Enrico Mannucci, Sette 16/11/2012, 16 novembre 2012
QUANDO LE TANGENTI ERANO PAN DI ZUCCHERO
[Storia di Cristiano Lobbia che, nell’800, denuncia stecche e cricche attorno all’affaire dei tabacchi e rischia la vita. Una vicenda lontana che evoca le pagine peggiori del malcostume politico odierno] –
Una volta, Filippo Turati disse che l’eventuale passaggio dalla monarchia alla repubblica si sarebbe ridotto a cambiare lo stemma sui tabacchi. Proprio la concessione dell’appalto per la Regìa dei tabacchi nazionali innescò uno dei due grandi scandali nei primi decenni dell’Unità, sfiorò il trono dei Savoia e determinò la crisi della Destra storica.
È lo sfondo di I misteri di via dell’Amorino, il nuovo romanzo di Gian Antonio Stella, firma del Corriere che maneggia una vicenda di oltre un secolo fa e lì ritrova temi e situazioni (generalmente non molto lodevoli) in cui si imbatte quotidianamente nelle cronache contemporanee. Stella non è nuovo a operazioni del genere. Le sue opere spaziano dalla denuncia delle storture nella politica odierna alla ricostruzione in forma romanzesca di storie del nostro passato: insomma, da La casta (il best seller scritto assieme a Sergio Rizzo) a Il maestro magro. Qui, lo spunto è la disgraziata parabola di un “eroe borghese”: Cristiano Lobbia, un asiaghese, irredentista, garibaldino e, infine, deputato. Onesto, va aggiunto, in un Palazzo – quello della corte e del Parlamento fiorentino nei primi tempi del regno – che evoca le pagine peggiori del malcostume politico odierno: appalti truccati, contratti vantaggiosi con imprese internazionali trascurati per favorire accordi con le varie “cricche”.
Truffe & ministeri. Lobbia è un bel personaggio: «Una figura notevole, forse ingenua e testarda da vero montanaro, che viene tritata da una “macchina del fango” al cui confronto quelle che conosciamo noi sono roba da chierichetti. Si porta addosso tutta la delusione di uno che si è giocato la pelle per fare l’Italia e che dall’Italia viene tradito», spiega Stella. Succede che il deputato metta i bastoni fra le ruote a una enorme operazione truffaldina maturata nelle stanze dei ministeri, cioè la concessione a una società di privati dalle dubbie credenziali dell’appalto dei tabacchi, “l’unica entrata sicura dello Stato”, secondo il parere di un banchiere imparentato coi Rothschild che sconsigliò l’affare. E qui parte un giallo appassionante: con morti, agguati, cadaveri forse ammazzati forse no. «Una storia vera, con tutte le citazioni riprese dai giornali dell’epoca o dagli atti giudiziari», precisa Stella che ha compiuto una notevole operazione filologica impiegando un linguaggio il più possibile analogo a quello dell’epoca fin dai titoli discorsivi dei capitoli che echeggiano le abitudini del feuilleton ottocentesco. Qualcuno tenta di eliminare Lobbia ma il delitto non riesce e, soprattutto, viene messo in dubbio. Quella parte della Destra storica che spinge per concludere l’affare dalle ricchissime “stecche” (che allora si chiamavano, più dolcemente, “pan di zucchero”, e di cui, pare, una finì anche al re) mette in discussione la veridicità della denuncia per inficiare l’intera campagna del deputato. Osserva Stella: «Salta agli occhi come alcune cose che non ci piacciono dell’Italia abbiano radici lontane: ai personaggi di questa storia taglia certe basette spropositate e sostituisci i pince-nez con i cellulari e ti ritrovi in quelle situazioni odierne con lo Stato che rinuncia ad affari convenienti per distribuire illeciti guadagni a una “cricca”». Così le due storie si intrecciano: il giallo dell’Italia unita e l’affresco di una società politica dai vizi inestirpabili. La prima non finisce bene: passeranno anni prima che Lobbia veda riconosciuta la sua onestà. La seconda porta alla sconfitta della Destra e all’egemonia della Sinistra di Giolitti. Viene anche il tempo del secondo grande scandalo ottocentesco, quello della Banca Romana.