Antonio Signorini, Il Giornale 22/11/2012, 22 novembre 2012
C’È UN TESORO DI 30 MILIARDI NELLE CASE DEGLI ITALIANI
[Così ci si difende dalle voci su una patrimoniale o da prelievi forzosi Ma si sottraggono fondi destinati a un impiego virtuoso per l’economia] –
Saremo ai primi posti per diffusione di smartphone, sempre più convinti dai pagamenti con i mezzi elettronici, ma al tesoretto in contante non rinunciamo. È sempre stato così, un tratto del nostro carattere ben conosciuto a Bruxelles e a Francoforte, visto che il 20 per cento degli euro in circolazione si trova nello Stivale. Ma è anche una risposta alla crisi e a tutte le incertezze che si porta dietro. Tra le autorità monetarie e i palazzi del governo circola una stima. In Italia ci sono almeno 10 miliardi che restano nel materasso o sotto il mattone. Non contante utilizzato per gli scambi, né la liquidità che alimenta l’economia sommersa, semmai una forma alternativa di risparmio, al riparo dai possibili rischi associati al denaro smaterializzato. Stima prudentissima, più probabile che quella reale si avvicini ai 20-30 miliardi. Soldi tesaurizzati, sottratti agli investimenti e ai consumi. In qualche misura un problema. Difficile anche da quantificare, non solo in Italia.
Nel 2008 la Bce avviò un sondaggio tra i cittadini dell’eurozona per capire le dimensioni del fenomeno. I risultati non furono resi noti perché ritenuti errati. Gli intervistati non erano stati sinceri, avevano dichiarato cifre troppo basse.
In Italia il fenomeno è più marcato che altrove, per ragioni culturali e negli ultimi tempi c’è un ritorno al risparmio più antico e meno evoluto. In qualche misura possono avere pesato i diversi allarmi euro lanciati nei mesi scorsi. La prospettiva di un ritorno alla lira, o la divisione in due della moneta unica, con l’adozione in Italia di un euro diserie B possono avere incoraggiato i risparmi in contante. Il denaro nei conti in banca può essere convertito, e quindi perdere valore, a seguito di una decisione delle autorità monetarie, ma i valori di carta e metallo no.È un po’ la stessa motivazione che ha spinto migliaia di greci e spagnoli nelle fasi più acute della crisi ad affollare i bancomat, privando gli istituti di credito di liquidità.
Scenari che in Italia non si sono verificati perlomeno non in modo eclatante. Possibile che a spingere il risparmio in contanti siano le voci su una patrimoniale o comunque di una misura straordinaria per salvare i conti (o per fare più spesa pubblica, come vorrebbe il centrosinistra). In questo caso pesano precedenti precisi. Il prelievo notturno del 6% dai conti deciso da Giuliano Amato nel 1992. Un ricordo ancora vivo nella memoria di molti italiani. Chi allora aveva soldi sotto il mattone, si salvò dal salasso.
Le stime in questi casi sono molto difficili. I dieci miliardi sono una base, ma è possibile che si arrivi alla soglia di 50 miliardi di euro. Attenzione, non cifre in nero. Sono soldi regolarmente guadagnati, tenuti a pieno titolo nelle case e nei portafogli (veri) degli italiani. Niente di male, se non fossero anche sottratti a un impiego virtuoso per l’economia.
Alle banche, che (in teoria) dovrebbero utilizzarle per gli impieghi e quindi per fare crescere l’economia. In investimenti finanziari, compresi i titoli di Stato. Oppure per i consumi, che negli ultimi mesi hanno subito il calo più marcato dal dopoguerra.
Per «stanare» il contante che ristagna tra le mura domestiche né il governo né la Bce possono agire attraverso atti di forza. Il cambio della valuta potrebbe essere un incentivo. Dal 2013 arriveranno i nuovi euro, ma il cambio non farà riemergere i risparmi dai materassi.
Quando scaddero i termini per cambiare le lire, emersero risparmi di singoli cittadini di grande valore, anche centinaia di migliaia di euro. Il prossimo anno non succederà niente di simile. Le nuove banconote sostituiranno le vecchie gradualmente. Impossibile, allo stesso tempo, obbligare i cittadini a mettere altrove «il malloppo».
Al massimo- come è stato fatto con l’obbligo di accreditare le pensioni in un conto in banca- si possono indirizzare le entrate future, ma lo stock non si può toccare. Resta la moral suasion . Dimostrare che delle istituzioni ci si può fidare, convincendo gli italiani che non si metteranno le mani nei conti correnti e non si colpiranno i patrimoni.