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 2012  novembre 25 Domenica calendario

IL PAPA FA RECORD DI CARDINALI MA CHI COMANDA È L’AMERICA

[Con 6 nuove nomine i porporati salgono a 120, il massimo previsto Ridisegnate così le gerarchie vaticane. Che pendono verso gli Usa] –
Papa Benedetto XVI ha crea­to ieri sei nuovi cardinali, nessu­no di questi europeo. I nuovi porporati provengono da tre continenti: America, Africa e Asia, terre di confine di Chiese giovani e in notevole espansio­ne. Si tratta di monsignor Ja­mes Michael Harvey, già prefet­to della Casa Pontificia, nomi­nato ieri arciprete della Basili­ca Papale di San Paolo fuori le Mura; Sua Beatitudine Bécha­ra Boutros Raï, patriarca di An­tiochia dei Maroniti (Libano); Sua Beatitudine Baselios Clee­mis Thottunkal, arcivescovo maggiore di Trivandrum dei Si­ro- Malankaresi (India); monsi­gnor John Olorunfemi Onaiyekan, arcivescovo di Abuja (Nigeria); monsignor Ru­bén Salazar Gómez, arcivesco­vo di Bogotà (Colombia), e monsignor Luis Antonio Tagle, arcivescovo di Manila (Filippi­ne).
Con questa creazione i car­dinali elettori ( in caso di concla­ve sono coloro che possono eleggere il Papa) salgono a 120, il numero massimo previsto già da Paolo VI. In generale il Paese con più rappresentanti è l’Italia (50 cardinali), seguito a ruota dagli Stati Uniti che conta 22 porporati. E sono proprio que­sti ultimi che stanno assumen­do un peso sempre maggiore fra le gerarchie della Chiesa.
Si sono schierati durante le elezioni contro Obama, scotta­ti da una riforma sanitaria che lede- così dicono- la libertà reli­giosa e il diritto alla vita, e han­no perso. Eppure il loro peso nella Chiesa cattolica non ac­cenna a diminuire anzi aumen­ta. Tendenzialmente conserva­tori, poco inclini a compromes­si con le istanze della contem­poraneità, fedelissimi a Pietro e alla Chiesa di Roma, sono una delle maggori novità della Chie­sa di inizio millennio, differenti per stili e sensibilità teologiche ai confratelli europei molti dei quali, per vicinanza territoria­le, sono più inclini a subire il fa­scino del mondo protestante.
Leader oggi del mondo ameri­cano è Timothy Dolan, arcive­scovo di New York e capo dell’ episcopato, ama evangelizzare birra alla mano nei pub della cit­tà. Spesso in radio, in tv, pensa che il gregge vada cercato per strada e non atteso nelle sa­grestie. Appas­sionato di ba­seball è uno dei migliori frontman del cattolicesimo d’oltreocea­no. In carne e amante della buona tavola, Dolan scher­za sempre col proprio peso dicendo di «aver preso un dottorato in dietolo­gia », per quan­te diete ha se­guito nel cor­so degli anni (a dir la verità con scarsi ri­sultati). Il suo mandato alla guida della Conferenza episcopale del paese sca­drà fra un an­no circa. Per la successio­ne i giochi so­no aperti ma c’è chi è pron­to a scommet­tere sull’arci­vescovo di Los Angeles José H. Gó­mez. Ispani­co, darebbe peso all’inter­no del cattolicesimo america­no alla fazione più numerica­mente emergente, quella ap­punto dei ladinos. Se Dolan è l’esponente princi­pe di un conservatorismo non timoroso del mondo, Sean Pa­trick O’Malley, arcivescovo di Boston, è il nobile esponente di un cardinalato meno di batta­glia ma non per questo meno in­fluente. Dice di lui il vaticanista John Allen: «O’Malley è un prin­cipe della chiesa che preferisce il suo semplice abito cappucci­no marrone alla raffinatezza sartoriale a cui il suo ufficio gli dà diritto». «San Francesco ha detto che dovremmo abbrac­ciare il Vangelo sine glossa , il che significa senza scuse - ha detto recentemente un altro presule di peso del mondo sta­tunitense, l’arcivescovo di Fila­deflia Charles Jospeh Chaput- . In questo senso io non posso che definirmi altro che un cap­puccino. Se la gente vuole sape­re chi sono deve andare a stu­diare la tradizione cappucci­na ».