Fabrizio Caccia, Corriere della Sera 22/11/2012, 22 novembre 2012
«Mi ripeteva: Luciana sono cambiato, ho due figli piccoli da crescere, ho chiuso per sempre con la mia vita violenta, vedrai
«Mi ripeteva: Luciana sono cambiato, ho due figli piccoli da crescere, ho chiuso per sempre con la mia vita violenta, vedrai. E invece ci è ricascato...». Luciana Bernardini, la moglie di Francesco Leone, è una donna disperata. Nella casa del vicolo, al civico 61, accanto al ferramenta, passano a trovarla le sorelle, i cognati, gli amici di una vita. A tutti, in lacrime, questa signora alta, elegante, magrissima, con gli occhiali e i capelli neri, racconta di sentirsi «delusa» e «tradita» dall’uomo che vent’anni fa incontrò e sposò proprio qui, nel carcere di Paliano, lui già detenuto e lei giovane agente della polizia penitenziaria (fece un anno da ausiliaria poi tornò a fare la casalinga). Sembrava una bella favola, una storia a lieto fine, ma presto Leone ricominciò con le rapine e l’ultima volta era uscito dal carcere nell’agosto di un anno fa. «Stavolta però nessuno se l’aspettava», confessa il cognato Marcello, lasciando la casetta al piano rialzato con le tendine dietro la finestra, da cui poco prima è volato un portacenere diretto a un cronista. Ha ragione Marcello: qui nessuno se l’aspettava. Perché Francesco Leone, anche in giro per il paese, seduto ai tavolini del Bar Okay o alla Casina dei Pini, ripeteva il solito ritornello: «Il passato è passato, sono un sorvegliato speciale, un ex pentito della Sacra Corona Unita, ma ora lavoro in una ditta di Latina e i permessi che mi danno li uso soltanto per vedere il Milan, la mia squadra del cuore...». Perfino negli ultimi giorni, dopo il sequestro-lampo del ragionier Spinelli a Milano, il bandito con le scarpe rossonere era sembrato a tutti «tranquillissimo», come chi non ha nulla da temere. Epperò, adesso che i nomi e le foto della banda sono su tutti i giornali, c’è chi al ristorante «Est Est» rammenta di aver visto bazzicare da queste parti anche il brianzolo Alessio Maier: «Qui da noi si presentava come promotore finanziario», raccontano gli avventori. E pure Pierluigi Tranquilli, l’altro italiano finito in carcere, qui lo ricordano bene: la sua famiglia ha una cantina vinicola a Olevano Romano, paese che sta appena a una decina di chilometri e magari, tra una polizza vita e una botte di Cesanese, può essere nata l’insana idea del sequestro-lampo. Anche il volto di uno dei tre albanesi arrestati è stato riconosciuto in piazza da qualche palianese: i carabinieri stanno vagliando varie testimonianze. Ma Francesco Leone, intanto, negava tutto: «I legami con la Puglia? Quelli col clan Parisi? Zac, recisi, in Puglia io ci torno solo a trovare mia madre. E poi ci son stato quest’estate in vacanza. Sono stato in Salento. Mia moglie Luciana ha avuto pure un piccolo incidente ed è tornata a Paliano con una gamba ingessata. Poverina».