Emiliano Liuzzi, il FattoQuotidiano 19/11/2012, 19 novembre 2012
NESSUNA NOSTALGIA, MA CHE PENA L’ITALIA
[Romano Prodi]
A Bologna lo chiamano Professore, nel resto d’Italia Presidente, nel mondo è molto più semplicemente Romano Prodi: 73 anni, energia da vendere, corse e giornate lavorative da diciotto e passa ore in vita sua ne ha accumulate. Mica per soldi. Scordatevi attici con vista sui tetti di Roma: Prodi vive nella stesse casa a Bologna, zona Santo Stefano, né sfarzosa né invidiabile, l’appartamento di un docente universitario. Lavora per l’Onu e si occupa di povertà, ma lo fa gratis: non si è arricchito, nonostante soldi in questi ultimi anni gliene abbiano offerti a palate. Ci sono solo due cose alle quali non rinuncia: la bicicletta e un po’ di corsa. Il professore non è ciclista da scalate in solitaria, segue, resta accanto agli altri, magari lo perdi anche da quanto riesce a mimetizzarsi nel gruppo, ma poi all’arrivo è sempre fra i primi. La stessa cosa che fa con la corsa. È la sua tattica di gara, e un po’ assomiglia anche a quella che è stata la sua carriera tra management pubblico, università, palazzo Chigi.
Professore, viaggia con una bicicletta in valigia?
No, quando sono fuori corro. Sono a New York, torno adesso dalla mia corsa mattutina, poca cosa però.
Quanto ha corso?
Poco, oggi poco. 4 miglia.
Insomma, sei chilometri e mezzo.
Sei chilometri e tre quarti.
I suoi amici dicono che lei in pensione non andrà mai: è vero?
Mai lavorato così tanto.
Lei si sente un ex uomo di potere?
Assolutamente no. Ho attraversato varie fasi della vita, ma sempre con molta tranquillità e non mi sono mai sentito nostalgicamente ex.
Però è stato ministro nel 1978, un ministro ragazzino, diciamo, per il quarto governo Andreotti. Poi è tornato all’insegnamento, infine premier in due riprese : non ha fatto fatica a riadattarsi alla normalità?
Sbalzi di altitudine ne ha
affrontati.
Rientra nella normalità delle cose della vita. Mi ricordo che appena finii di fare il mandato di ministro dell’Industria, ero giovanissimo, appunto, trovai un amico nel sottopassaggio della stazione di Bologna. Mi disse: ’Romano, e adesso che farai?’, con un’aria quasi preoccupata. Gli risposi molto semplicemente, in maniera spontanea e sorridendo: torno a fare quello che ho sempre fatto, il docente universitario. Cosa c’è di sconvolgente?
Non ha mai avuto nostalgia del tempo che fu?
L’unico dispiacere che mi porto appresso è vedere l’Italia com’è oggi, questo sì.
Lei comunque ha aperto una strada nuova: ha consulenze all’Onu, a New York, e dall’altra parte del mondo, in Cina. Non è accaduto per tutti i presidenti del consiglio. Andreotti non se lo sono mai litigato all’estero.
Forse non lo volevano fare.
Modesto?
No, per una serie di conoscenze ed esperienze che ho maturato mi sono stati offerti incarichi che ho sempre accettato.
Come quest’ultimo all’Onu?
Sì, come questo. Diciamo che mi è stata fatta una proposta che era impossibile da rifiutare e io l’ho accettata. Sfida difficile, parliamo dei Paesi più poveri del mondo.
Come si svolge la settimana
di Prodi adesso?
Nell’ultimo mese sono stato quattro giorni in Etiopia, poi tre giorni in Egitto. E ancora in Algeria, poi sono tornato in Italia, sono ripartito per New York, sono stato a Washington l’altro giorno alla Banca mondiale, e ora sono di nuovo a New York. E sono giornate lavorative che partono alle nove di mattina e si concludono alle nove di sera. Nei prossimi giorni ho due appuntamenti, in Marocco e a Ginevra, per il consiglio di sicurezza.
In famiglia l’hanno presa bene?
Mia moglie penserà di esser vedova.
Il professore in pensione non ci pensa proprio ad andare? Niente giardinetti e nipoti che le saltellano intorno?
Prima o poi accadrà, non mi sembra questo il momento.
Ma continua a mantenere incarichi in Cina?
In Cina insegno. Lo faccio da anni, mi appassiona, ma questa volta devo compiere una scelta definitiva.
Cioè?
Sto pensando seriamente di lasciare gli incarichi in Cina perché non ce la faccio proprio a passare da un continente all’altro.
Cosa succederà nella nuova Cina di Xi Jiping?
La Cina ha scelto la strada del progresso senza avventura, continuerà nella direzione intrapresa con una maggiore velocità sulle riforme interne che saranno comunque e assolutamente inevitabili. La nuova governance cinese dovrà affrontare anche i temi dello stato sociale, dell’ambiente e non solo della produzione. Nei prossimi anni vedremo un mondo a diverse velocità.
Una nuova legge elettorale, invece del Porcellum o dei
veti incrociati, potrebbe servire anche a rilanciare l’Italia?
Un sistema di voto non è fatto per andare al governo. Questo va capito. Serve a governare bene un Paese. Se in Italia avessimo avuto una legge tipo quella francese oggi saremmo più forti della Germania.