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 2012  novembre 19 Lunedì calendario

AIUTO, UN PILOTA SU TRE SI ADDORMENTA IN VOLO

[Ma c’è di peggio: nove su dieci confessano di guidare un aereo anche quando sono troppo stanchi] –
E poi ti dicono di dormire tran­quillo sulla poltroncina a ottomi­la­metri di altezza per tutta la dura­ta del viaggio... Ma neanche se cac­ci giù un Valium potresti stare tranquillo dopo aver letto lo stu­dio dell’Eca, l’Associazione euro­pea dei piloti pubblicato sul do­menicale Bild am Sonntag
(BamS). Qui si legge che sui cieli europei chi dorme di più sono pro­prio loro, i piloti. Uno su tre dichia­ra infatti di essersi appisolato al­meno una volta ai comandi. E fin qui uno incrocia le dita e pensa al santo «pilota automatico» che co­manda l’aereo senza problemi quando in cielo non ci sono tem­porali, né vento forte o stormi di uccelli ad alta quota.
Ma il resoconto del sondaggio effettuato tra 6mila comandanti d’aereo del Vecchio Continente diventa più allarmante quando ci rivela che il 92% dei piloti tedeschi affermano di aver guidato un ae­reo anche se erano troppo stanchi per farlo. E se lo dicono loro, i cruc­chi, che sono abituati a lavorare sodo chissà negli altri Paesi quan­ti errori non rivelati avvengono nelle cabine di comando. Ma per molti bisogna essere fatalisti, tira­re un sospiro di sollievo quando si rimettono i piedi per terra e ringra­ziare i bravi piloti. Già, perché alla fine quello che conta è l’abilità a destreggiarsi nei casi di emergen­za. E se un comandante è poco lu­cido, c’è poco da stare allegri. Ce lo ricordiamo tutti il disastro ae­reo del volo Air France Rio de Jane­iro- Parigi precipitato nell’Atlanti­co nel giugno del 2009. Ben 228 persone morirono a causa di una manovra errata del secondo pilo­ta non all’altezza della situazione.
La scatola nera rivelò la sequenza della tragedia. Il capitano si era al­lontanato per andare a dormire e ai comandi era rimasto solo il copi­lota, che non reagì correttamente all’allarme di stallo suonato oltre 70 volte in un minuto per indicare la velocità troppo bassa: alzò erro­neamente il muso del jet, rallen­tandolo ulteriormente invece di abbassarlo per fargli acquisire ve­locità e riassumerne il controllo. Il comandante, rientrato in cabi­na dopo tre minuti, non fece in tempo a capire cosa fosse succes­so in sua assenza e a compiere le misure corrette.Così l’aereo è pre­cipitato e tutto perché il coman­dante era stanco e il suo aiutante maldestro.
Per fortuna non finisce sempre in tragedia, a volte si sfiora soltan­to. Nel maggio scorso, per esem­pio, un velivolo è stato costretto ad atterrare in emergenza a Mona­co di Baviera, poiché entrambi i pi­loti erano stremati dalla fatica. E un comandante tedesco racconta la disavventura che gli è capitata tre anni fa durante un atterraggio nella capitale bavarese: «Stavo at­terrando con un Airbus A319 pro­veniente dalla Spagna e per me era il quarto volo della giornata con 15 ore di servizio alle spalle ­confessa il comandante - Avevo 156 persone a bordo e all’improv­vis­o mi spaventai mentre il mio co­pilota mi chiese, chiaramente non per la prima volta, di aprire in fase di atterraggio l’ipersostenta­tore (flap). Avevo perso l’orienta­mento e mi ero addormentato per un attimo». Poi ti dicono di stare tranquillo...


IL COMANDANTE GIOVANNI GALIOTTO
«CAPITA, MA NON SI DICE IL PROBLEMA VERO È LA FATICA» –
Comandante Giovanni Galiotto, presidente dell’ Associazione piloti italiani, durante le sue 7000 ore di volo si mai addormentato alla guida di un aereo?
«Addormentato no, ma una volta ero copilota e mi sen­tivo molto stanco. Così l’ho detto al comandante».
E che cosa è successo?
«Che ha dovuto fare tutto lui. Quando ci sono presta­zioni ridotte da una parte, l’altro pilota deve portare a ter­mine il volo senza l’aiuto del collega».
Ma qualcuno le ha mai confidato di essersi addirittu­ra addormentato?
«Un collega mi ha raccontato che stava ai comandi e si sentiva tranquillo. A un certo punto ha sentito una mana­ta sulla spalla del collega che gli diceva: oh, ma che fai, dormi?» Cosa significa per un pilota essere stanco?
«Si avverte un senso di affaticamento che rallenta le re­azioni. Insomma, la capacità di monitorizzare gli eventi è compromessa».
Quindi è peggio la stanchezza o il colpo di sonno?
«Se dormi c’è sempre l’ausilio del pilota automatico. E infatti le com­pagnie prevedono che uno dei due piloti faccia un sonnellino di 20 mi­nuti durante le lunghe tratte. Men­tre l’eccessivo affaticamento ti fa commettere l’errore nell’emergen­za quando, tra l’altro, i sistemi auto­matici si disconnettono. Quindi più un pilota è fresco più è reattivo».
A leggere lo studio dell’Associa­zione europea dei piloti, sembra che i colpi di sonno dilaghino.
«É tutto vero. Anche in Italia ab­biamo registrato molti fenomeni di stanchezza e quando succede l’equipaggio compila un modulo che la Compagnia dovrebbe inviare all’Enac».
Perché parla al condizionale?
«A volte le compagnie non segnalano nulla all’Ente na­zionale di sicurezza e non inseriscono dei correttivi».
Questo non conforterà i nostri lettori-viaggiatori.
«C’è di peggio. L’Easa sta modificando in senso restrit­tivo le norme da applicare nella Ue. Vogliono aumenta­re il tempo di volo notturno, quello giornaliero: si potreb­be superare le 20 ore consecutive senza dormire».
In Usa la vostra categoria lavora con meno stress?
«Lì ci è scappato il morto e hanno cambiato registro. C’è stato un incidente a Buffalo, dove sono deceduti equi­paggio e passeggeri a causa della stanchezza dei piloti».
E come hanno rimediato le autorità?
«Hanno ridotto le massime ore di volo da effettuare in un giorno e fissato più riposo tra un turno di servizio e l’al­tro ».