Ettore Bianchi, ItaliaOggi 27/11/2012, 27 novembre 2012
GLI EUROPEI SI SPOSTANO A NORD
[Questa volta però emigrano i qualificati e i giovani] –
Sembravano sparite per sempre le frotte di disoccupati e disperati che dal Sud Europa partivano dirette in Germania o in America. Il benessere diffuso aveva ridato a gran parte delle popolazioni una speranza di potersi costruire un avvenire migliore rimanendo ancorati alla propria terra, alla propria famiglia.
Ora, invece, la crisi continua a generare disoccupazione e in molti hanno ripreso ad abbandonare il proprio paese in cerca di fortuna.
Ad andarsene, però, sono più che altro giovani con un’alta preparazione, diretti da sud a nord. Non esistono ancora dati precisi, ma le stime parlano di flussi migratori in partenza da Spagna, Portogallo, Grecia e anche Irlanda. Il fenomeno è più marcato in terra iberica, dove i senza lavoro hanno raggiunto il 26% degli abitanti. Tra gennaio e settembre la popolazione si è ridotta di 138 mila persone, il triplo rispetto all’anno scorso. Stesso discorso per i greci, che puntano all’Australia e alla Svezia, uno dei pochi paesi europei a godere di buona salute. Quanto agli irlandesi, in 8 mila si sono offerti per lavorare oltreconfine: in Canada, Australia, Nuova Zelanda e nell’area asiatica. In Portogallo i movimenti interessano le ex colonie Brasile, Angola, Mozambico.
A breve termine, nota un economista di Citigroup, queste partenze permettono di limitare la spesa pubblica, per esempio in sussidi, nelle nazioni in crisi e attenuano gli effetti negativi della mancanza di lavoro. I dati dicono che in Grecia, Irlanda, Portogallo, Spagna e Italia la popolazione in età lavorativa è scesa nel primo semestre tra lo 0,1 e lo 0,9% rispetto a un anno prima, mentre è aumentata dello 0,2% in Germania, dove c’è carenza di manodopera. Questo trasferimento di forza lavoro avrebbe permesso di abbassare fino al 6% all’anno la disoccupazione nei paesi più in difficoltà. Inoltre gli emigrati inviano denaro in patria alle loro famiglie e anche questo è un elemento positivo.
Bernard Girard, consulente d’impresa e paladino della libertà di circolazione dei lavoratori in Europa, sostiene che queste migrazioni somigliano a quelle conosciute dagli Stati Uniti negli anni 1930. Esse potrebbero annunciare la creazione, o forse lo sviluppo di un autentico mercato del lavoro continentale.
Non è, ovviamente, tutto oro quel che luccica. A parte i disagi di ambientarsi un altro luogo, quasi un terzo degli emigrati è costretto ad accettare un lavoro di ripiego rispetto alle proprie competenze. E rimane un dubbio tra gli esperti: se ad andarsene sono i giovani tra 20 e 29 anni, cioè le risorse qualificate su cui investire per il futuro della nazione, il rischio è che non si possa più far conto su persone preziose. Esse costituiscono una speranza di ricchezza futura, ma ora portano acqua al mulino delle nazioni che già si trovano in condizioni migliori. A meno che, se la crisi non durasse troppo a lungo, un giorno questi lavoratori non decidano di tornare indietro. Ma ora si tratta, più che altro, di una scommessa azzardata.