Marco Belpoliti, La Stampa 26/11/2012, 26 novembre 2012
Quando Sylvan Nathan Goldman nel 1936 inventò i carrelli per la spesa, ispirato da una sedia pieghevole, non aveva certo pensato alle conseguenze della sua creatura
Quando Sylvan Nathan Goldman nel 1936 inventò i carrelli per la spesa, ispirato da una sedia pieghevole, non aveva certo pensato alle conseguenze della sua creatura. La sua idea era piuttosto quella d’aiutare le clienti a trasportare con più facilità i prodotti acquistati, e nel contempo aumentare la capienza dei cestelli medesimi, per fare comprare di più nel suo supermercato di Oklahoma City. Adesso i carrelli, simbolo della società opulenta – la loro dimensione è aumentata in Italia negli ultimi decenni in proporzione alla dimensione dei supermercati –, sono un problema. Vengono infatti abbandonati nelle strade delle città. A Milano l’azienda della nettezza urbana, Amsa, ne recupera 2000 l’anno. Le due categorie più coinvolte nell’abbandono, stando ai giornali, sarebbero i pensionati e gli extracomunitari, che li spingono fin sotto casa con la spesa, e li lasciano parcheggiati sul marciapiede, o tra le auto. Nella città lombarda sembra che il fenomeno sia diffuso prevalentemente nelle zone periferiche e nell’hinterland. Il danno per i supermarket non è irrilevante; i carrelli costano tra i 100 e 160 euro l’uno, e l’Amsa si fa pagare, per restituirli alle catene proprietarie, 15 euro a pezzo. I gestori dei megastore e dei supersupermercati avevano pensato che sarebbe bastata l’invenzione di David J. Schonberg, brevettata nel 1991, che introduceva lo sblocco del carrello mediante moneta. La necessità di recuperare la moneta si riteneva fosse un deterrente all’asportazione del carrello. Ma evidentemente non è così: la comodità di spingere la spesa fin sotto casa vale l’euro abbandonato dentro la serratura. Inoltre, basta dare una secca martellata al sistema di chiusura per recuperarla. Nei low cost dei super, ad esempio Lidl, hanno installato da qualche tempo un’asta verticale al carrello stesso, per impedire di portarlo fuori dalle porte del negozio. Non è una soluzione, perché si perde la possibilità di portare le merci acquistate fino alla macchina. L’introduzione dei nuovi sacchetti ecologici e la scomparsa della plastica, poi, ha reso più problematico il trasporto dei beni acquistati. Urge un inventore che brevetti qualche semplice soluzione, poco costosa per i gestori dei mercati. Non sarà facile. O forse basterebbe un servizio di consegna a domicilio, a prezzi bassi, magari ottenibile con i punti: servizi invece di merci. In sintonia con i tempi che viviamo.