Carlo Antonio Biscotto, il Fatto Quotidiano 24/11/2012, 24 novembre 2012
GOOGLE RISPOSE: GENGIS KHAN ERA GAY
[Il motore di ricerca è progettato per trovare le risposte (più sballate) a tutte le domande (più assurde)] –
Google e molti altri motori di ricerca sono dotati di una funzione, “autocomplete” o “Suggest”, che ultimamente è al centro di polemiche e di vicende giudiziarie. Questa funzione si limita a suggerire automaticamente le parole statisticamente più digitate dalla comunità degli utenti in associazione con le prime parole immesse. È quanto è successo tempo fa a un cittadino giapponese residente a Tokyo che ha citato in giudizio BigG perché digitando il proprio nome apparivano nella query parole che facevano riferimento a presunte attività criminali e condanne penali. L’avvocato Torita, legale del malcapitato abitante di Tokyo, ha detto che il suo cliente ha perso il lavoro e ha invano chiesto al motore di ricerca di disattivare la funzione “autocomplete”. I motori di ricerca si difendono dicendo che nell’elaborazione degli algoritmi di ricerca non vi è alcun intervento dell’uomo e che le associazioni sono solamente ipotetiche e non vanno considerate alla stregua di affermazioni. Insomma se digitando il vostro nome risulta che vi hanno condannato per pedofilia o per narcotraffico, Google ovviamente non ne ha alcuna responsabilità. È compito vostro convincere del contrario tutti i vostri conoscenti. Il sistema è concepito per associare, suggerire e rispondere. Sempre, anche alle domande più stravaganti e bizzarre.
Ci sono domande che facciamo ai familiari, agli amici, agli intimi e talvolta nemmeno a loro. E poi ci sono domande che si fanno a Internet. Da tempo i motori di ricerca pubblicano quali sono le domande più frequenti. Forse la curiosità più ricorrente riguarda gli orientamenti sessuali dei personaggi famosi. “George Washington era gay?” “Elton John è gay? Oddio, a questa rispondo anche da solo.” “Michael Bloomberg è gay?” “Paul Ryan è gay?” “George Clooney è gay?” Non si salvano da questa curiosità nemmeno Gengis Khan e il Papa. E la risposta immancabilmente arriva. Perché? Semplicemente perché appena digitiamo le prime parole la funzione “autocomplete” o “Suggest” anticipa cosa stiamo per chiedere in base alle domande che ricorrono con maggiore frequenza. In inglese basta digitare “Is” o “Was” all’inizio della frase e il motore di ricerca completa la domanda e fornisce la risposta.
Ma si può rispondere a domande del tipo: “Quando finirà il mondo”? Ovviamente no; eppure se fate la prova vi arriva la risposta esatta: il 21 dicembre 2012. Possiamo farci due risate, ma c’è poco da ridere. La data viene indicata senza incertezza ed è accompagnata da pareri di sedicenti “esperti” e “scienziati” disposti a giurare che tra meno di un mese non ci sarà più traccia del nostro pianeta. E poi ci chiediamo da dove viene il panico che sta dilagando in certe parti del mondo con l’avvicinarsi della fatidica data. Negli Stati Uniti sono già stati segnalati alcuni casi di suicidio.
A essere maliziosi, macabri, offensivi, invidiosi siamo noi, non i motori di ricerca che – affermano i dirigenti di Google – si limitano a registrare le nostre curiosità, le nostre manie, le nostre debolezze e i nostri pregiudizi. Prova ne sia – dicono sempre loro – che digitando “gli americani sono…” la funzione “autocomplete” aggiunge parole come grassi, stupidi e patriottici. Mentre se digitiamo “i cinesi sono…” arrivano gli aggettivi magri, maleducati e intelligenti. E noi italiani? Maleducati, bugiardi e con la pelle scura.
I motori di ricerca sembrano diventati strumenti di diffusione di pregiudizi razziali e di genere, di superstizioni, di maldicenze, di leggende metropolitane, di sciocchezze miracolosamente assurte alla dignità di verità scientifiche inoppugnabili. A proposito, Neil Armstrong è musulmano? Certo che sì, risponde Google. La fonte? WikiIslam che fornisce le “prove” della sua conversione. E Gengis Khan era gay? Certo, aveva avuto una relazione con Jamuga, suo futuro nemico. Chi lo dice? Internet. Ah, beh.