Tutta colpa di Internet? La stampa tedesca ha cominciato a perdere dal ’91, quando ancora il pericolo non era presente: le copie vendute dei quotidiani erano oltre 27 milioni nel 1991, oggi sono 21 milioni, sempre quattro volte più delle nostre, ma non basta. «I lettori sono cambiati e la stampa non se ne è voluta accorgere», commenta Die Zeit. Internet non è un avversario, ma un media con cui interagire, continua l’analisi del settimanale. Occorre una diversa mentalità: i giornali, quasi sempre, si limitano a mettere online la loro edizione su carta, invece di preparare un prodotto diverso. Negli ultimi anni, la stampa su carta ha perso miliardi di euro in pubblicità, ma il fatturato online arriva quest’anno a 200 milioni. Dove sono finiti gli inserzionisti? Non è solo colpa della crisi.
Su internet si deve puntare con investimenti adeguati. Allo Spiegel online lavorano cento redattori, e già gli abbonati che ricevono l’edizione cartacea su iPad sono 50 mila, il 5% del totale degli abbonamenti. «Il nostro futuro è il digitale», dice il direttore della edizione online, Mathias Müller von Blumencron, «ma la stampa vivrà a lungo, ancora molto a lungo». Anche l’iPad è una sfida: lo spazio pubblicitario sullo schermo è limitato, e richiede una tecnica particolare. Bisogna affidarsi a nuovi e preparati specialisti. Si è trascurato di modernizzare l’offerta pubblicitaria anche sulla carta, confidando che il messaggio fosse migliore rispetto alla tv (che non può superare un certo ingombro orario, proprio per salvaguardare la stampa). Anche la pubblicità va adeguata alla nuova situazione.
Limitarsi a far pagare per la lettura online non è la risposta giusta, spiegano alla Frankfurter Allgemeine. Il giornale ha 3,8 milioni di contatti mensili, ma solo 200 mila visitatori abituali, e appena 75 mila leggono almeno 3 articoli al giorno. Sarebbe un boomerang far pagare i lettori fedeli a causa di quelli occasionali. Si dovrebbe offrire loro un abbonamento combinato per l’edizione cartacea parziale e quella online a un prezzo scontato.
Gli editori sono già passati alla controffensiva, e hanno deciso, invece di farsi una concorrenza suicida (abbassando le tariffe pubblicitarie), di coordinare i loro sforzi. Sette case editrici di giornali hanno creato la Mediahaus Deutschland: insieme editano 40 testate con bacini di utenza diversi, con 5 milioni di copie vendute, e 14 milioni di lettori, entrano nel 25% delle famiglie tedesche di cui un terzo ha un reddito di almeno 3 mila euro. Offriranno una pagina pubblicitaria comune al prezzo di 625 mila euro, meno rispetto a un annuncio ripetuto su testate diverse. I ricavi andranno divisi tra i sette in base al numero dei lettori.
E anche i grandi collaborano. Springer, Grüner+Jahr, Burda e Bauer hanno creato la Best4Planning Mark Media, per studiare il mercato pubblicitario. Si dividono i costi, e le analisi globali potranno essere sfruttate dalle singole testate che hanno stile e clientela diverse. Infine Helmut Heinen, presidente della federazione editori, è sempre contrario a sovvenzioni pubbliche (per evitare un controllo statale sulla libertà di stampa), ma chiede che venga abolita l’Iva sui giornali: «E dovrebbe essere permesso dedurre dalle tasse il costo degli abbonamenti per chiunque». Adesso è consentito solo ad alcuni professionisti. Ma i giornali dovrebbero essere considerati un bene primario per tutti.