Aldo Busi, il Fatto Quotidiano 25/11/2012, 25 novembre 2012
SE TROVO UN NEONATO È MIO MA I MIEI FIGLI SONO I FOGLI
[Non ne voglio, ma se me li levano sparo .Non ne voglio di miei, ma se uno lo abbandonano sono qui. Lo allevo, lo educo e se qualche giudice viene a togliermelo perchè sono omosessuale o single, compro una pistola. Parole girevoli. Quel che ho detto è stato piegato da una indebita proiezione cattolicheggiante. Come se io dicessi “Ho un cugino che vota la Lega” e mi ritrovassi titolato “Noi in famiglia tifiamo per un ritorno alla grande di Bossi e Berlusconi”] –
In questi giorni è uscito un rotocalco con una mia intervista il cui titolo è, tra virgolette e comunque fa fede la prima persona del verbo, "Mi manca solo un figlio", un falso frutto di indebita proiezione familistica e cattolicheggiante del direttore a sua volta proiettato sul gradimento dei suoi lettori standard. L´affermazione non è nel testo e, anche se tale è la mia bile che non lo leggerò stampato, lo so bene perché, tanto per cambiare, l´intervista l´ho riscritta da cima a fondo io senza alterarla, solo riscattandone la scrittura piatta e spesso incomprensibile e, anzi, neppure tentando di censurare un passaggio in cui la giornalista dice che non è riuscita a finire El especialista de Barcelona ("faticosissimo", lode finì) che secondo me neppure ha mai iniziato venendo meno a un suo preciso compito implicito nella condizione affinché concedessi l´intervista, che avrebbe dovuto consistere nel filtrare la questione Italia e ogni possibile tematica attraverso il romanzo (che nel corso dell´intervista ho dovuto a varie riprese spiegarle, visto che mi stava facendo inutili, fastidiose domande le cui risposte erano nel romanzo stesso). Il fatto di averne ribaltato la scrittura su livelli per lei impensabili, le attribuisce una credibilità che, andando contro i miei stessi interessi, può dissimulare la sua pigrizia di routine e darle una patente di gusto sicuro nel dare un passalà a El especialista de Barcelona e, quel che è peggio, è che se lei apparisse in pubblico per difendersi dalla mia lamentela e rettifica l´avrebbe vinta lei, perché è bella, femminilissima e invece di proferire concetti sussurra suoni con una erre appena appena moscia che incanta.
Farmi dire, per illecita parafrasi, che mi manca solo un figlio (e poi frittata completa, mi verrebbe da aggiungere) è una infamante carognata, un´affermazione lesiva della mia coerenza e quindi della mia integrità di carattere e del mio onore intellettuale e civile, poiché fa di me un fallito totale che ha lo stesso rimpianto di una cretina alla quale non è riuscita neppure l´inseminazione artificiale: ma se non figliare è l´unica cosa che ho azzeccato nella mia vita, romanzi a parte! Coi sette miliardi e mezzo che già siamo, non è così certo che sia socialmente e antropologicamente più lodevole chi insiste a trasmettere i suoi geni, sempre geniali, di uno o una che va scientemente di culo e partorisce, per quanto maternalmente e paternalmente, fecondantissimi ma inermi stronzi benvenuti in qualsiasi ecosistema da riequilibrare. Nell´articolo mi viene chiesto se ho mai avuto rimpianto di un figlio (e già a una domanda di questo genere dovrei essere fermo e accompagnare alla porta la graziosissima disgraziata che me l´ha posta dimostrando di non avere la più pallida idea della persona che, con la sua generosa intervista, contribuisce al suo stipendio di giornalista e a quello del suo direttore di testata) e io, per buona creanza e pazienza infinita, articolo il ricordo di una perdita affettiva allorché le mie adorate cinque nipotine, diventate grandi, mi piantarono in asso e osarono fare la loro vita cominciando con l´affronto di farsi un fidanzato (ho un buonissimo rapporto con tutti i miei nipoti acquisiti); ricordo anche di aver detto una cosa sensatissima che potrebbe dire chiunque con la testa sulle spalle, un frigo sufficientemente fornito e nemmeno un sorcio sgambettante per casa: se trovassi fuori dalla porta un neonato è mio, il destino, attraverso la madre, me l´ha portato ed è mio, porta il mio nome, lo allevo io, lo educo io, e se un qualche rintronato giudice dei minori me lo viene a togliere perché sono single o perché omosessuale o perché non ho più quarant´anni, per un sopruso così potrei trasformarmi davvero in un assassino, compro una pistola e sparo alla tempia del demente istituzionale che mi ha forzosamente separato dal naturale destino, forse non casuale, del trovatello. Basta questa ammissione che sono una mammola e in fondo e in superficie per farmi rinnegare la mia profondamente perseguita identità non geneticamente trasmessa? No. Anzi , la definisce ancora meglio: non voglio figli miei, ma se ci sono figli abbandonati di altri io sono qui. Se mai avessi voluto un figlio, anche a prescindere dalle tre signore, molto eugenetiche e pertanto molto sceme, che nel corso della mia esistenza mi hanno chiesto il dono di un paio di miliardi di spermatozoi, avrei contribuito alla sua nascita e di sicuro senza ricorrere a un utero in affitto, l´orribile pratica adottata dai gay più famosi, più ricchi e più spostati che basano la loro genitoriale felicità sull´ennesimo trauma di una donna, anonima o no, che per prestarsi a una cosa così de-genere deve essere fuori di testa dal dolore pregresso, inemendabile, che può solo essere esasperato, tanto che mi chiedo come questi padri possano guardare i loro figli sorridenti senza vedervi in contro luce la faccia inespressiva e mortuaria di chi li ha partoriti.
Sarebbe come se una donna onesta, sana, passionale, nel fiore degli anni (quindi anche settantenne) confidasse a una giornalista "Mi piace tanto fare l´amore" e il direttore (per il quale, parole sue dette a me di persona, "giornalismo uguale scandalismo", come a dire o questo o ciccia, o così o non si vende niente) titolasse "Sono una ninfomane insaziabile e mi piace anche farmi pagare perché se sei troia e non puttana non c´è gusto" ; sarebbe infamante come se io dicessi "Ho un cugino che vota Lega Nord" e mi ritrovassi titolato tra virgolette "Noi in famiglia tifiamo tutti per un ritorno alla grande di Berlusconi e Bossi "; sarebbe come se, a un domanda insensata, rispondessi sospirando "Mi piace fare qualche lavoretto di falegnameria nel tempo libero" e mi ritrovassi sparato a piena pagina "Quando ho un attimo mi faccio una sega tra l´incudine e il martello", sarà divertente al momento, ma non c´è di che stare allegri a lungo. I figli li fanno anche i cani e hanno il mio plauso incondizionato, perché i cani sono amorevoli e non abbandonano la prole né la usano per farsi fauci e artigli, ma poi a ognuno le sue competenze. Non è una novità, ho un debole per l´umanità e una fortissima carica sentimentale propria a qualsiasi genitore, ho un carattere più affettuoso e protettivo che cinico e distaccato, e ne vado fiero, ma non nutro rimpianti di alcun tipo e non mi manca niente e nessuno, a parte una compiuta giustizia sociale e poter ancora arrivare da mia madre con un mazzo di fiori che la scandalizzerebbe perché "costano cari e durano così poco, che me li compri a fare?", mentre sprofonderebbe la faccia e tirerebbe su col naso estasiata dal profumo. Gli altri hanno i figli, io i fogli: e allora?