Mattia Feltri, La Stampa 25/11/2012, 25 novembre 2012
LA LUNGA DIASPORA DI FORZA ITALIA
[Scissioni, rancori e annunci nella dissoluzione del capitale politico] –
Ma non si chiamerà Forza Italia 2.0, col rischio che sembri la percentuale. Forse non sarà nemmeno un partito, o forse sì, oggi lo sembra, domani chissà, soltanto Angelino Alfano è obbligato a prendere tremendamente sul serio l’andirivieni di Silvio Berlusconi, a questo punto più spassoso che stucchevole. Il milionesimo atto di sbriciolamento di un partito che era nato come la più semplice delle somme, Forza Italia più Alleanza Nazionale, uno più uno. Ecco che cosa è, anche se lo strappo di Berlusconi non produrrà più delle briciole, ma una piccola frana (vista la dimensione attuale di quella che era una montagna).
Paradossalmente, ma neanche tanto, questo millesimo annuncio di Berlusconi può persino ridurre la frantumazione prodotta in un anno di regno senza re. L’ultima scissione è stata tre giorni fa quella di Isabella Bertolini insieme con Gaetano Pecorella, Giorgio Stracquadanio, Franco Stradella e Roberto Tortoli, traslocati al gruppo in attesa di strutturare la nuova formazione, Italia Libera . Tra l’altro su internet c’è già un sito chiamato così, ed è il sito di una lista civica nazionale, anticasta e che si rifà al pensiero di Gesù e Sandro Pertini, nell’ordine. Al di là di queste notarelle, Italia Libera nasce con l’idea, dice la Bertolini, di avvicinarsi «a Verso la Terza repubblica (di Luca Cordero di Montezemolo, ndr), al movimento di Oscar Giannino, alla Lista per l’Italia di Casini e Fini». E quindi a Mario Monti, che nel Pdl ha già un bel drappello di fan capitanati da quell’uomo estremamente duttile che risponde al nome di Franco Frattini, il quale l’altro giorno ha incontrato Monti alla Camera e non ci è girato attorno: «Sa che sono sempre più montiano?». Esattamente l’opposto dello spirito che ha animato l’ex superraìs dell’Economia, Giulio Tremonti, che invece quando sente parlar di governo dei tecnici ha reazioni cutanee; con la sua 3L (Lista lavoro e libertà) saluta il vecchio amico Silvio e intende portare in Parlamento tanti giovani, una certa idea post-leghista di territorialità, qualche risvolto giuslavoristico delle Sacre scritture: il lavoro che dà il pane col sudore della fronte e non con la speculazione di Borsa.
Ecco, questo è il fermento. Arriva pure il gruppo di Emilio Fede, una bella rivisitazione pop dal Maurizio Costanzo Show ( Vogliamo Vivere ) e un altrettanto bel sito con tutte le foto della carriera del titolare. Si tratta di un movimento di opinione che scivola fra due paletti ben piantati: un altro no ai tecnici al comando e un no altrettanto marmoreo «al Pdl nelle mani della Santanché» (che però adesso dovrebbe seguire Berlusconi in Forza Italia 2.0 o come diavolo si chiamerà). L’eventuale caduta di uno dei due presupposti non dovrebbe scoraggiare Fede, persuaso di portar nell’urna il milione di telespettatori che lasciò al Tg4.
Ora può capitare di tutto. Davvero non è così folle pensare agli ex An che se ne vanno con qualche berlusconiano esacerbato. Non è folle pensare a un passo dei democristiani, gli scajoliani (mica pochi), quelli di Beppe Pisanu, la famosa «casa dei moderati» di cui parla Giuseppe Galati anche a nome di Mario Baccini, a dare l’idea che nulla più si tiene. C’è chi spera di agganciarsi a Casini, ma prima deve capire dove Casini intenda andare; chi spera di agganciarsi a Montezemolo, ma la filosofia di quel partito è di aprir le porte alla società civile e chiuderle alle cariatidi. Che fare? E che faranno i formattatori di Alessandro Cattaneo, il sindaco di Pavia che per qualche tempo pareva avere le sembianze del fantomatico Renzi di destra? Che farà Roberto Formigoni, che pure si porta dietro simpatie non del tutto sopite di Comunione e liberazione, e ora è in contrasto plateale con Berlusconi che candida Roberto Maroni alla presidenza della Lombardia (a nome di ex leader del Pdl o a nome di leader in pectore di Forza Italia 2.0 , non si sa)? E infine, e soprattutto, quanto contano di spartirsi?