Valentina Arcovioi, La Stampa 27/11/2012, 27 novembre 2012
ANIMALI ESTINTI [È
possibile farli rinascere?] –
Lonesome George era l’ultimo esemplare delle tartarughe giganti delle Galapagos. Grazie all’esame del materiale genetico di 17 altre tartarughe delle isole del Pacifico, un team di ricercatori è sicuro di far nascere un nuovo esemplare della specie estinta. È davvero possibile riportare in vita animali estinti?
È da diversi decenni che scienziati di tutto il mondo stanno lavorando al raggiungimento di questo obiettivo. Un sogno diventato molto popolare dopo l’uscita del film «Jurassic Park» di Steven Spielberg, tratto dall’omonimo romanzo di Michael Crichton. Nel colossal un gruppo di scienziati riusciva a riportare in vita i dinosauri con la tecnica della clonazione, utilizzando il Dna recuperato grazie al sangue succhiato da una zanzara, rimasta imbalsamata nell’ambra per milioni di anni. Oggi però sappiamo che non è scientificamente possibile, almeno con questa tecnica. Tuttavia sono stati sviluppati metodi alternativi che sono risultati efficaci nel ricreare animali estinti di recente e che potrebbero essere promettenti per «resuscitare» anche animali preistorici.
Quale tecnica si può utilizzare per ricreare un animale estinto?
Un metodo che si è rivelato molto promettente consiste nell’incrociare le specie domestiche primitive che provengono da un determinato antenato. Con questa tecnica, all’inizio degli anni ‘70, alcuni biologi tedeschi riuscirono a riportare in vita l’antenato del cavallo, il Tarpan, equino selvatico di origine euroasiatica che si è estinto definitivamente in Ucraina tra il 1918 e il 1919. Gli scienziati stavano manipolando i geni contenuti nelle cellule riproduttive di due specie, il Konic e il Sorraia, che presentavano affinità con l’animale scomparso: il risultato fu una creatura il cui aspetto era esattamente lo stesso dell’antenato estinto. Un approccio simile è stato utilizzato per ricreare il bovino Uro, scomparso negli anni ’60. Un approccio non attuabile per riportare in vita i dinosauri, visto che non esistono specie domestiche di questi rettili.
C’è un metodo alternativo che permette di portare in vita gli animali preistorici?
Gli scienziati stanno lavorando alla creazione di embrioni ibridi. Se il Dna di un animale estinto viene conservato, è possibile impiantare una molecola nel nucleo della cellula elementare della specie più vicina. Per i volatili e i rettili si tratta di un’operazione più semplice poiché l’intero processo di sviluppo si svolge all’interno di un uovo. Per i mammiferi, la difficoltà è quella di reperire una «madre surrogata», cioè una femmina della specie più vicina a quella da riprodurre nella quale trapiantare l’embrione. Un problema, questo, a cui si sta cercando di trovare una soluzione.
Quali sono i progetti più ambiziosi in questo campo?
Una delle iniziative più affascinanti, nonché promettenti, arriva da Jack Horner, professore della Montana State University. Lo scienziato ha deciso di prendere direttamente un discendente dei lucertoloni preistorici e modificarlo geneticamente in modo da riportarlo indietro nel tempo. Tutto questo grazie a un pollo, che si è scoperto essere imparentato con i volatili preistorici: il Dna è lo stesso, seppur mutato, e i tratti più ancestrali non sono stati cancellati per sempre. L’idea è quella di riattivare quei geni silenti e stimolare opportunamente i geni attivi in un embrione di pollo. In questo modo si spera di far schiudere dall’uovo un cucciolo di dinosauro o qualcosa del genere.
Gli scienziati hanno rinunciato all’obiettivo di ricreare i mammiferi preistorici?
No, anche se fino ad oggi i risultati sono stati deludenti. Uno dei progetti più noti è quello che ha come obiettivo di ricreare un mammut. Per questo obiettivo è stata messa a punto una tecnica per estrarre il Dna dalle loro cellule congelate. Il nucleo delle cellule di mammut sarà inserito all’interno di un ovulo di elefante privato del nucleo, per creare un embrione dotato dei geni dell’animale estinto. L’embrione sarà quindi inserito dell’utero di un elefante, nella speranza che l’animale possa dare alla vita un piccolo mammut.
Quali sono gli animali che gli scienziati vorrebbero ricreare?
Qualche anno fa la rivista «New Scientist» ha pubblicato una sorta di hit parade delle specie da resuscitare. In cima alla lista, la tigre dai denti a sciabola, il dodo e anche il nostro più vicino antenato, l’uomo di Neanderthal. A chiudere la lista proposta da «New Scientist» vi sono il glyptodon, una specie di armadillo grande quanto un’automobile, che si è estinto 11 mila anni fa e il rinoceronte lanoso, scomparso 10 mila anni fa, del quale esistono numerosi esemplari conservati in nel permafrost.
Quali sono le implicazioni etiche?
Se a molti potrà sembrare affascinante l’idea di poter riportare in vita animali che oggi non ci sono più, a molti altri ciò sembra invece inquietante. Sono infatti numerose le implicazioni etiche di progetti simili. Certamente le polemiche non hanno gli stessi toni di quelle sollevate per i progetti di clonazione umana e simili. Ma tanti sono i critici secondo i quali non sarebbe giusto manipolare la Natura, forzandola a «ospitare» un essere vivente creato grazie a tecniche di laboratorio.