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 2012  novembre 22 Giovedì calendario

NEL PAESE DI OLIMPIA SI FERMA LO SPORT

LE SCUOLE AL FREDDO: “CHE VOLETE DI PIÙ?”–

Aristidis Gregoriadis, ex campione del mondo dei 50 dorso, dovrà farsene una ragione. Gli Europei di nuoto in vasca corta partiranno senza di lui. «So che è la prima volta dal ’96. Ma di soldi non ne abbiamo. E di portare la Nazionale fino a Chartres, non se ne parla proprio», spiega amaro Dimitris Diathesopoulos, presidente della Federazione greca.
Per i ragazzi della quinta elementare di Kastorio, il problema è un po’ più grave. In Laconia la tramontana che soffia dalla Macedonia ha spinto il termometro verso lo zero. Ma i termosifoni della scuola vanno con il contagocce. «Nel 2011 lo stato ci ha dato 37mila euro per pagare le spese di sei istituti. E solo per il gasolio
ne abbiamo spesi 40mila – ha provato a spiegare agli alunni il sindaco Christos Gosliopoulos -Quest’anno gli stanziamenti si sono dimezzati». Morale. Niente riscaldamento. E in classe si va con giacconi pesanti, guanti e cappello, salvo in un’unica scuola dove un ingegnoso professore ha montato una caldaia a legna.
La Grecia chiama, messa in ginocchio da quattro anni di sacrifici e tagli. L’Europa, per ora non
risponde. E l’ennesimo rinvio dell’Eurogruppo alla tranche di aiuti da 31 miliardi è piovuta ieri come una doccia fredda su un Paese finito da tempo – i bambini di Kastorio ne sanno qualcosa - in default sociale. La cura lacrime e sangue della Troika, dati alla mano, non ha funzionato: Atene ha varato manovre per 73 miliardi (il 35% del Pil, come se l’Italia avesse fatto Finanziarie per 600 miliardi) in quattro anni. «Due settimane
fa abbiamo approvato una stangata che metterà in strada 20mila dipendenti pubblici, sforbicerà stipendi già ridotti del 30% e darà ai nostri creditori la supervisione di privatizzazioni e banche, manco fossimo alla neooccupazione tedesca», si lamenta il sindacalista Themis Balassopoulos. Risultato: un disastro. Il Pil è calato del 20% in termini reali in quattro anni, la disoccupazione è triplicata al 25,1% (schizzando
al 58% per i giovani tra i 18 e i 25 anni) e il rapporto debito-Pil, malgrado il taglio del 70% imposto ai creditori privati, vola verso la stratosferica cifra del 189% prevista per il 2014.
«Noi abbiamo fatto la nostra parte, ora tocca alla Ue», ha tuonato ieri il premier Antonis Samaras dopo la delusione di Bruxelles. Peccato che la Ue, ostaggio delle scadenze elettorali di Angela Merkel e delle rigidità
del clan nordico della Tripla A, tentenni. Rischiando di precipitare Atene verso il baratro sociale e di gettare benzina sul fuoco di una rabbia popolare che ha già regalato un pieno di consensi alla sinistra radicale di Syriza («Samaras si è fatto umiliare dall’Eurogruppo », ha commentato ieri il suo leader Alexis Tsipras) e ha fatto volare al 15% nei sondaggi la destra estrema di Alba Dorata.
Samaras, poveretto, non ha
tutti i torti. Certo, la Grecia non ha risolto tutti i suoi problemi. Gli evasori fiscali (40 miliardi sottratti al fisco ellenico ogni anno) non sono stati nemmeno sfiorati dall’austerity e affollano nel tiepido e piovoso autunno ateniese i bar di Kolonaki dove un cappuccino costa 4 euro e 80. E quando gli ispettori del governo sono andati a visitare la spiaggia di Katakolo, un angolo di paradiso nel Peloponneso destinato alla privatizzazione, hanno scoperto che a tre metri dal bagnasciuga sono state costruite 7 mila ville abusive che ne rendono impossibile la vendita. I conti però, almeno quelli che interessano alla Troika, tornano: il disavanzo di bilancio dei primi 10 mesi 2013 è di “soli” (si fa per dire) 12,3 miliardi, meglio del previsto. E a ottobre c’è stato un avanzo primario di un miliardo.
«Più di così non possiamo dare. L’Europa mi ha svuotato le tasche. Massimo può portarmi via i pantaloni», scherza Yannis Lefteris, addetto alle pulizie (con 670 euro di stipendio al mese) all’aeroporto Evangelis Venizelos, «Io ho accettato di ridurre la mia busta paga di 240 euro. Ora spero di avere in cambio qualcosa». Peccato che i medici al capezzale della Grecia, dopo il mezzo-flop della prima cura, stiano litigando sulle terapie necessarie per rimettere in piedi il paziente. L’Fmi vuole ridurre i costi dei 303 miliardi di debito del Paese – 230 miliardi sono nel portafoglio di Washington, Efsf, Bce e partner europei - tagliando i tassi, allungando le scadenze o prestando ad Atene i soldi per riacquistare a sconto sul mercato i bond (60 miliardi) rimasti in tasca ai privati. Angela Merkel e la Bundesbank nicchiano. Prossimo appuntamento: lunedì prossimo. Ennesimo Eurogruppo cui i greci - per il 63%, malgrado tutto, ancora favorevoli a tenere il Paese nell’euro - guardano con speranza. «Troveremo una soluzione», ha promesso ieri il ministro alle Finanze tedesco Wolfgang Schauble. Sarà finalmente fumata bianca? A Kastorio si accontenterebbero anche di una nera. Basta che arrivi dal gasolio tornato a bruciare, grazie alla solidarietà della Ue, nelle caldaie delle sue scuole.