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 2012  novembre 19 Lunedì calendario

SORPRESA, IL FESTIVAL DI ROMA L’HA VINTO LA REGIONE LAZIO

[Le pellicole sostenute dall’Ente incassano ben cinque premi importanti Inclusi quelli contestatissimi al regista Paolo Franchi e Isabella Ferrari] –
Internazionale, cioè che in­teressa più nazioni. Invece alla settima edizione del Festival In­ternazionale del Film di Roma, che ci aveva promesso Quentin Tarantino e poi ci ha rifilato Pa­olo Franchi, vincono molti film sostenuti dal Fondo per il cine­ma della Regione Lazio, circo­scritta porzione di terra. A ben guardare, E la chiamano estate , che frutta a Paolo Franchi il pre­mio per la migliore regia e a Isa­bella Ferrari quello per la mi­gliore attrice, con doppio schiaffo a pubblico e critica, non è la sola pellicola a godere dei contributi della Regione La­zio. È la stessa Fabiana Santini, assessore alla Cultura, Arte e Sport della Regione Lazio, a sot­tolineare cosa abbiano in co­mune alcuni verdetti spiccati sabato all’Auditorium.A bocce ferme arriva infatti una dichia­razione in cui l’assessore espri­me «grande soddisfazione per l’affermazione dei film soste­nuti dal Fondo regionale per il cinema e l’audiovisivo». Quin­di prosegue: «I riconoscimenti che il Festival di Roma ha dato alle pellicole realizzate sul no­stro territorio, da E la chiama­no estate ad Alì ha gli occhi az­zurri (di Claudio Giovannesi, ndr), miglior opera prima e pre­mio speciale alla regia, fino ad arrivare a Cosimo e Nicole (di Francesco Amato, ndr), che ha vinto la sezione Prospettive Ita­lia, testimoniano che il Lazio Film Fund ha portato all’indu­stria del settore cinematografi­co il giusto impulso per una nuova linfa creativa». Una bel­la scorpacciata, manca giusto il miglior film, riconoscimento andato a Marfa Girl di Larry Clark. Comunque, in tutto, fan­no cinque premi importanti a film «sostenuti» dalla Regione Lazio. Dove? Al Festival di Ro­ma, manifestazione promos­sa, tra gli altri enti e sponsor, dalla Regione Lazio. Non c’è male per un evento che dovreb­be avere dimensione «interna­zionale ». Tra l’altro,la«nuova linfa cre­ativa » dei controversi film vinci­tori non ha convinto nessuno. Neanche la giuria. «Nessuna volontà di provocare ma la scel­ta di un film che ci divideva e ci turbava piuttosto che uno su cui tutti eravamo d’accordo ma che ci dava meno emozio­ni » ha dovuto ammettere Jeff Nichols, presidente di giuria, commentando il doppio rico­noscimento a E la chiamano estate e confermando le parole pronunciate da un altro giura­to, PJ Hogan, durante la cerimo­nia di premiazione. Valentina Cervi, unica italiana in giuria ha aggiunto: «Il film di Franchi ha prestato il fianco alla malat­tia di un uomo, anche in modo ironico, ma non ci ha mai vio­lentato come invece molti altri film, cercando di imporre qual­cosa. Ci siamo scontrati su pun­ti di vista molto diversi, ma alla fine siamo stati tutti coesi». I verdetti finali non poco soffer­ti, dunque. E la sensazione che la giuria abbia voluto risarcire le contestazioni in sala, ribadi­re la propria idea di cinema d’autore, affrontare le inevita­bili critiche.
In fondo, non conta come sia saltato fuori un palmarés sul quale si continua a discutere. Resta solo da notare come il pubblico pagante, più avverti­to della giuria, abbia premiato un film di quelli che vanno in sa­la a testa alta: The Motel Life dei fratelli Polski, made in Usa. Tra poco giudicherà il mercato: e vi­sto che Marfa Girl uscirà di­rettamente sul web per vo­lontà del regi­sta Clark, tutti gli occhi sono puntati pro­prio su E la chiamano estate (esce giovedì). «So­no sempre i giornalisti stranieri che mi difendono», lamenta Fran­chi. Se lo dice lui, sarà così, ma in generale bisogna ricordare che certi ospiti della kermesse, passati per paladini della rasse­gna, hanno in realtà dato giudi­zi non proprio lusinghieri. Per l’inviatodi Libération ,ad esem­pio, il festival di Roma «è un evento cittadino e cinefilo». Ap­punto: circoscritto e di nicchia, non internazionale e bisogno­so di 12 milioni di euro.
Era la prima edizione di Mar­co Müller, decisissimo a resta­re. Lo attende un grande lavo­ro.