Fabrizio d’Esposito, il Fatto Quotidiano 22/11/2012, 22 novembre 2012
FUGA DAL PDL IN CRISI ANCHE ALFANO MINACCIA DI ANDARSENE VIA [B
convoca i fedelissimi per decidere sul da farsi il segretario insiste per la consultazione interna: “se mi ritiro dalla sfida mi ridono dietro”] –
Il Cavaliere ritorna a Roma con una sorpresa, Fedora. A Palazzo Grazioli, la sua dimora nella Capitale, Silvio Berlusconi arriva alle tredici e trenta. Con una novità nel look: un cappello Borsalino in feltro modello “Fedora” di colore scuro. L’ex premier indossa un cappotto lunghissimo. Il volto è cupo, tirato. Dopo trenta minuti inizia un interminabile vertice con Angelino Alfano. Sembra la replica del Gran consiglio del berlusconismo dell’8 novembre, quando B. andò in minoranza sulle primarie. Stavolta però sono in pochi. A mediare, come al solito, Gianni Letta. La scena madre è di tre ore dopo.
Quando è già buio, il Cavaliere sta tentando in tutti i modi di affossare le primarie. Usa argomenti vecchi e nuovi: soldi sprecati, partito inguardabile a picco nei sondaggi e impossibile da recuperare, infine il circo dei venti candidati, di cui più della metà improbabili personaggi in cerca d’autore. Il tono è paterno e violento allo stesso tempo: “Angelino non ti conviene farle, che senso ha vincere una competizione che sta diventando ridicola e dannosa?”.Il segretario del Pdl ascolta a capo chino. Il suo dissenso, quando è il turno di rispondere, è totale. Lo scontro è feroce come due settimane fa nell’ufficio di presidenza del Pdl. Alfano agita come arma la minaccia delle dimissioni: “Se le primarie non si fanno, io mi dimetto adesso. Mi farei ridere dietro”. Il segretario senza quid non si limita solo a questo. Al suo ex padrino rinfaccia la candidatura di Gianpiero Samorì, il banchiere misterioso di Modena già andreottiano e dellutriano. Glielo dice chiaramente: “Samorì l’hai mandato avanti tu”.
CI SONO tutte le condizioni per una rottura definitiva, una separazione liberatoria per far finire questo teatrino grottesco del duello tra B. e il suo ex figlioccio, che va avanti da mesi. Da un lato Alfano e la nomenklatura del partito (Cicchitto e gli ex An La Russa e Gasparri). Dall’altro l’ex premier, le sue amazzoni anti- montiane (Santanché e Biancofiore) e una lista populista con lo spirito forzista del 1994. Invece no. Ancora una volta, Berlusconi evita lo strappo. Alla furia di Alfano contrappone un sorriso e dice: “Va bene fai come vuoi tu. Io dico queste cose solo per proteggerti. E ti giuro che di questo Samorì non so nulla. Non c’entro niente con la sua candidatura, ti hanno informato male”. Non è che il segretario sia felicissimo di portare avanti il carrozzone delle primarie, riferiscono altri testimoni, ma tornare indietro sarebbe una figuraccia peggiore. Liquidata la farsa di farle all’americana, con la scusa dell’election day del 10 marzo, ossia varie assemblee regionali scaglionate nel tempo, adesso si riparla di un turno unico, originariamente previsto per il 16 dicembre. La data nuova, che potrebbe essere ufficializzata oggi, è quella del 13 gennaio 2013. A questo punto l’unico colpo di scena che potrebbe farle saltare è un impegno diretto di B. come candidato- premier per la sesta volta. Solo questo, forse, fermerebbe il treno lanciato da Alfano. Oppure no, i più scettici tra i fedelissimi di “Angelino” invitano a leggere con attenzione la nota del segretario scritta alla fine della riunione: “Ho convocato per domani i coordinatori regionali e provinciali del partito, per un confronto sulle questioni organizzative e sulla data di svolgimento delle primarie”. “Confronto”, una possibile via d’uscita per scaricare tutto sui dirigenti locali a causa delle difficoltà organizzative. In ogni caso, un modo come l’altro per prendere tempo. Gli ex An premono ancora per il 16 dicembre e arginare così i tentativi di boicottaggio di B., che nel vertice avrebbe anche annunciato: “Decidete pure ma io mi terrò lontano dalle primarie. Non farò il tifo per nessuno”.
Alle cinque della sera irrompe nel vertice un’altra brutta notizia. I malpancisti filomontiani guidati da Isabella Bertolini hanno deciso di fondare un altro movimento. Sono 5, per il momento. Ci sono: Giorgio Stracquadanio e Gaetano Pecorella. Poi Tortoli e Stradella. Il timore è il che possa fungere da catalizzatore per altri scontenti che non vogliono perdere il nuovo taxi centrista di Mario Monti. A cominciare dall’ex ministro Franco Frattini. IL potrebbe arrivare presto a quota venti alla Camera. Un altro guaio per Alfano. Per lui una giornata infinita, ieri. Culminata con un altro strappo. Quello dell’amico Roberto Maroni: “Impossibile l’alleanza con il Pdl alle politiche”. Senza B., senza Casini, senza Maroni, al segretario restano solo Cicchitto, La Russa e Gasparri.