Luciano Ferraro, Corriere della Sera 27/11/2012, 27 novembre 2012
«Ho esagerato, in televisione ho spinto troppo. È tempo di cambiare e di tornare alla semplicità e alle ricette degli anni Cinquanta»
«Ho esagerato, in televisione ho spinto troppo. È tempo di cambiare e di tornare alla semplicità e alle ricette degli anni Cinquanta». Gianfranco Vissani, lo chef più mediatico d’Italia, fa un passo indietro e torna alle origini. Riparte da tre libri che saranno in vendita da oggi. Sono racchiusi in un cofanetto. Il titolo dell’opera è «L’altro Vissani» (edizioni Rai-Eri, 19,90 euro l’uno, 49,90 tutti e tre). I titoli dei volumi sembrano parlare di lui, invece indicano 600 ricette con altrettante foto e storie di cibi: «Primo tra tutti» (su antipasti e primi), «Secondo a nessuno» (su secondi, contorni e pane), «Dolce come pochi» (sui dessert). «È il mio lungo viaggio in Italia durato 25 anni, meglio di quello dell’Artusi — racconta —. Non sono soltanto libri di cucina: parlo di letteratura, di medicina e soprattutto di cultura, quella del territorio. Racconto i personaggi e i prodotti che ho incontrato in questo quarto di secolo con le ricette della tradizione, gli Anni Cinquanta rivisti e corretti, per piatti meno pesanti. E poi ho aggiunto la mia classifica dei migliori vini e cibi d’Italia». Vissani, 61 anni appena compiuti, base a Baschi, in Umbria, è sulla scena, con irruenza e fantasia, da decenni. Amato dai politici (ha cucinato per Massimo D’Alema, Tony Blair, Bill Clinton e Jacques Chirac), molto presente in programmi su tutte le reti e sui giornali, con ricette talvolta complicate dalla ricerca di ingredienti imprevedibili. «L’altro Vissani», in cui si è fatto ritrarre in copertina abbracciato alla mamma, sembra quasi un ritorno a casa, quando ancora frequentava la scuola alberghiera di Spoleto e il padre impresario edile lo portava in gita caricando sull’utilitaria polli e damigiane di vino. Il suo primo lavoro, all’Excelsior del Lido di Venezia, l’hotel dei divi del cinema, deve poi avergli fatto intravvedere il piacere di tuffarsi nel mondo dello spettacolo. «Ma ora la cucina spettacolo è superata», assicura Vissani, criticando i colleghi che hanno scelto la via del molecolare e delle spume come i seguaci di Ferran Adrià. «La cucina è diventata una giostra, un carosello. Abbiamo portato la gente, e anch’io ammetto le mie colpe, lontano dai ristoranti con le ricette. La responsabilità maggiore sono le ricette basate sulle formule chimiche. E abbiamo smarrito il nostro compito, quello dei paladini della terra: dovevamo continuare, come si faceva un tempo, a cercare i produttori migliori per garantire ai nostri clienti la qualità delle verdure, delle carni, dell’olio. Stiamo distruggendo il miglior prodotto da esportare, la cucina italiana». La crisi economica, «con la maggior parte dei ristoranti fuori dalle grandi città che lavorano solo il sabato e la domenica», ha fatto cambiare la visione del mondo allo chef-star: «C’è chi per ricavare un cubetto di carne d’anatra spreca un’anatra intera. Che senso ha? Si può puntare sulla ristorazione di qualità facendo spendere molto meno». Nel libro non ci sono solo le ricette delle famiglie italiane, come la faraona al vino rosso. Anche per piatti classici si trovano «piccole varianti che li alleggeriscono, in linea con i tempi e con la necessità di tornare in ufficio dopo il pranzo». Qui Vissani non rinuncia all’estro, e suggerisce percorsi arditi. Ad esempio, accanto alla formula prevedibile per i bucatini alla amatriciana, propone «una variante che può far arrabbiare i romani: frullare il sugo e metteterlo sul fondo di una coppetta, aggiungendoci una mousse di bucatini e per finire del pan di spagna bagnato alla Strega». Una linea che adotterebbe anche nel suo ristorante? «Al ristorante sono per il ritorno alla tradizione ma con la capacità di stupire: ovvero le combinazioni, come la melanzana alla parmigiana con una mousse di liquirizia. Anche se il mio sogno è un ristorante da 25 euro a pasto. Se potessi, ripartirei da un locale in cui far pagare poco». E cosa cucinerebbe? «Un bel risotto alla milanese con lo zafferano giusto e dei pezzi del migliore ossobuco. O un piatto di gnocchi fatti bene con ragù di agnello in bianco. Una cucina veloce e in grado di far star bene». Luciano Ferraro