Maurizio Ricci, la Repubblica 19/11/2012, 19 novembre 2012
IL GENNAIO DEL 2100 SARÀ CALDO COME AGOSTO
Vi siete ripresi dall’ultimo terribile agosto, in cui anche respirare faceva fatica? Be’, nel mondo che ci aspetta dietro l’angolo, quella è la temperatura dei mesi della stagione sciistica. Fra crisi economica e tamburi di guerra nel Mediterraneo, avevamo un po’ perso di vista l’effetto serra e il riscaldamento globale. Ci ha pensato Sandy, un ciclone tropicale che risale fino a New York, a farceli ricordare.
Ma l’onda di marea che si abbatte su Manhattan e Brooklyn è solo una pallida anticipazione di quello che ci aspetta, avverte un rapporto che la World Bank ha diffuso ieri. Il mondo, come quei treni della metropolitana che, nei film, vengono sequestrati da un pazzo che si trincera nella cabina di pilotaggio, viaggia a velocità crescente verso un destino in cui le uniche alternative possibili sembrano friggere o affogare. L’ultima ciambella di salvataggio — fermare l’aumento delle temperature almeno a 2 gradi centigradi — sarebbe ancora teoricamente possibile, ma di fatto, sulla base degli impegni attuali contro l’effetto serra, è già fuori portata. Il rapporto valuta che stiamo inesorabilmente muovendoci verso un aumento medio delle temperature di 4 gradi a fine secolo e anche oltre, nei decenni successivi. Questo, però, se almeno gli impegni di riduzione delle emissioni di CO2, che sono stati presi in questi anni, verranno rispettati. Se no, invece che in un 2100, per quasi tutti assai remoto, l’aumento di 4 gradi
sarà realtà ad una data che molti di noi possono intravedere: 2060, meno di 50 anni.
L’annuncio che viene dal rapporto della Banca Mondiale è solo parzialmente una novità. Ma quello che colpisce è che, man mano che il tempo passa, gli studi che, via via, si susseguono, diventano sempre più precisi nel disegnare il mondo che ci aspetta, E i particolari sono quasi sempre piuttosto spaventosi. Uno sbalzo di 4 gradi nella temperatura media del globo, ad esempio, sembra grave, ma non devastante. Fino a che non arriva uno studio a spiegare che 4 gradi è — quasi—la differenza fra la temperatura media attuale del globo e quella dell’ultima era glaciale, quando l’Europa era sepolta sotto chilometri di ghiaccio: la temperatura media globale era solo 4,5 - 7 gradi più bassa di oggi. Adesso, la colonnina di mercurio va nell’altra direzione, ma il paragone con l’era glaciale da un’idea dell’abisso che separa mondi diversi solo per pochi gradi di temperatura. E, comunque, occhio alle medie: nascondono sempre la fregatura. L’aumento medio globale di 4 gradi, infatti, non significa affatto che la temperatura dell’estate nel Mediterraneo sarà 4 gradi più alta di oggi. Ad abbassare la media globale ci sono gli oceani l’acqua è sempre un po’più fresca. Su terrà, invece, l’aumento sarà fra i 4 e i 10 gradi. Per i paesi del Mediterraneo, come per gli Stati Uniti, il rapporto stima che l’aumento medio della temperatura, nei mesi estivi, sarà di 6 gradi. L’equivalente delle fresche giornate a 34 gradi di questa estate saranno forni a 40 gradi. E, ancora una volta, questa è una media su tutta l’estate. Un luglio veramente caldo, dice il rapporto, potrebbe essere, dalle nostre parti, 9 gradi più torrido del luglio più caldo in assoluto che, finora, abbiamo registrato. Per fare il bagno al mare, senza restare carbonizzati, bisognerà aspettare quella che, oggi, è la stagione dello sci; «In questo nuovo regime climatico ad al- te temperature—recita il rapporto — i mesi più freddi saranno, probabilmente, sostanzialmente più caldi di quelli che, alla fine del ’900, erano i mesi più caldi»: a gennaio 2060 si rischia di sudare più che a luglio 1999. Per capire di cosa stiamo parlando: in regioni come il Mediterraneo, l’estate, dall’inizio alla fine, sarà probabilmente più calda delle più crudeli ondate di calore che abbiamo sperimentato in questi anni. Cioè, peggio della terribile estate russa del 2010, che è costata 55 mila morti, un milione di ettari a fuoco, H 25 per cento di raccolto di frumento in meno e danni economici per l5 miliardi di dollari, l’1 per cento del prodotto interno lordo russo. Il caldo, peraltro, è solo uno dei capitoli della catastrofe. In molte regioni del Nord pioverà troppo. Il rapporto stima che, m inverno, nei cinque giorni più piovosi dell’anno, le precipitazioni nell’Europa del Nord e nell’Ovest americano potranno essere del 20 - 30 per cento superiori a quanto avviene, normalmente oggi: una cascata d’acqua in grado di innescare inondazioni a ripetizione. Allo stesso tempo, già dall’Europa centrale e dai Grandi laghi in giù pioverà troppo poco. Il rapporto prevede che, anche solo con uh aumento della temperatura media globale di 2 gradi, bacini come quelli del Danubio e del Mississippi riceveranno fra il 20 e il 40 per cento di pioggia in meno. A 4 gradi, queste percentuali raddoppiano: 40 - 80 per cento di pioggia in me- no vuoi dire che in Europa, come negli Stati Uniti, il deserto sarà una realtà onnipresente. Le immagini che il rapporto suggerisce raffigurano un mondo irriconoscibile, con pianure aride, circondate da mari che salgono inesorabilmente. Di quanto? Dipende dallo scioglimento dei ghiacci. Non quelli dell’Artico, perché il ghiaccio del Polo Nord è già in acqua, ma da quelli della Groenlandia e dell’Antartide, che sono sopra la terra. Escludendo gli scenari peggiori, il rapporto stima un innalzamento dei mari tramezzo metro e un metro/entro il 2100. L’acqua alta sommergerà molte delle maggiori città dei tropici, ma. non solo. Secondo le stime degli scienziati, ad essere particolarmente colpite sarà il sub continente indiano, ma anche la costa orientale americana. Mumbai, ma anche New York. Un metro, in- fatti, basta per riportare a mollo Manhattan, come pochi giorni fa. Ma, forse, alla, fine giudicheremo che Sandy è stato un bene. L’esperienza ha dimostrato che, se non si muovono gli Stati Uniti, un serio sforzo internazionale contro l’effetto serra non è possibile. E, con New York ancora devastata, un Obama appena rieletto è tornato nei giorni scorsi, per la prima volta dopo anni, a parlare di lotta al cambiamento climatico.