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 2012  novembre 22 Giovedì calendario

DAL MATERASSO AL BATTISCOPA IL FASCINO DI TENERE I CONTANTI

[Molti cittadini senza banconote in mano si sentono poveri: aumenta il numero di chi preferisce tenere i risparmi sotto stretto controllo personale al riparo da colpi di mano] –
Gli sceicchi camminano su giacimenti di petrolio, noi dormiamo su materassi di biglietto­ni. Si calcola che il patrimonio sommerso possa arrivare fino a cinquanta miliardi. È l’Italia del risparmio fai da te, gestito senza intermediari, finanziarie e consulenti, un risparmio che rende interessi zero, che perde ogni anno il valore dell’inflazio­ne, ma che ripaga con la sicurez­za. Anche questa un’Italia al tempo della crisi? Certo che sì. La congiuntura ansiogena del­l’­ultimo decennio scatena le reazioni più istintive: quando tira una certa aria, conforta tenere i risparmi sotto stretto controllo personale, al riparo da colpi di scena e colpi bassi. Però c’è an­che dell’altro. C’è l’abitudine, c’è la pigrizia, c’è la libidine di contare e maneggiare le banco­note, ogni tanto, prima e dopo i pasti, per sentirsi in pace.
Sembra di raccontare un’Ita­lia antica e lontana, come nei film di Totò. Eppure la realtà moderna è persino più colori­ta. Secondo costume naziona­le, andiamo a due velocità. Da una parte c’è gente che ormai usa il bancomat anche per pa­garsi il caffè, adducendo le testimonianze più clamorose, ven­go adesso dall’America e te lo posso garantire, là usano la car­ta di credito per tutto, anche per la mancia al cameriere. Nes­suno ha mai verificato se tutto questo sia vero, benché sia ac­certato che noi italiani siamo molto, ma molto indietro nel­l’uso del denaro elettronico. Ed è anche questo un segnale chia­ro d­ell’altro Paese ad altra velo­cità, più lenta e più guardinga, con un bisogno ancestrale di avere il portafoglio pieno e una buona scorta sottomano.
Il caso più noto, i pensionati. Tutti ci chiediamo perché mai i nostri anziani si offrano ancora come vittime sacrificali a scip­patori e tagliagole, una volta al mese, per il solo gusto di anda­re in coda alla Posta, bivaccarci con rischio di cali pressori e cri­si ipoglicemiche, ma uscirne premiati dalla mazzetta di cin­quecento- settecento euro tan­gibili e accarezzabili. Tutti ci chiediamo, da figli e da nipoti, perché questo rito anacronisti­co e vagamente suicida, ma nes­suno ha ancora trovato il modo di convincerli che è più como­do starsene al sicuro in casa e avere i soldi a disposizione in banca. Sono inconvincibili. Vo­gliono i contanti. Altrimenti si sentono poveri.
Purtroppo, non è che il mo­derno sistema finanziario fac­cia molto per cambiare certe abitudini. Ogni tre per due ci al­ziamo la mattina e gli analisti ci avvertono che i nostri risparmi sono a rischio, che le banche non sono più liquide, attenzio­ne, se improvvisamente tutti i correntisti andassero allo spor­tello a chiedere indietro i loro soldi l’intero sistema andrebbe in default . Non tutti hanno ben chiara la traduzione di default , ma tutti hanno perfettamente chiaro che neppure la banca è più quel luogo blindato in cui mettere al caldo il nostro futuro.
Paranoie? In un certo modo sì. Ma neppure poi tanto. In estate, la Grecia allo stremo ci ha rappresentato perfettamen­te la scena che agita i nostri incu­bi notturni: un po’ per necessi­tà, un po’ per panico,nelgirodi poche settimane la popolazio­ne ha prosciugato il 33 per cen­to dei conti correnti, «andando­li a nascondere - fonte associa­zione bancaria locale - sotto il letto o interrandoli nei giardi­ni ».
Da noi non è ancora il tempo del panico, ma un certo sottile brivido pervade molti strati so­ciali. Se i nostri avi nascondeva­no le banconote in quella preci­sa scatola del caffè, in alto a de­stra, molti di noi si evolvono nei nascondigli, non nell’ansia. Si temono i prelievi forzosi, le una tantum sui depositi, i declassa­men­ti di quelle brave anime del­le agenzie di rating , che il demo­nio se le porti. Diciamolo: si te­mono anche le tasse, pure trop­po, purtroppo. Si teme in gene­rale, si teme a livello preventivo. Si sa mai, nella vita. Così, muri, materassi e intercapedi­ni segrete diventano i nuovi for­zieri, anche al tempo della fi­nanza virtuale. Sempre que­st’estate destò stupore il ritrova­mento, dentro la villa dei due poveri coniugi trucidati per ra­pina a Lignano Sabbiadoro, di quarantamila euro in contanti: erano nascosti dietro a un batti­scopa. Poi abbiamo letto anche di quelli che li avevano nascosti dentro le gomme di scorta al momento di varcare il confine verso Chiasso, ma questa è tut­ta un’altra storia.
Fatta la somma, il contante vagante risulta in continuo au­mento. Considerato che molti analisti parlano ormai di costi più alti dei rendimenti per i sol­di affidati alla banca, non è poi così sbalorditivo. Resta però un problema: l’Italia, come luogo fisico, non è esattamente il luo­go più sicuro per custodire le banconote. Tra rischio sismico e dissesto idrogeologico, tra crolli e alluvioni, non è così remota l’ipotesi sventurata di la­sciarci oltre ai muri anche il ca­pitale. Il nuovo dilemma è: fa più danni la grandine o la ban­ca?