Antonio Ricchio, Sette 16/11/2012, 16 novembre 2012
IL PONTE CHE NON CI SARÀ CI COSTERÀ ALTRI 25 MILIONI
IL PONTE CHE NON CI SARÀ CI COSTERÀ ALTRI 25 MILIONI [Il governo ha prorogato, per non versare penali, i termini per chiudere la partita. Rubinetti chiusi dopo 30 anni? No: anche solo per tenere in vita la società dello Stretto pagheremo ancora] –
Il sogno di unire Calabria e Sicilia è costato finora circa 300 milioni di euro e oltre 30 anni di parole e proclami. Danimarca e Svezia hanno impiegato solo sette anni per mettere in piedi il ponte sullo stretto dell’Öresund. La struttura, lunga 15,9 chilometri, inaugurata nel 2000, è costata 3,8 miliardi di euro. Meno della metà di quanto previsto per il Ponte sullo Stretto di Messina (oltre 8 miliardi di euro per 3,6 km totali) di cui non è stata posta nemmeno la prima pietra. Giusto per fare un altro paragone, a Sofia, in Bulgaria, con la metà della cifra, 157 milioni, è stata realizzata una nuova linea della metropolitana, che si sviluppa su 10,6 km e con 11 stazioni. Ora succede che il governo Monti, dopo l’iniziale stop all’opera, ha approvato un decreto legge che fissa un ulteriore termine di due anni per fare la verifica tecnica in sede Cipe del progetto definitivo e dare mandato alla società Stretto di Messina Spa di riscontrare se e a quali condizioni i mercati finanziari internazionali sarebbero disponibili a finanziare l’opera. Da Palazzo Chigi si sono affrettati a spiegare che il rinvio evita che si paghino penali nell’immediato e pone le basi per un eventuale disimpegno dal progetto qualora non emergessero risorse private capaci di sostenere l’opera. Eventuali spese in più. In soldoni: se nei prossimi due anni non si giungesse a una soluzione sostenibile, scatterà “la revoca” dei contratti in corso tra la concessionaria Stretto di Messina Spa e il contraente generale Eurolink che dovrebbe realizzare l’opera, “col pagamento delle sole spese effettuate e una maggiorazione limitata al 10%”. Quindi, in caso di cancellazione definitiva del progetto, nel 2014, dovremo aggiungere comunque altri 10 milioni di euro. E ciò non toglie che, per mantenere in vita fino ad allora la Stretto di Messina Spa, si spenderanno di sicuro altri 6 milioni di euro all’anno – circa – per gli stipendi (i dipendenti, in totale, sono 56) a cui vanno aggiunti gli affitti – 1,2 milioni per la sede romana di via Marsala, 36mila euro per quella di Messina – e la manutenzione. Totale finale (senza muovere un dito per costruire l’opera): quasi 25 milioni. «Questi due anni ci consentiranno di aprire al mercato la realizzazione del Ponte, verificando l’interesse d’investitori privati per non gettare tutto al macero», fanno sapere dalla Stretto di Messina Spa. Giuseppe Zamberletti e Pietro Ciucci, rispettivamente presidente e amministratore delegato della compagine fondata nel 1981, hanno parlato di «un interesse accertato» del fondo sovrano China Investment Corporation e della società China Communications Construction Company alla realizzazione del Ponte. Al centro di tutta questa vicenda c’è la società Stretto di Messina Spa, nata con lo scopo di favorire il collegamento tra la Sicilia e il resto dell’Europa, che se fin dalla fondazione è stata finanziata in maniera massiccia, ha visto via via crescere i costi di gestione, passati nell’ultimo triennio dai 7 milioni del 2009 ai 10,8 del 2011. A dicembre dello scorso anno, nelle casse della società sono arrivati 61 milioni per la ricapitalizzazione. Con questa cifra si sarebbero potuti acquistare sei treni nuovi. I pendolari siciliani e calabresi ringraziano, mentre fanno su e giù su carrozze vecchie e sporche. E stiamo parlando ancora soltanto di “preliminari”. Se andiamo al cuore del Ponte, in ballo resta una montagna di denaro assai più alta. Nel 2005, infatti, il consorzio Eurolink si era aggiudicato la gara per 3,9 miliardi di euro. Quattro anni dopo, il piano di aggiornamento del quadro economico-finanziario, redatto dal commissario delegato Pietro Ciucci, gli ha riconosciuto una maggiorazione di circa un miliardo di euro per tenere conto della rivalutazione del costo del lavoro e di quello dell’acciaio. Per quest’ultimo, segnalano le associazioni ambientaliste, «si è preso in considerazione l’incremento riscontrato nel solo periodo 2000-2007, mancando di considerare il brusco ridimensionamento del costo di questa materia prima intervenuto tra il 2007 e il momento della revisione del contratto». Il nuovo Piano economico, approvato dal consiglio d’amministrazione della Stretto di Messina Spa il 29 luglio 2011, ha poi portato il costo dell’opera a 8,5 miliardi di euro. Una cifra astronomica, che peraltro non tiene conto della decisione (adottata nell’autunno dello scorso anno) della Commissione europea di escludere il Ponte sullo Stretto dalle linee strategiche sui corridoi trans-europei. Solo tali opere, infatti, possono godere del co-finanziamento comunitario.
La geologia.
Nelle osservazioni degli ambientalisti, raccolte in un documento di 200 pagine, il dato più preoccupante è, però, la carenza di indagini sismiche. La Relazione geologica generale afferma che “per descrivere le strutture tettoniche presenti nello Stretto” ci si è affidati ai “dati del progetto preliminare”, concludendo che “in sede di progetto esecutivo sarebbe auspicabile che si aggiornassero i profili sismici del progetto preliminare ed acquisire dati aggiornati delle aree marine”.