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 2012  novembre 20 Martedì calendario

ANCORA TROPPE DISCARICHE E RESTA IL NODO INCENERITORI

[L’Unione europea: troppi impianti. Ma aumenta la raccolta differenziata] –
Sui rifiuti c’è poco da inventare. Basta applicare i principi - pochi, chiari e immutati - che l’Unione europea ha stabilito trentacinque anni fa. La gerarchia - in cima le soluzioni migliori, a scalare quelle peggiori - è questa: riduzione di quantità e pericolosità; riutilizzo; riciclaggio e compostaggio (trasformazione dell’organico in concime); recupero energetico (inceneritore, gassificatore); discarica. E dunque, ipotizzando 100 rifiuti urbani prodotti: con prevenzione e riduzione degli imballaggi inutili si scende a 90. Una buona raccolta differenziata garantisce di poter riciclare (carta e cartone, metalli, plastica, vetro) almeno 60-70. Ne restano 30: con un trattamento meccanico-biologico si effettua un’ulteriore separazione: 12 di umido per il compostaggio (concime per l’agricoltura), 18 di materia secca da trasformare in materiale per l’edilizia o combustibile per cementifici, centrali a carbone, inceneritori. Infine, scarti e scorie in discarica.
Se si segue questa gerarchia, resta ben poco da mandare in discarica e anche il combustibile per inceneritori e gassificatori è residuale. E infatti l’Unione europea ha stabilito la progressiva dismissione delle discariche e la messa al bando nel 2020 di inceneritori che bruciano rifiuti altrimenti riciclabili. Così il rifiuto non solo non è un problema sociale e ambientale, ma diventa anche una risorsa economica che crea ricchezza e occupazione.
Ma l’Italia a lungo è andata in direzione opposta. Oggi produce circa 32 milioni di tonnellate di rifiuti urbani l’anno, ne ricicla il 19 per cento mentre il 12 per cento è trattato biologicamente per ricavarne compost. Poco. Il ricorso alle discariche resta «ancora troppo corposo seppure in calo», spiega l’ultimo rapporto Ispra, l’agenzia del ministero dell’Ambiente. Quelle operative sono 211 (in sette anni 263 sono state chiuse), e accolgono ogni anno 15 milioni di tonnellate di rifiuti, quasi la metà del totale. Troppo. Germania e Olanda sono ormai «zero discariche», Austria Belgio Danimarca e Svezia quasi.
In Italia funzionano inoltre 53 inceneritori, più della metà a Nord e in particolare in Lombardia ed Emilia Romagna, che però registrano un’inversione di tendenza. Si bruciano 5,2 milioni di tonnellate di rifiuti, il 16 per cento di quelli prodotti. La Germania, che ha 60 inceneritori, brucia più del doppio. Ma ha puntato sugli inceneritori nei decenni passati, per chiudere le discariche, ora spinge sul recupero e a differenza dell’Italia non li foraggia con generosi sussidi pubblici.
Di gassificatori (simili agli inceneritori ma con tecnica diversa) ce n’è solo uno a Roma. Quanto ai pirogassificatori come quello bocciato in Valle d’Aosta, non ce ne sono altri. «Si tratta di una tecnologia non consolidata», spiega Stefano Ciafani, responsabile scientifico di Legambiente.
Che fare? Primo: ridurre. In Germania tra il 2000 e il 2009 la quantità di rifiuti è calata del 9 per cento grazie a specifiche norme e tassazioni, mentre in Italia aumentava del 6 per cento a dispetto della stagnazione produttiva. Il governo si è impegnato a presentare entro fine anno un piano nazionale, ma finora non se ne sa nulla. Secondo: recuperare e riciclare con la differenziata. Dove si sperimenta la raccolta «porta a porta», eliminando i cassonetti, i risultati sono stupefacenti. In Trentino Alto Adige e Veneto (anche zone industriali e densamente popolate) si raggiunge da tempo l’obiettivo del 65 per cento fissato dalla legge per la fine di quest’anno. Si dirà: eccellenze settentrionali, frutto di decenni di impegno. Falso. Salerno è schizzata al 70 per cento in un anno e mezzo, quasi il doppio della Valle d’Aosta e con 20 mila abitanti in più. La Sardegna in sei anni è passata dal 5 al 50 per cento, un miracolo «scandinavo». Inoltre gli italiani si dimostrano ottimi «differenziatori» nelle statistiche europee sulla purezza della materia riciclata. Ancora meglio andrebbe se la differenziata fosse estesa all’umido domestico, i residui di cibo che rappresentano un terzo dei rifiuti urbani.
Infine gli impianti di selezione e trattamento meccanico-biologico. Qui si scoprono cose incredibili. Non è vero che non li abbiamo: operano a due terzi delle possibilità. Piuttosto manca la volontà politica di utilizzarli. La regione più dotata è la Campania, con sette strutture e una capacità di 8500 tonnellate al giorno a fronte di 5500 prodotte. Ma ne utilizza appena due e quindi va in emergenza.