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 2012  novembre 18 Domenica calendario

FA UNO SCOOP SUI GIUDICI: INDAGATO E PERQUISITO PER ORE

[Il cronista di «Repubblica»si era occupato della lettera dei pm scritta ai superiori] –
Quelli in toga litigano, e chi dà le notizie si ritrova indagato e perquisito. Stavolta succede a Bari, dove la polizia venerdì sera ha bussato alla redazione locale di Repubblica e a casa di un redattore del quotidiano, Giuliano Foschini, «reo» di aver rivelato il contenuto di una lettera scritta da due pm baresi al­la stessa procura per chiedere lumi sul perché il gip che a fine ottobre ha assol­to Vendola, Susanna De Felice, non si sia astenuta, visto che sarebbe amica della sorella del governatore, Patrizia. La storia è vera,la lettera c’è e denun­cia esattamente quello che Repubbli­ca , e altri quotidiani tra cui questo, han­no scritto. Però mentre i veleni spacca­no la procura, il primo a intossicarsi è il malcapitato Foschini, che adesso è iscritto nel registro degli indagati della procura di Lecce (che si occupa della vicenda) addirittura per ricettazione, e l’altra sera s’è sorbito a domicilio lo spiacevolissimo rito del setaccio di ar­madi, cassetti e computer da parte dei poliziotti.
Proprio l’ipotesi di reato è il detta­glio più odioso dell’intera vicenda, e fa pensare a scenari di vendetta più che di giustizia. Invece di capire in che mo­do, e grazie a chi, il contenuto di quella missiva- vera, val la pena di ribadire- è finito fuori dalla procura, ci si accani­sce su chi di quella lettera è venuto a co­noscenza, e che poi ha fatto nient’altro che il proprio dovere: raccontare un fatto che aveva tutti i crismi della noti­zia. Una notizia, appunto, non un’au­toradio rubata. Anche se di fronte alla possibilità per i giornalisti di opporre il segreto professionale e tutelare le fon­ti, e in mancanza di qualsiasi elemento anche lontanamente diffamatorio (reato per il quale come è noto il Senato ha ora reintrodotto l’arresto), qualcu­no avrà pensato che dare del ricettato­re ( di notizie) a un cronista era un’ideo­na, abbassando ancora un po’ l’asticel­la del sistema giustizia nel nostro Pae­se.
Un giornalista che dà conto di un do­cumento ufficiale dal quale emergono con chiarezza le spaccature interne a una procura, ovviamente, non sta ri­cettando proprio niente. Semmai sta solo alzando meritoriamente il tappe­to sotto al quale qualcun altro ha na­scosto la polvere. Sta solo informando. Indagarlo per questo, accusandolo per di più di ricettazione, sembra una reazione muscolare e invasiva, un ten­tativo nemmeno velato di intimidire, lasciando lo spazio aperto ad altri me­todi di indagine, intercettazioni com­prese, in grado di disarmare una pen­na.
Un dubbio sollevato anche dal segre­tario della Fnsi, Franco Siddi, che si di­ce «interdetto», e ricorda come un cro­nista abbia «il dovere del segreto pro­fessionale e di rendere noto ai cittadini le notizie di pubblico interesse»: «Im­maginare che un giornalista possa es­sere messo sotto inchiesta per ricetta­zione- aggiunge Siddi-è un’operazio­ne che, ancorché proceduralmen­te legittima, appare impropria e incomprensibile».
Anche perché, conclude il segretario Fnsi, «i cittadi­ni debbono sapere che in casi del genere l’indagato può essere messo anche sotto intercettazione e, nel caso del giornalista, vulnerato nelle sue fonti».
Duro anche il commento del presi­dente dell’assostampa pugliese Raffa­ele Lorusso, che quanto alla ricettazio­ne parla di «situazione inquietante e in­tollerabile»: «L’approccio nei confronti dei giornalisti da parte una certa magistratura inquirente non può non destare preoccupazione perché le passerelle d lle forze di polizia nelle redazio­ni nascondono sempre il tentativo di mettere il bavaglio alla stampa».