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 2012  novembre 27 Martedì calendario

Prima di Lusi, Fiorito e Maruccio, prima dei tesorieri della Lega che foraggiavano il Trota c’era lui

Prima di Lusi, Fiorito e Maruccio, prima dei tesorieri della Lega che foraggiavano il Trota c’era lui. A Palermo Alberto Acierno, deputato prima nazionale e poi regionale, passato per una serie di partiti del centrodestra, utilizzava come se fossero propri i soldi, le carte di credito e i conti della fondazione Federico II, diretta emanazione del parlamento siciliano, e poi anche quelli del Gruppo misto della stessa Assemblea regionale. Lui i contanti se li giocava al casinò on line. Ma se gli saltava in testa, faceva anche un viaggio alle Maldive, in dolce compagnia. Oppure, molto più banalmente, faceva la spesa al supermercato e si abbonava a Sky. L’ex direttore della Fondazione ed ex presidente del Gruppo misto aveva cercato di patteggiare, alla fine delle indagini, ma i giudici avevano ritenuto che la pena di due anni e dieci mesi non fosse sufficiente. Ieri, infatti, la quarta sezione del tribunale, presieduta da Vittorio Alcamo, lo ha condannato a sei anni e sei mesi, all’interdizione perpetua dai pubblici uffici e ha pure rimandato gli atti alla Procura, perché valuti se Acierno abbia calunniato l’ex presidente dell’Ars, Gianfranco Miccichè, e un funzionario della fondazione, da lui accusati di avere truccato le carte per metterlo nei guai. In più l’imputato dovrà pagare «provvisionali immediatamente esecutive» (lo aspetta dunque il risarcimento completo) da 102 mila euro alla stessa Federico II e 42 mila all’Ars, costituite parte civile, per volontà del presidente uscente del Consiglio regionale siciliano, Francesco Cascio, con l’assistenza dell’avvocato Enrico Sanseverino. La vicenda di Acierno, emblematica e ante litteram, è anche un po’ la sintesi delle tante brutte storie, scoperte solo di recente, dei tesorieri della Margherita e della Lega, del capogruppo del Pdl alla regione Lazio e del consigliere regionale dell’Italia dei Valori che aveva il vizio del gioco. L’ex deputato passato per Forza Italia, Udr, Udeur, Fiamma Tricolore, agiva con disinvoltura, acquistando vestiti, scarpe, abbonamenti a Sky, computer e materiale di alta tecnologia e anche facendo il pieno per il proprio yacht, diretto a Panarea. Tutto nella massima tranquillità e nella certezza, più che probabile, dell’impunità. Era stato il pm Sergio Demontis, che ha rappresentato l’accusa nel processo, ad avere l’intuizione e a fare arrestare Acierno, nel 2009, dopo avere ricevuto un rapporto della Guardia di Finanza che confermava i sospetti sull’uso perlomeno disinvolto delle carte di credito e del denaro pubblico da parte dell’ex deputato. Acierno, una volta non rieletto più né alla Camera né all’Ars, era stato dirottato, per volontà di Miccichè, alla Federico II, una fondazione che ha a disposizione una barca di soldi, dato che amministra il patrimonio culturale e artistico dell’Ars, il Palazzo Reale e la Cappella Palatina, visitate ogni anno da decine di migliaia di turisti da ogni parte del mondo. Il gettone del direttore era di 180 mila euro all’anno, ma evidentemente non bastava. Eppure era stato lui a fustigare i costumi, l’immoralità e gli sprechi altrui, anche con trasmissioni televisive in cui appariva vestito da Babbo Natale. Acierno aveva anche avuto modo di farsi notare quando, nel 2003, era alla guida del Gruppo Misto dell’Ars: si era fatto prestare 42 mila euro per ripianare i debiti, ma i debiti erano rimasti e i soldi erano spariti.