Arianna Finos, la Repubblica 19/11/2012, 19 novembre 2012
“CHI FISCHIA HA PAURA DEL SESSO MA NON CAPISCO TANTA RABBIA”
[Si difende Paolo Franchi, vincitore contestato al festival] –
Paolo Franchi il giorno dopo il doppio contestatissimo premio al Festival di Roma parla con voce flebile - «ho dormito due ore stanotte » - di chi è morto e risorto. Fischiato, sbeffeggiato e stroncato dai critici, il suo
E la chiamano estate ha vinto per la regia e la migliore attrice, Isabella Ferrari. Lo schivo autore bergamasco, 42 anni, tenta un bilancio della più contrastata edizione della rassegna romana di cui è stato, nel bene e nel male, protagonista: «Questi tre giorni, al netto di aggressività e maleducazione sono stati vitali. Le reazioni forti le trovo interessanti come un applauso. Perché tutta questa aggressività? Se non ti piace un film te ne vai e scrivi quel che vuoi. Ma la rabbia, il rancore, espressi in una scena futuristica alla Marinetti, dimostrano che c’è identificazione».
Lei dice che il suo film scandalizza per il sesso. Non sarà perché è stato giudicato molto brutto?
«Cinque tra psicanalisti e psichiatri hanno assistito alla proiezione per il pubblico. Per loro le reazioni imbarazzate, le risatine, sono frutto di una sorta di identificazione e di rimozione: vedersi o riconoscersi in qualcosa in cui non ci si vuole riconoscere. Ci sono tante ossessioni compulsive, quella sessuale è più diffusa di quanto noi non pensiamo, altrimenti la romana via Flaminia non sarebbe sempre così affollata la notte e non ci sarebbero tanti club per scambisti. Molti la vivono segretamente, magari sono padri di famiglia e non la vogliono vedere rappreal cinema» .
Ha cercato lo scandalo per farsi notare?
«È una lettura tendenziosa e denigratoria. Non penso mai “faccio qualcosa per provocare”. Faccio ciò che sento. Vengo da studi di critica psicanalitica dell’arte, la psicanalisi affronta ampiamente la sessualità. Se uno è pruriginoso vede cose che non dipendono da me. La mia ricerca è onesta».
Lei si è definito autore per pochi. Disprezza il pubblico?
«Non mi vanto di essere autore elitario, ma parlo un linguaggio cinematografico cui il pubblico è disabituato. La mia è una constatazione. Autori che stimo, Bellocchio e Garrone, fanno film per pochi. Se ci si confronta solo con il box office e tv allora è meglio lasciar perdere. Oggi produttori fanno film approvati dalla tv. Sono passacarte».
Anche i giurati internazionali erano divisi sul film.
«Hanno discusso fino alle tre di notte, colpiti per la reazione suscitata dal film. Gli stranieri mi capiscono di più. Il mio primo film, La spettatrice fu scartato da Venezia e Torino. Poi De Niro l’ha voluto al Tribeca».
E’ vero che E la chiamano estate era stato rifiutato a Venezia?
«No. La produttrice l’aveva mostrato ai selezionatori ma io ho subito chiamato Barbera per dire che mi ritiravo, dopo le polemiche di Nessuna qualità agli eroi».
Il film è costato un milione e mezzo di euro, 400 mila dal Ministero e 80 mila dalla Regione Puglia. Si rifarà delle spese?
«In realtà è costato poco, gli attori hanno lavorato per un compenso simbolico».