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 2012  novembre 18 Domenica calendario

INFARTO IN CORSO SUL FRECCIAROSSA DECESSO ALL’ARRIVO


Quaranta minuti di agonia su un Frecciarossa. E quando finalmente il treno si ferma alla prima stazione raggiungibile per M. G., un uomo di 56 anni colpito da infarto, non c’è più nulla da fare. Troppo tardi, ogni cura è inutile. “Nella valigetta di primo soccorso c’erano solo garze e disinfettanti - accusano gli altri passeggeri - Un defibrillatore avrebbe potuto salvargli la vita”. Replicano da Trenitalia: “Nessuna norma impone di avere tali dispositivi a bordo”. Il treno è in partenza alle 16.37 dalla stazione torinese di Porta Susa, direzione Milano. Per non perderlo, M. G. corre. Riesce a salire, ma quasi subito si sente male, cade tra le valige ancora in mezzo al corridoio. Chi è seduto nello stesso vagone cerca di aiutarlo. Arriva anche un medico presente a bordo. Chiara la diagnosi: infarto. Nella valigetta in dotazione al Frecciarossa ci sono bende e qualche boccetta, niente di utile. Il capotreno avvisa il 118 alle 17.03, mentre il convoglio sta passando vicino a Novara. Si decide di proseguire fino alla stazione di Rho-Pero (Milano), la prima raggiungibile sulla linea ad alta velocità, dove arriva alle 17.22. Lì è già pronta un’ambulanza. I soccorritori cercano di rianimare l’uomo. Poi lo caricano sulla lettiga e lo trasportano in ospedale, ma M. G. muore ancora prima di arrivarci.
Da Trenitalia fanno sapere che è stata scelta l’opzione più rapida : “Uscire sulla linea storica per raggiungere Novara avrebbe richiesto più tempo.

ERA NECESSARIO trovare una traccia libera che non incrociasse altri treni, con un margine di sicurezza rispetto agli altri passaggi”. Unica soluzione proseguire sui binari Tav. Ma resta un’agonia durata più di 40 minuti. E la rabbia dei passeggeri che hanno chiesto inutilmente un defibrillatore. “Nessuna norma lo impone – spiegano da Trenitalia -. A bordo dovrebbe poi esserci personale qualificato in grado di usare questa tecnologia. E che sia disposto dal punto di vista contrattuale ad assumersi la responsabilità di utilizzarlo”.
Un defibrillatore in questi casi potrebbe però salvare la vita. Potrebbe, perché non sempre un infarto porta alla fibrillazione ventricolare per cui va usato. “In ogni caso su treni a lunga percorrenza i defibrillatori sarebbero utili”, sostiene Guido Villa, membro della direzione di Areu (l’Azienda regionale emergenza urgenza che gestisce il 118 in Lombardia). “Alcune compagnie aeree straniere lo hanno installato sui voli più lunghi. Dotare anche i treni di questi dispositivi implicherebbe però la necessità di un vasto programma di formazione per il personale”.
Insomma, un defibrillatore da solo non basta. E in Italia c’è una certa arretratezza culturale nel campo della rianimazione cardiopolmonare. Lo ha dimostrato anche il caso di Permario Morosini, il calciatore del Livorno che lo scorso aprile si è accasciato sul campo di gioco. Allo stadio di Pescara, di defibrillatori, ce n’erano tre, ma nessuno di questi è stato utilizzato. La rianimazione cardiopolmonare – spiega Villa – prevede, prima dell’utilizzo del defibrillatore, il riconoscimento dell’infarto e l’intervento con massaggio cardiaco e respirazione bocca a bocca. “In molti Paesi si portano avanti programmi a livello scolastico per addestrare i cittadini comuni a queste manovre e all’uso del defibrillatore”. L’Italia rincorre.

IL RECENTE DECRETO Balduzzi impone alle società sportive, agonistiche e non, di dotarsi in futuro di defibrillatori. Una misura che va ad aggiungersi al decreto dei ministeri della Salute e dell’Economia che a marzo 2011 ha promosso la realizzazione di programmi regionali per la diffusione di tali apparecchi: in tutto sono stati stanziati otto milioni di euro. Soldi che nel caso della Lombardia serviranno ad acquistarne circa 400. “Verranno installati innanzitutto su ambulanze di trasporto secondario, cioè quelle che ne sono ancora sprovviste perché non vengono utilizzate per interventi di emergenza”, spiega Villa. Nei prossimi anni i defibrillatori verranno forniti alle farmacie lontane dai pronto soccorso e ai luoghi ad alta affluenza di pubblico, come stazioni e aeroporti. E i treni? Per ora nulla.