Giorgio Armani, il Venerdì 16/11/2012, 16 novembre 2012
VERSACE VISTO DA ARMANI
Non si può pensare agli anni Ottanta, e a quel periodo in cui la moda italiana è diventata un fenomeno mondiale, senza ricordare il decennio che li ha preceduti e in cui sono state gettate inconsapevolmente le basi di questo successo. Gli anni Settanta sono stati controversi, segnati dal terrorismo e allo stesso tempo dal desiderio di libertà che cambiava tutto. Nel frattempo la società mutava e con essa il modo di pensare, mutavano gli atteggiamenti. Quella che non cambiava, ancora incerta tra una haute couture sempre più simbolo del passato e un vestire cosiddetto alternativo, tra giacconi afghani e parka militari, era proprio la moda. Bisogna vederla così, la nascita dei prêt-à-porter: come necessità di esprimere nuove esigenze e di dare forma a realtà sociali diverse. Io ho fondato la mia società nel 1975, Gianni Versace nel 1978, come Gianfranco Ferré. Krizia e i Missoni lavoravano già da anni.
Si cominciava a sentire un fermento, un’eccitazione straordinaria. Si tornava a uscire di sera. Ma posso dire che, coinvolti come eravamo nella nostra impresa, nella conquista quotidiana di spazi e di un metodo di lavoro tutto da inventare, non pensavamo di fare qualcosa che si sarebbe rivelato tanto importante per il Paese e la sua economia, e per la sua immagine nel mondo.
La mentalità italiana vive di contrapposizioni: da Coppi/Bartali a Gina Lollobrigida/ Sophia Loren. Armani e Versace si prestavano benissimo a questo gioco, a cominciare dai cognomi: uno all’inizio dell’alfabeto, l’altro al termine. Anche il nostro stile era all’opposto: uno minimal, l’altro esuberante, e questo aiutava a definire due modi di pensare diversi. Ma noi in realtà ci conoscevamo poco, assorbiti come eravamo dal nostro lavoro. Ci incontravamo soltanto nelle occasioni ufficiali e sapevamo l’uno dell’altro da quello che dicevano i giornali. Però era una contrapposizione che serviva a spronarci, a spingerci sempre più avanti. Perché, anche se mai l’avremmo ammesso, eravamo curiosi l’uno dell’altro e al termine di ogni sfilata chiedevamo: «Che cosa ha fatto Versace?» e «Che cosa ha fatto Armani?».
A quindici anni dalla sua scomparsa, quale ricordo conservo di Gianni Versace? Quello di una fantastica esuberanza, di un senso di allegria che tutto mescola – idee, tendenze, memorie, arte – con una specie di noncurante vitalità. Era un grande creatore, e il passare degli anni non fa che sottolineare quello che era il suo talento.