Roberta Mercuri, Foglio dei fogli 19/11/2012, 19 novembre 2012
lo gnoccagate che ha inguaiato petraeus – Venerdì 9 novembre David Petraeus, 60 anni, l’ufficiale più celebre dell’esercito americano degli ultimi dieci anni, nominato da Obama a capo della Cia nel 2011, si è dimesso per una relazione extraconiugale con la scrittrice Paula Broadwell, autrice di una biografia a lui dedicata: All In – The Education of David Petraeus, realizzata nel corso di un anno da lei trascorso in Afghanistan
lo gnoccagate che ha inguaiato petraeus – Venerdì 9 novembre David Petraeus, 60 anni, l’ufficiale più celebre dell’esercito americano degli ultimi dieci anni, nominato da Obama a capo della Cia nel 2011, si è dimesso per una relazione extraconiugale con la scrittrice Paula Broadwell, autrice di una biografia a lui dedicata: All In – The Education of David Petraeus, realizzata nel corso di un anno da lei trascorso in Afghanistan. [1] «Dopo essere stato sposato per più di 37 anni, ho mostrato così poco giudizio lanciandomi in una storia extraconiugale. È un comportamento inaccettabile sia come marito sia come capo di un’organizzazione come la nostra» (dalla lettera di dimissioni di Petraeus). [2] Petraeus fu quello che teorizzò e attuò il «surge», l’intensificazione temporanea dello sforzo bellico in Afghanistan e Iraq, che preparò e rese possibile il progressivo ritiro delle truppe. [1] Il generale quattro stelle, figlio di un capitano di lungo corso olandese «che ha nome e cognome da gladiatore romano, Sixtus Petraeus» e di Miriam, una bibliotecaria che gli ha trasmesso l’amore per i libri. A Cornwall-on-Hudson, il paesino dei Petraeus a 70 chilometri da New York, ricordano ancora che a David veniva dato un punteggio per tutto quello che faceva, non solo a scuola ma anche faccende domestiche, attività sportive, escursioni coi boy scout, messe in chiesa: «Si chiamava “punteggio dell’uomo completo”, ed era la cosa che David prendeva più sul serio, racconta l’amica d’infanzia Heather O’ Dell». [3] La biografia scritta da Paula, in realtà «una smaccata dichiarazione pubblica d’amore, tanto che quando va al Daily Show di Jon Stewart a parlarne, il comico a un certo punto la interrompe: “La cosa più controversa in questo libro è capire se Petraeus sia bellissimo o incredibilmente bello”». [3] Il generale Petraeus, «signore tristanzuolo, dentone, con orecchie da star trek e capelli da playmobil», porta il parrucchino. [4] A Bagdad Petraeus amava correre almeno dieci chilometri sotto il sole a 50 gradi. [3] Paula Broadwell, 40 anni, militare esperta in antiterrorismo e intelligence, laureata ad Harvard, bella, occhi verdi, «una pelle fatta apposta per le carezze, come i gatti», fanatica del fitness, sposata con un radiologo di nome Scott, due figli. [5] Hollister “Holly” Knowlton, 60 anni, moglie di Petraeus dal 1974. «[...] occhiali, un carré biondogrigio che non conosce parrucchiere, fisico ispessito dagli anni, zero trucco e zero vezzi». [6] Petraeus e la moglie hanno due figli, Anne e Stephen: quest’ultimo, che ha studiato al Mit di Boston, è stato anche soldato in Afghanistan (per due volte) in un’unità di paracadutisti dell’esercito statunitense che ha base alla Caserma Ederle di Vicenza. «Alcune ricostruzioni giornalistiche hanno descritto la moglie come una sorta di casalinga silenziosa e all’ombra del marito: in realtà Holly Petraeus è una donna dalle riconosciute capacità, discendente di una famiglia di militari di carriera nell’esercito statunitense da almeno quattro generazioni, che è stata per sei anni direttrice di un’organizzazione che si occupa di assistenza finanziaria ai militari e alle loro famiglie». [7] La storia di Petraeus con la scrittrice sarebbe iniziata un paio di mesi dopo che lui era stato nominato direttore della Cia. Le sue e-mail a luci rosse (in una, per esempio, raccontava il desiderio di fare sesso sotto la scrivania) furono intercettate e archiviate dall’Fbi per proteggerlo da eventuali ricatti. Si sa anche che la donna provò ad avere accesso a informazioni top secret attraverso di lui e fu perciò messa sotto inchiesta. Mollato, Petraeus cominciò a tempestarla con migliaia di messaggi. [8] Pare che Paula in Afghanistan fosse troppo disinvolta, che si prendesse troppe confidenze: magliette attillate, rivelazioni su Facebook di quello che veniva a sapere ecc. Petraeus dovette a un certo punto richiamarla all’ordine. «Non c’erano filtri per lei» dicono vari testimoni che si trovavano sul posto, «Non sembrava una scrittrice impegnata a raccogliere informazioni ma piuttosto una seguace». [9] «Se è vero che, quando a una certa età si perde la testa per qualcuno molto più giovane, di solito lo si fa per ritrovare anche la propria giovinezza, allora è chiaro perché il generale David Petraeus, 60 anni, si facesse chiamare da Paula Broadwell, 40, con il soprannome che gli avevano dato al liceo. Peaches. Pesche. Un po’ per le guance perfette e vellutate, un po’ per la fresca cordialità, un po’ per la perfida legge che governa l’assegnazione dei soprannomi: perché già si capiva che tanta perfezione dovesse per forza nascondere qualcosa di più reale, di più difettoso, di più umano». [3] «Un particolare molto curioso – e comico – riportato dal Washington Post è che Petraeus e Broadwell si scambiavano messaggi email, durante la loro relazione, usando un metodo “spesso utilizzato dai terroristi”. I due avevano aperto un account di Gmail apposta per potersi scambiare messaggi e si lasciavano messaggi in bozze, senza inviarli mai, rendendo più difficile seguire il traffico email». [7] La storia di Petraeus con la Broadwell saebbe uscita fuori per via di una mail furibonda di Paula a una Jill Kelley, 37 anni, origini libanesi ma residente a Tampa (Florida), assai sexy, amante della bella vita, madre di tre bambini e sposata con Scott, cardiologo (il marito di Paula è radiologo). Paula, non si sa quanto a ragione, temeva che Jill avesse una storia col generale. Petraeus, la moglie Holly e la coppia Jill-Scott erano parecchio amici e ci sono foto che li mostrano insieme. [9] C’è chi non esclude che le dimissioni di Petraeus siano in qualche modo legate all’assalto al consolato americano di Bengasi (in cui morirono l’ambasciatore Usa a Tripoli e altre tre statunitensi) e con le presunte responsabilità della Cia, specie dopo le indagini condotte sul campo dall’Fbi. [10] Venerdì 16 novembre Petraeus è riapparso in pubblico per la prima volta dopo lo scandalo arrivando al Campidoglio di Washington, sede del Congresso federale, per l’annunciata audizione a porte chiuse davanti alla commissione Servizi Segreti della Camera dei Rappresentanti. L’ex direttore generale della Cia, che di fronte ai parlamentari è apparso dispiaciuto ma senza perdere il piglio di uomo «forte, molto professionale e concreto nell’esporre la sua versione dei fatti», s’è scusato per il sexy scandalo, ha negato ogni legame tra le sue dimissioni e il caso di Bengasi e ha anche messo in chiaro come la Cia non abbia mai sottovalutato la situazione che si creò davanti al consolato Usa, parlando subito di terrorismo e indicando i probabili autori. «Petraeus ha però voluto sgombrare il campo da quelle che per lui sono solo illazioni: non fu la Casa Bianca ad interferire per edulcorare la versione dei fatti in piena campagna elettorale, come accusano molti repubblicani. A togliere quel riferimento alla matrice terrorista dell’attacco – avrebbe spiegato – fu qualcun altro, al tavolo in cui tutti i responsabili delle principali agenzie di intelligence americane si sedettero per valutare la situazione. Da quel tavolo – ha affermato il parlamentare repubblicano Adam Cliff – “venne fuori una valutazione che forse era la migliore possibile, senza compromettere informazioni classificate come segrete. I cambiamenti furono forse fatti per proteggere informazioni segrete”. Fatto sta che nei giorni scorsi il Wall Street Journal ha ricostruito gli ultimi tempi di Petraeus alla Cia, raccontando di screzi e dissapori con i vertici delle altre agenzie di intelligence proprio sui fatti di Bengasi. Lo scontro politico sulla vicenda è comunque destinato a protrarsi. Anche perché in ballo c’è la reputazione dell’ambasciatrice Usa all’Onu, Susan Rice, indicata come il futuro segretario di Stato. E che cinque giorni dopo Bengasi in tv parlò di tragedia provocata da una manifestazione degenerata». [11] Petraeus non è l’unico pezzo grosso coinvolto nel sexy scandalo. L’Fbi ha scoperto che Jill Kelley in due anni ha ricevuto più di ventimila email di natura «flirtatious» (ammiccante) dal generale dei marines John Allen, 58 anni, che sostituì Petraeus in Afghanistan (ora doveva andare a dirigere le forze Nato in Europa ma Obama ha fermato tutto). La Kelley potrebbe anche essere una spia. Indubbio il suo fascino dato che anche il detective dell’Fbi che indagava sul caso – Frederick W. Humphries, 47 anni – s’infatuò di lei (e a un certo punto le spedì sul cellulare foto sue mezzo nudo e in pose sensuali). [12] «Anche il coinvolgimento nello scandalo di un altro nome eccellente, il generale John Allen, a capo delle forze Isaf in Afghanistan, ha fatto molto discutere. Allen ha dato la sua piena disponibilità a collaborare alle indagini sulle migliaia di email che ha scambiato con Jill Kelley, amica di famiglia dei Petraeus, al centro del caso. Ma gli episodi preoccupano il segretario alla Difesa, Leon Panetta, che ha ordinato un’inchiesta al Pentagono per stabilire perché così tanti generali ed ammiragli siano stati coinvolti in problemi di natura legale ed etica. Quello di Petraeus è un caso eclatante, ma ci sono altre inchieste penali ed amministrative che hanno coinvolto nei mesi scorsi vertici militari. Come il vicecomandante dell’82esima divisione aerotrasportata che lo scorso maggio è stato sollevato dal suo incarico in Afghanistan ed ora deve fronteggiare delle accuse di aggressione sessuale e adulterio. Panetta vuole fare chiarezza, preoccupato dell’impatto di simili episodi sull’opinione pubblica. Per questo ha richiesto un esame sul comportamento etico di tutti gli ufficiali attraverso dei programmi che determinino se questi siano adeguati alla loro missione. Il caso Petraeus, argomenta Panetta, “può avere il potenziale di erodere la fiducia della gente nella nostra missione, nel nostro sistema e nei nostri alti standard etici”». [13] Dopo il caso Petraeus il New York Times ha elencato gli altri recenti scandali che hanno coinvolto i militari Usa. Qualche esempio: il generale di brigata Jeffrey A. Sinclair, ex vicecomandante dell’82esima Airborne Division in Afghanistan, rischia un processo per adulterio, cattiva condotta sessuale e forzata sodomia (su cinque donne); James H. Johnson III, ex comandante della 173a Airborne Brigade, è stato espulso dall’esercito dopo essere stato condannato per bigamia (aveva una relazione impropria con un’irachena); nella Lackland Air Force Base, in Texas, sei istruttori sono stati accusati da reclute femminili di crimini che comprendono stupro e adulterio; ecc. [14] Nella settimana più calda della vita di David Petraeus, il colonnello Steven Boylan è stato una delle pochissime persone che hanno avuto accesso all’ex generale e alla sua famiglia. «I due hanno parlato tutti i giorni, confrontandosi sugli sviluppi dello scandalo, sulla reazione dei media, sui prossimi passi da fare. Oggi è uno dei pochi a poter raccontare davvero come sta l’uomo più discusso d’America. “È triste, naturalmente. Ed è imbarazzato: sa di aver fatto un errore terribile – racconta al telefono – è a casa, non ha quasi messo piede fuori da quando è successo tutto. Insieme a lui ci sono la moglie e i figli. Potete immaginare come stanno: Holly (la signora Petraeus, ndr) è a dir poco furiosa. I figli sono quantomeno delusi. Ma sono insieme: e stanno provando ad affrontare tutto questo insieme”». [15] «Dopo il momento Moccia sul palco di Chicago con i ringraziamenti caramellati di Obama che grida alla moglie il suo amore e le figlie vestite come Barbie Magia della moda che lo abbracciano, l’America aveva proprio bisogno di un bel Gnoccagate coi controfiocchi. Di un inciucio a metà tra la spy story e Neri Parenti in cui corna e giochi di potere restituiscono al Paese un’immagine più realistica, molto più vicina alla vita reale dell’abbraccio più retorico e ritwittato di sempre. Perché nel gran casino in cui s’è andato a ficcare l’ormai ex capo della Cia col nome di un lanciatore di giavellotto russo, David Petraeus, c’è davvero tutto: sesso, potere, politica, spionaggio, mogli e mariti traditi, dimissioni e mail piccanti. C’è la Mata Hari sexy come nei migliori 007 e la moglie racchia come nei peggiori Cinepanettoni. Ma soprattutto, ci sono gli uomini, con le loro debolezze, le loro ingenuità, quella loro vulnerabilità di fronte alla gnocca che li rende tutti uguali, dal camionista barese al capo della Cia». [16] «Mi sono fottuto» (prime parole di Petraeus all’amico Steven Boylan appena sono uscite le voci sullo scandalo). [15] (a cura di Roberta Mercuri) Fonti: [1] Tutti i giornali del 10/11; [2] Angelo Aquaro, Repubblica.it 9/11; [3] Marco De Martino, Vanity Fair 14/11; [4] Valeria Braghieri, Il Giornale 13/11; Erika Riggi, Gazzetta.it 13/11; [5] Corriere.it 9/11; Valeria Braghieri, Il Giornale 13/11; [6] Erika Riggi, Gazzetta.it 13/11; Il Post 14/11; [7] Il Post 14/11; [8] Tutti i giornali del 10/11; Il Post 14/11; [9] Guido Olimpio, Corriere della Sera 12/11; [10] Corriere.it 10/11; [11] Ansa 16/11; [12] Cds 14/11; Il Post, 14/11; Repubblica.it 15/11; [13] Repubblica.it 15/11; [14] Thom Shanker, New York Times 12/11; [15] Francesca Caferri, la Repubblica 16/11; [16] Selvaggia Lucarelli, liberoquotidiano.it 10/11.