Orazio La Rocca, Affari & Finanza, La Repubblica 20/11/2012, 20 novembre 2012
SEI MESI SENZA PRESIDENTE LE FAIDE CHE BLOCCANO LO IOR
Da sei mesi l’Istituto per le Opere di Religione, la banca vaticana, è senza presidente. Un fatto senza precedenti nella recente storia vaticana, dove non si era arrivati a tanto nemmeno negli anni Ottanta nel pieno della crisi dell’era Marcinkus, quando lo Ior fu coinvolto nel crack del vecchio Banco Ambrosiano di Roberto Calvi. Ma a rendere ancora più complicata la vita della banca pontificia ci sono altri segnali interni che a fatica la Santa Sede riesce a circoscrivere.
A partire dal frenetico e riservatissimo lavoro di chi sta passando al setaccio gli oltre 40 mila conti correnti su richiesta delle autorità monetarie nazionali ed internazionali per cercare di “ripulire” la banca da depositi occulti e dalle provenienze poco chiare; lotte intestine tra vescovi e cardinali spaccati tra il “partito” della trasparenza assoluta e i fautori della difesa ad oltranza della tradizionale riservatezza dell’istituto diventato, per questo, in passato una sorta di isola felice per operazioni bancarie per niente ortodosse; diffidenza crescente dei mercati finanziari, ma – peggio ancora – anche da parte della massima autorità vaticana, il Papa: Benedetto XVI non nasconde di essere “dispiaciuto” e “deluso” per come vanno le cose in materia di politiche economiche e bancarie, al punto che da qualche tempo papa Ratzinger dà l’impressione di non poterne più di continuare a tenere in piedi una banca vaticana tanto chiacchierata. Una banca scomoda per l’immagine del Vaticano e della Chiesa universale, in evidente difficoltà, che per di più non riesce a dotarsi di una nuova guida a sei mesi dal traumatico licenziamento del suo presidente, Ettore Gotti Tedeschi, messo fuori gioco dopo appena 2 anni e 8 mesi di presidenza.
“Il Consiglio adesso guarda avanti, al processo di ricerca di un nuovo ed eccellente Presidente, che aiuterà a ripristinare efficaci ed ampie relazioni tra l’Istituto e la comunità finanziaria...”. Era il 24 maggio scorso quando queste parole apparvero nel comunicato, emesso dalla Sala stampa della Santa Sede e sottoscritto dal Consiglio di Sovrintendenza dello Ior per annunciare urbi et orbila cacciata di Gotti Tedeschi. Un comunicato di appena 5 righe stilato in fretta e furia per assicurare dentro e fuori i palazzi pontifici – ma soprattutto all’opinione pubblica e ai mercati finanziari – che la crisi al vertice della banca del Papa sarebbe stata passeggera e risolta nel migliore dei modi possibili, individuando – in tempi brevissimi – il successore di Gotti Tedeschi in una personalità di altissimo profilo nell’ambito del panorama politico-finanziario internazionale. Ma da allora, a sei mesi di distanza, nulla è successo.
Di nomi ne sono stati fatti tanti. Di candidature, vere o presunte, ne sono circolate parecchie, ma la tanto attesa nomina non ha ancora visto la luce. Uno stallo inspiegabile che in Vaticano sembra non preoccupare nessuno. Al massimo filtra la “previsione” avanzata da qualche monsignore che il nuovo presidente dello Ior sarà nominato a fine anno o entro il prossimo mese di febbraio. Quasi a voler temporeggiare dopo che la Santa Sede nei mesi scorsi ha dovuto bere anche l’amaro calice del rifiuto da parte di qualche personaggio contattato dai messi pontifici per saggiarne una eventuale disponibilità a guidare lo Ior.
Tra i nomi più autorevoli circolati, il tedesco Hans Tietmeyer (81 anni), ex presidente della Bundesbank, ritenuto assai “papabile” perchè connazionale di papa Ratzinger; ma anche personaggi italiani come l’ex governatore della Banca d’Italia Antonio Fazio, Cesare Geronzi, l’avvocato torinese ed ex notaio Antonio Maria Marrocco, amico di infanzia del cardinale Bertone, subentrato nel Consiglio di Sovrintendenza dello Ior a Giovanni De Censi, presidente del Credito Valtellinese, anche lui come Gotti Tedeschi licenziato inspiegabilmente dal vertice della banca vaticana nel dicembre del 2010.
Vicenda poco chiara, passata quasi inosservata, collegabile al clamoroso sequestro operato il 20 settembre 2010 dalla Procura di Roma (su segnalazione della Banca d’Italia) in merito alla movimentazione di 23 milioni di euro depositati su un conto Ior presso il Credito Artigiano, istituto controllato dal Credito Valtellinese di De Censi. Dopo una lunga indagine, per la quale furono inquisiti Gotti Tedeschi e il direttore generale Paolo Cipriani, i 23 milioni sono stati dissequestrati il primo giugno dello scorso anno. Da questa vicenda, però, l’unico a rimetterci il “posto” è stato De Censi, sacrificato dalle autorità pontificie come capro espiatorio per mettere al riparo la direzione dello Ior dalle responsabilità sul pasticcio della movimentazione dei 23 milioni di euro.
Anche il caso De Censi non ancora chiarito del tutto non può non suscitare sospetti e timori ai potenziali candidati alla guida dello Ior, quasi travolta da una aria da grande fuga malgrado i buoni propositi di individuare un “nuovo ed eccellente” presidente assicurato dai membri del Consiglio di Sovrintendenza, l’americano Carl Albert Anderson (leader dei Cavalieri di Colombo, potente organizzazione benefica statunitense, tra i primi sponsor delle attività della Santa Sede), lo spagnolo Manuel Soto Serrano, l’avvocato Marrocco e il tedesco Ronaldo Hermann Shmitz, attuale presidente ad interim. Quattro banchieri internazionali, tra i quali qualcuno non nasconde l’ambizione di poter essere scelto come successore di Gotti Tedeschi, il banchiere scaricato dal Vaticano malgrado la sua esperienza internazionale (è responsabile in Italia della banca spagnola Banco Santander e membro di altre istituzioni bancarie e finanziarie), docente universitario attento alla dottrina sociale della Chiesa, nonché amico di Benedetto XVI, col quale ha collaborato alla stesura delle sue encicliche sociali, ed editorialista principe dell’Osservatore Romano su economia e finanza. Titoli, competenze ed entrature vaticane che, però, nulla hanno potuto per bloccare la sfiducia del Consiglio di Sovrintendenza su input della Segreteria di Stato.
Un vero e proprio licenziamento, autentico blitz deciso all’insaputa di qualche membro della Commissione cardinalizia di Vigilanza, il massimo organismo di controllo della banca composta dai cardinali Bertone, che ne è presidente, Attilio Nicora, Jean-Louis Tauran, Odilio Pedro Scherer, Telesophore Placidus Toppo. Tauran, nel pomeriggio del 24 maggio, interpellato al telefono sul licenziamento di Gotti Tedeschi non nascose meraviglia e contrarietà: “Non so nulla di questa vicenda, qui nessuno ci dice niente, speriamo che almeno domani in Commissione ci spieghino cosa è successo veramente. Di più non posso dire”.
Una cacciata, quella di Gotti Tedeschi, che nel comunicato del 24 maggio si è tentato di spiegare col fatto che non si sarebbe impegnato adeguatamente per “assicurare la governance e la vitalità dello Ior...”. Accuse volutamente generiche diffuse – si vocifera in Vaticano – per nascondere i reali motivi che stanno alla base della vicenda, motivi legati fortemente alla lotta intrapresa Oltretevere da Gotti Tedeschi contro chi si oppone a fare dello Ior una banca “normale”, aperta, trasparente, finalmente lontana dagli scandali causati da conti correnti segreti, finanziamenti occulti, operazioni poco chiare. Episodi per niente edificanti che di fatto ancora impediscono alle autorità monetarie europee di inserire il Vaticano nella white list (lista bianca), l’elenco dei Paesi più affidabili dal punto di vista delle politiche finanziarie e bancarie. Una sfida che ora la Santa Sede tenterà di vincere con l’ingaggio di Renè Brulhart, quarantenne avvocato svizzero ritenuto una delle massime autorità internazionali in materia di trasparenza finanziaria e di lotta al riciclaggio di denaro sporco.