Ilaria Maria Sala, La Stampa 27/11/2012, 27 novembre 2012
PECHINO CASTIGA LE FAMIGLIE DEI “BONZI”
Punizioni sempre più severe per i familiari di chi si autoimmola in Tibet, e perfino per gli interi villaggi da cui provengono coloro che scelgono di darsi fuoco come protesta contro il controllo cinese.
Questi casi, ormai quasi 80, sono descritti dalla propaganda nazionale come «tentativi di destabilizzare e dividere il Paese» orchestrati dal governo tibetano in esilio, nei confronti dei quali Pechino sta rispondendo con ulteriore repressione.
Secondo un documento delle autorità cinesi nella regione tibetana di Malho (Huangnan in cinese) nel Tibet orientale (dove sono avvenute la maggior parte delle autoimmolazioni), che è stato visto da «La Stampa», le punizioni saranno d’ora in poi collettive. Incolpando senza tentennamenti il «gruppo del Dalai» per tutte le autoimmolazioni, la circolare di Partito richiede la massima attenzione a questi punti: uno, che ogni località, dipartimento e ufficio (della regione) prenda misure immediate per cancellare ogni tipo di beneficio statale ricevuto dai familiari di chi si è autoimmolato - il che include, dice il documento, «i sussidi di disoccupazione, gli aiuti per le catastrofi naturali etc.», aggiungendo che «tutti i programmi statali nei villaggi di chi si è immolato devono essere interrotti, rivisti e cancellati». La responsabilità per non aver saputo prevenire le autoimmolazioni, descritte come «nocive all’armonia sociale», sarà condivisa anche dai funzionari locali, che dovranno essere messi sotto indagine da parte del Comitato di Partito e pubblicamente criticati. Le località in cui si sono avuti «multipli incidenti che provocano instabilità» - ovvero, le autoimmolazioni - saranno invece private di fondi governativi per tre anni, mentre i funzionari locali saranno sospesi e indagati dal Comitato di disciplina del Partito, recita il documento.
Il punto due della circolare prevede invece che a essere presi di mira siano tutti quegli individui che decidono di recarsi dalle famiglie di chi si è autoimmolato recando offerte, condoglianze, o anche solo per offrire i loro rispetti: questi individui dovranno essere «educati», e dovrà essere loro spiegato che le loro azioni sono «sbagliate, e avranno serie conseguenze». Chi si rifiutasse di ascoltare deve essere «strettamente represso»: questo, per evitare che chi sceglie il suicidio di protesta possa essere celebrato come un eroe. I punti successivi della circolare si soffermano invece sul modo in cui le punizioni devono essere distribuite tanto alle famiglie che ai villaggi, che a chi all’interno di essi mostra ammirazione o rispetto per gli autoimmolatisi. In conclusione, la circolare richiede che tutti i funzionari debbano fare il possibile per pubblicizzare il testo in questione e vederlo rispettato.