Antonio Polito, Corriere della Sera 24/11/2012, 24 novembre 2012
Una manifestazione che si conclude senza violenze di questi tempi va festeggiata, perché non è la norma come dovrebbe essere
Una manifestazione che si conclude senza violenze di questi tempi va festeggiata, perché non è la norma come dovrebbe essere. Soprattutto se era a rischio come quella di ieri, un possibile match di ritorno tra estremisti e polizia dopo le botte del 14 novembre. Invece la vendetta si è fatta sarcasmo («Semo venuti già menati», diceva uno striscione) e ai poliziotti non è parso vero di poter evitare il pugilato almeno di sabato. Ma più che alle dinamiche di piazza, spesso misteriose per chi non sia addetto ai lavori, è alla ragion politica che forse bisogna guardare per capire perché con gli stessi protagonisti, con le stesse piattaforme, negli stessi luoghi, una volta ci si mena e una volta no. Il fatto è che la violenza non nasce spontaneamente in piazza, ma è decisa e programmata in anticipo dai gruppi che vi fanno abitualmente ricorso e che non a caso si presentano ai cortei meglio equipaggiati delle forze dell’ordine. Siccome questi gruppi fanno politica con la violenza, essi la graduano in ragione del raggiungimento di obiettivi politici. Il primo dei quali è il rapporto con il movimento. Se con la violenza si può avere successo, e addirittura fare proselitismo al suo interno, allora giù i caschi e su le mazze. Ma se il movimento la rifiuta perché è scosso, ferito o anche solo spaventato, come era ieri, allora gli ultrà si prendono una pausa perché sanno che ne sarebbero respinti. Si può infatti usare la violenza ai margini di un movimento di massa, sfruttandone la copertura anche a sua insaputa: ma non si può usare la violenza contro un movimento di massa. Dipende dunque dall’ampiezza dell’area grigia di chi non spacca le vetrine ma simpatizza con chi spacca le vetrine, se le vetrine verranno spaccate oppure no. Paradossalmente, proprio la protesta pacifica di ieri dimostra che chi va in piazza ha sempre il potere di fermare e isolare i violenti, anche quando non lo fa. Gli estremisti ieri in piazza c’erano. Un corteo dei Cobas della scuola, gente abbastanza in là negli anni, sfilava al grido di «è finita la pazienza, insegniamo disobbedienza». Stavolta gli studenti hanno disobbedito a loro. E questo è da festeggiare. Antonio Polito