Mariateresa Conti, il Giornale 18/11/2012, 18 novembre 2012
«MIO FIGLIO È UN VIOLENTO IL GIP SBAGLIA A SCARCERARLO»
[Il padre di uno degli studenti fermati dopo i disordini nella Capitale: «Soffro per quello che ha fatto. Altro che ragazzate, se li lasciamo impuniti credono di aver vinto loro»] –
Quando, mercoledì, lo ha chiamato la ex moglie dicendogli «ti faccio la telefonata che ti aspettavi», il mondo gli è crollato. Perché ti senti morire quando il tuo incubo di padre si materializza, quando ti informano che tuo figlio, 21 anni, è uno degli 8 violenti arrestati (resistenza a pubblico ufficiale e lesioni) perché hanno ridotto il Lungotevere, a Roma, a un campo di battaglia, sanpietrini e violenze contro i poliziotti. Un colpo, per Giorgio Chiesa, imprenditore, chef stellato titolare di un noto ristorante a Cuneo. Ma il colpo ancora più grande gliel’ha dato il Gip di Roma, che al suo Christopher non ha dato nemmeno i domiciliari chiesti dal Pm, solo un blando obbligo di firma. Di qui la sua decisione di esporsi in prima persona.
Perché?
«Voglio raccontare la mia esperienza di padre onesto che si ritrova con un figlio che si macchia di questi reati e soffre. La società sottovaluta queste cose, le liquida come ragazzate. Ma altro che semplice firma, dovevano tenerlo dentro più a lungo. Se restano impuniti li glorifichiamo».
Sta dicendo che suo figlio doveva
restare in
carcere?
«Senza una punizione gli togliamo persino il senso di colpa. Lui è tutto tronfio per questa pseudovittoria giudiziaria. Mi ha detto: “Visto che il Gip mi ha mandato a casa?La lotta continua”. Del resto, basta guardare il suo profilo Facebook con la frase della fondatrice della banda Baader Meinhof («Se uno lancia un sasso, il fatto costituisce reato. Se vengono lanciati mille sassi, diventa un’azione politica...») per capire che col buonismo non otteniamo nulla.
Il mondo non si cambia con le bombe carta ».
Ma perché una denuncia pubblica?
«Sento il dovere, da padre che ha coscienza delle responsabilità verso il figlio e verso la società, di lanciare un allarme. In questo momento ci sono focolai di persone che sobillano questi ragazzi, come 30 anni fa. Sono preoccupato, temo che quel periodo si possa ripetere. E mi piacerebbe che protagonisti di quegli anni come Curcio, Franceschini, intervenissero per dire ai giovani di oggi: “Non fate lo stesso errore” ».
Su quali basi teme un rischio terrorismo?
«Intanto c’è quello che capto dai racconti di mio figlio, che studia Scienze politiche alla Sapienza, mi contesta, fa il comunista ma poi a Roma ha casa, a mie spese, a Monte Mario, mica a Centocelle. Temo che lì ci siano cellule combattenti. Questi ragazzi sono plagiati».
Plagiati da chi? In che modo?
«Appena arrestati hanno gli avvocati pronti. Ho incontrato uno dei suoi legali, dopo l’interrogatorio di garanzia, gli ho chiesto come dovevo regolarmi, anche per la parcella. Mi ha risposto che almeno nella fase iniziale, in quanto socio di un centro sociale, ha diritto al patrocinio di un avvocato, e che non devo nulla».
Cosa ha detto a suo figlio?
«La notte della scarcerazione gli ho mandato un sms. Gli ho detto che sono suo padre e che per lui sono un punto di riferimento. Ma gli ho detto anche che, da padre, non posso esimermi dal condannarlo. Io lavoro, non lancio sanpietrini ai poliziotti. E non possiamo fare di questi ragazzi degli eroi. Col garantismo familiare non li aiutiamo a crescere ».